martedì 13 marzo 2018

Aumento dei tassi di interesse. BTP





Aumento dei tassi di interesse. BTP

Stando alle ultime tabelle statistiche di Bankitalia (relative al terzo trimestre del 2017) le famiglie italiane hanno in pancia 120,5 miliardi di titoli di Stato a medio lungo termine (BTp in sostanza) a cui sommare 1,6 miliardi di titoli di Stato a tasso variabile (CcT).
Questi 122,1 miliardi (erano 121,7 a inizio 2017 ) rappresentano il 5,5% dell’attuale ammontare del debito pubblico (2.256 miliardi).
L’attivo finanziario delle famiglie italiane - il più elevato d’Europa e questa è ancora una volta l’altra faccia dell’elevato debito pubblico - ammonta a circa 4.300 miliardi. Di questi circa 1.000 miliardi sono investiti in assicurazioni, circa 1.000 in “azioni e altre partecipazioni”, oltre 500 miliardi in fondi comuni, 325 miliardi in titoli obbligazionari (di cui 122 in titoli di Stato). E poi c’è una fetta assolutamente non trascurabile di quasi 1.400 miliardi fermi sui conti correnti (sotto forma di liquidità, depositi, depositi a vista).
Il 30 settembre 2018 è una data significativa. Perché la Banca centrale europea allora interromperà con ogni probabilità gli acquisti di titoli di Stato dell’Eurozona, italiani compresi (attualmente ne detiene 363 miliardi, ovvero il 16% del debito pubblico). La Bce, sia chiaro, non abbandonerà sul mercato i titoli fin qui acquistati (perché ha annunciato che continuerà a reinvestire gli importi dei titoli che andranno in scadenza). Tuttavia è evidente che offrirà un bel taglio in termini di nuovi acquisti, calcolato in almeno 5 miliardi al mese a svantaggio dell’Italia .
Se i tassi dei BTp salissero di 150 punti base per i possessori (che non intendano portarli a scadenza) ci sarebbe una perdita shock.
Ricordiamo infatti che rendimenti e prezzi di un’obbligazione si muovono al contrario: quando salgono i tassi (rendimenti) i prezzi scendono. Come ha calcolato Maximilian Cellino , la durata media finanziaria dei bond del Tesoro presenti sul mercato e con scadenza superiore a un anno è infatti pari a 6,78 anni, mentre il rendimento è dell'1,31 per cento. Un eventuale aumento dei tassi di 100 punti base farebbe evaporare quanto in genere si guadagna in circa cinque anni.
Ecco perché le famiglie italiane, tanto nel dover gestire le attività finanziarie in essere quanto nel dover calibrare eventuali nuovi investimenti (non sarebbe una cattiva idea dato che tenendo in banca fermi 1.400 miliardi ogni anno perdono tra 10 e 15 miliardi di potere d’acquisto complice la pur bassa ma presente inflazione) dovranno tener conto nei prossimi mesi della fine del quantitative easing della Bce. A cui seguirà, nel 2019 (quando ad ottobre scadrà il mandato di Draghi) l’incognita della successione alla guida della banca centrale. Se il nuovo governatore sarà tedesco (scenario più probabile) non è da escludere che i rialzi dei tassi possano procedere più rapidi di quanto oggi previsto.
L’unico appiglio per il piccolo risparmiatore è sperare che l’inflazione non salga troppo. A fronte di aspettative di inflazione molto basse qualsiasi banca centrale (pur a trazione tedesca) non potrà mai muovere troppo in alto la leva dei tassi.
ilsole24ore.com/solemobile/main/art/finanza-e-mercati/2018-03-10/



La bufala
La repubblica italiana tutela il risparmio

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