giovedì 28 dicembre 2017

Grembiulino nero 2

2.     Capitolo. A casa.


Vivo con mamma, papa e il nonno Nicola, la nonna Graziella e la zia Antonia.
Le tre stanze da letto, sufficienti per tutta la famiglia, sono un lusso per Venezia.
Vi è un unico bagno ed il riscaldamento è a carbone.
Nel portone d’ingresso vi è un deposito dove il carbonaio scarica la sua merce che poi di volta in volta trasportiamo al piano superiore.
La stufa è sita nell’ingresso, collocato al centro della casa; è, quindi, nella posizione ideale per riscaldarla tutta.
Nelle stanze più lontane la temperatura xe freschina come dice la mamma che spesso abbraccia la stufa per fare una scorta di caldo quasi a poterlo immagazzinare.
Nell’ingresso troneggia una radio inserita in un mobile bar.
Le antine bombate si aprono e all’interno vi sono tanti piccoli specchi incollati uno accanto all’altro che foderano l’intera superficie con mille riflessi.
La radio è il centro di ritrovo per chi rimane in casa; l’apparecchio è soprattutto una grande compagnia per il nonno Nicola che si piazza sul divano ed ascolta le romanze d’opera che un tempo andava ad ascoltare alla Fenice ed i motivetti di moda: “La campagnola bella” e “Vivere” sono i suoi preferiti.
Un tempo quando era giovane era di casa in campo S. Fantin; aveva il suo posto al Bar del Teatro .
Era un assiduo frequentatore di tutte le opere e di tutte le rappresentazioni, doveva proprio esserci un motivo serio per non trovare un rimpiazzo all’osteria.
Era il suo unico divertimento. Non aveva mai fatto un giorno di ferie in vita sua: ha lavorato sempre tutti i giorni del santo anno.
La sera non si fa molto tardi. Io, che sono un bambino, alle dieci massimo sono a letto. Gli altri ascoltano la radio o parlano delle faccende del giorno.
Si esce poco; solo l’estate per rinfrescarsi si va a mangiare il gelato sulla Riva del Carbon dove l’acqua del canale rinfresca l’afa estiva.
In cucina c’è una ghiacciaia dove la mamma colloca i cibi più deperibili, soprattutto il pesce che va a comperare al mercato di Rialto.
Nel ripostiglio è conservata una mastea di zinco che usa settimanalmente la Maria per fare il bucato.
La Maria è una chioggiotta robusta con un grande faccione rotondo e rubizzo che vive andando per le case a lavare i panni.
Io mi diverto molto ad aiutarla a lavare i fazzoletti e lei ride a vedere il mio impegno anche se spruzzo l’acqua fuori dalla mastea nella foga del lavaggio.
Ti xe proprio bravo Nicheto” mi dice ridendo.
L’appartamento è considerato modesto per la terraferma ma “tanto belo e tanto grando”, come dice la signora Emma, “ par noialtri che vivemo a do passi da la pescaria ”.
Per vivere a Venezia centro storico o si è “gran siori” o bisogna “contentarse”.
Ad accontentarsi ce ne sono sempre meno perché il flusso dei veneziani verso la terraferma sembra inarrestabile.
Tutti quelli che hanno a cuore la città e i suoi abitanti non hanno saputo resistere ad una forma di sviluppo che ha cambiato volto alla stessa città.
Tale trasformazione pone degli ostacoli agli stessi cittadini perché le abitazioni disponibili per i residenti in città sono sempre meno.
I costi di restauro delle case, per la maggior parte costruite ai tempi della Serenissima, sono elevatissimi.
Difficilmente si trovano le comodità come l’ascensore o l’impianto di riscaldamento che sono normali nelle costruzioni più recenti realizzate sulla terraferma dove le nuove famiglie tendono a trasferirsi.
Il centro storico è invaso da alberghi e pensioni che contendono gli spazi disponibili alle abitazioni.
Mio padre ha una gelateria.
Produce i gelati più buoni di Rialto.
Parla poco, lavora molto.
Quando non lavora si ricovera in Ospedale.
La sofferenza lo rende molto sensibile alle disgrazie altrui.
Se c’è un qualche cliente che si lamenta perché gli affari vanno male lui è il suo primo cliente della giornata.
