martedì 14 novembre 2017

Paradise papers. Italia

I Paradise Papers hanno aperto un vaso di Pandora sui paradisi fiscali da cui sono emerse anche società italiane. Dall'analisi dei documenti effettuata da Report e L'Espresso sono emersi anche i Legionari di Cristo, che avrebbero costruito una cassaforte segreta per custodire i propri ricavi - parliamo di oltre 300 milioni di dollari all'anno - provenienti da scuole, università e collegi. Nel mirino sono finite due società, The Society for Better Education e International Volunteer Services, istituite a Bermuda nel 1992 e nel 1995 dal fondatore della potente congregazione cattolica, il messicano Marcial Maciel Degollado, a cui poi Papa Ratzinger ordinò di lasciare il sacerdozio. «Abbiamo riconosciuto in passato i peccati di padre Maciel (gli abusi sessuali sui seminaristi, ndr), lo facciamo oggi per le società offshore create sempre da lui nei paradisi fiscali...», il commento di Chiara Lucifero, dell'ufficio stampa italiano dei Legionari di Cristo, riportato dal Corriere della Sera. «Ma le due società sono state già chiuse, la prima nel 2006, l'altra nel 2013», precisa invece il portavoce dell'ufficio internazionale, padre Aaron Smith.
Dai Paradise Papers sono spuntati anche i documenti che raccontano la storia del trust milionario della famiglia Crociani. Bisogna partire dal 1976, anno in cui Camillo Crociani, allora presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, viene travolto dallo scandalo Lockheed, cioè delle tangenti pagate dalla multinazionale americana per sistemare i suoi aerei in Italia. Prima la fuga in Svizzera, poi in Messico, e la condanna a due anni e quattro mesi per corruzione aggravata.
Tra i beni ci sono anche i dividenti della Ciset, che controlla Vitrociset, azienda che si occupa della gestione della sicurezza del traffico aereo in Italia, delle rete dati della Polizia e della Banca d'Italia, le reti periferiche di fogna dell'Agenzia delle Entrate e contratti importanti per l'Agenzia spaziale italiana e la Nato. La società è partecipata da Leonardo, quindi il governo vanta la golden share in caso di cessione della società.
Vitrociset è controllata da una società domiciliata a Curacao con un solo dollaro di capitale sociale.
Dai Paradise Papers è anche emerso come in cima alla piramide societaria ci sia la International Future Venture & Investment (Ifvi), paradiso fiscale e societario delle ex Antille olandesi e domiciliata a Curacao, il cui capitale sociale ammonterebbe solo a un dollaro. La stranezza, una delle tante, consiste nel suo essere totalmente anonima dal momento che nei suoi registri non comparirebbe neppure il nome dei proprietari.
E poi spuntano ancora i nomi di Bonomi, che a Report spiega di essere solo cittadino americano e svizzero ma di non avere obblighi fiscali in Italia. In merito al suo impero, però si apprende che sopra la holding lussemburghese BI Invest Holding ci sono The George Trust, The Budda Trust e The 1987 settlement trust, tutti nell'isola di Jersey. 
In attesa del servizio di Report sui “Paradise Papers”, è L'Espresso a fornire i primi particolari relativi alla lista dei nomi degli italiani