Il babbo ha comperato l’Enciclopedia del ragazzo italiano da un amico quando non so ancora leggere "Tanto la te serve.....” così giustifica il suo buon cuore.
Il rappresentante di libri è molto giovane, alto e magro; lui porta sempre un borsone pesantissimo ed enorme di pelle nera da cui estrae dei volumi enormi pesanti rilegati con delle belle copertine in cartone colorato per mostrarli in visione.
Andrea “povareto”, dice mio padre, ha bisogno di fare una certa produzione.
Comprime na enciclopedia Giani go bisogno de lavorar” gli continua a ripetere .
E’ un richiamo cui mio padre non ha saputo resistere.
A dire la verità, quando ho cominciato a leggere, ho molto apprezzato quest’opera adatta per i giovani.
L’Enciclopedia del ragazzo italiano riporta in una sezione le favole più belle; io amo molto leggere quei racconti.
La copertina rossa con scritte in oro dà una certa importanza non solo al libro, ma anche al lettore.
Io ne sono fiero e un po’ preoccupato perché la loro pesantezza mette a dura prova l’equilibrio instabile del mio tavolino da studio.
La mia stanzetta nuova l’ha costruita apposta su misura Gusso, detto anche pialla d’oro, un mitico falegname del trevigiano.
Certo che le misure le ha prese proprio male: il mobile di ciliegio bianco è troppo grande per essere posto sul lato corto della stanza per questo, dovendolo posizionare sul lato lungo, l’estetica è irrimediabilmente violata dal fine costruttore.
Eppure Gusso è venuto personalmente ed ha, apparentemente, con accurata precisione, preso più volte in mano il metro e verificato la lunghezza del lato corto.
Il tavolino si dimostra subito traballante - le gambe devono essere state attaccate con un po’ di colla di dubbia qualità – e non dà l’idea di una eccessiva robustezza, tanto che non sembra in grado neanche di sostenere il mio sussidiario delle elementari.
La sedia, rivestita di pelle verde, è l’unico pezzo che dà una certa soddisfazione, per fortuna regge alla grande al mio peso.
Anche il bagno è stato rifatto da un amico del bar; forse è per questo che la cassetta di scarico incassata nel muro non funziona mai a dovere ed ogni qual tanto è necessario chiamare il costruttore per eseguire una opportuna riparazione.
El ciama sempre i so amighi e i lo imbrogia sempre” dice mia madre.
El xe bon” ridadisce paziente.
El xe tre volte bon” dicono,  invece, quelli più duri di cuore.
Mio padre è semplicemente una persona che dalla vita è stata abituata a penare e che quindi, conoscendo la sofferenza cerca, se può, di alleviare i piccoli disagi che la vita procura a chi si trova in situazioni difficili.
Dopo tutto fare un piccolo piacere o una insignificante cortesia costa a volte veramente poco.
Basta solo vincere i nostri gretti egoismi.
Ricordo quella volta che mi ha portato a trovare il suo amico Fuffo piccoletto, grassottello, con le mani callose ed il sorriso amaro ; la bocca leggermente storta lascia sovente pendere una sigaretta spenta, che, così, lui dice dura di più.
Fuffo  non deve passarsela troppo bene :Abita in una casa all’ultimo piano dietro Campo S. Silvestro dopo il Sottoportico della Pasina.
La scala è ripida  e nel vano scale si sente un cattivo odore di muffa che si intona con gli intonaci scrostati.
La moglie lavora in casa: fa la camiciaia.
Mio padre si fa confezionare le camicie, non perché ci tenga ad avere delle camicie su misura, ma per fare guadagnare qualcosa all’amico che, per il momento, non ha ancora trovato lavoro dopo un improvviso licenziamento.
Ricordo che mio padre dopo aver salutato con affetto la signora Rosa, prende le camicie, le paga poi, dopo aver baciato il loro figlioletto che ha pressappoco la mia età, gli dà una ricca mancia, forse per integrare il conto con eleganza.
Ti vedi Nico” mi dice all’uscita “Ghe xe tanta gente che patisse e noialtri, che stemo megio, dovemo darghe na man.”
In quegli anni non c'è un gran benessere.
Il guardaroba è ridotto all’essenziale.
Io ho un vestito della festa che mia madre ha comperato alle Mercerie dal “Bimbo elegante”.
La signora Nella è la titolare del negozio.
Piccoletta grassottella con le guance paffute; appena varchiamo la porta d’ingresso ci accoglie con un sorriso smagliante.
Strano, penso, non ci ha mai visto prima e sembra che ci conosca da sempre.
I negozianti devono essere sempre gentili con i clienti se no è meglio che cambino mestiere.
Voria un vestito per la cresima de sto puteo” chiede mia madre.
Sto principe de Galles staria proprio ben a sto bel puteo” accenna la signora Nella sventolandomi sotto il naso i suoi braccialetti d’oro e facendo tintinnare gli amuleti che pendono attirando la mia attenzione.
In due secondi la signora Rosa ci ha inquadrato e ci ha servito proprio a puntino perché quel vestito a scacchettoni grigi mi piace veramente molto.
Quando torniamo al bar mio padre è soddisfatto dell’acquisto di quel vestito nuovo: “Qua ghe vol un bel capeo. Va da Tofani” suggerisce sorridendo.
Tofani è un cliente del bar che vende da una vita cappelli Borsalino in un negozio sito ai piedi del Ponte di Rialto.
Varda che bel ometo” mi ripete Tofani quando arriviamo.
Sicuramente è stato preavvisato da mio padre che gli ha spiegato che serve un cappello nuovo da ometo.
La commessa vedendo che siamo amici del proprietario accentua la naturale dote di cortesia dei negozianti veneziani, commercianti da sempre abituati a complimentarsi con chi acquista le loro merci.
Vien qua che te tiro fora un bel capeo.” mi dice con un sorriso a ventiquattro denti.
Quando apre la bocca assomiglia ad un castoro e devo mettermi una mano davanti alla faccia per nascondere una espressione di presa in giro poco cortese.
Estrae dagli scaffali un cappello a tese non molto larghe che istintivamente accarezza dalla parte del pelo con una spazzola di velluto nero.
E’ di colore grigio e si intona col vestito principe di Galles appena acquistato.
E’ amore a prima vista.
Non è certo segno di un consumismo esagerato, si comperano le cose che sono strettamente necessarie.
Unico segno di lusso della famiglia è una Balilla nera .
Per Venezia possedere una automobile è un gran lusso soprattutto se non la si usa per lavoro - ma di certo non si naviga nell’oro. La macchina è usata qualche volta la domenica.
E’ sempre una gran festa andare in giro con la Balilla.
Uscire dall’isola attraversando il Ponte della Libertà è sempre una emozione. Si tratta di spezzare un assedio, di vincere quella pigrizia che porta ad un certo isolamento insito nella struttura della città.
Il papà nei rari giorni di riposo che si prende, soprattutto nelle stagioni invernali quando il Bar lavora meno, ci porta a passeggio in macchina per la campagna veneta a fare merenda nelle osterie.
Durante la guerra - ha partecipato alla campagna di Russia – è stato camionista.
Guidare per lui non è un problema. Gli automobilisti veneti sono sempre pronti a prendere in giro i veneziani per la loro scarsa attitudine alla guida dovuta la fatto che guidano poco se non usano la macchina per lavoro.
Lo stile di guida di mio padre è sicuro ed impedisce commenti scherzosi.
Di solito lo scopo della gita è la ricerca delle osterie che servono qualche merenda un po’ particolare magari a base di sopressa o baccalà fritto.
Il papà cerca quelle che offrono un buon bicchiere di clinton. La sua metà preferita è da “Sporco” a Treviso.
E’ bello immergersi nel verde del Terraglio respirare un po’ di profumo di erba e magari fermarsi in qualche posto in campagna a vedere, in primavera, i campi che iniziano a germogliare.
Lo spuntino è un modo tipico di concludere in allegria un giorno di vacanza a base di cichetifritatavovi duri, bacalà fritomantecato o alla vicentina se si aggiunge un piatto di sopressa la merenda è perfetta. Mangiando e bevendo è facile per mio padre socializzazione con gli altri clienti del locale che hanno voglia di parteciparti i loro racconti o le loro barzellette per passare in compagnia le ore di festa.

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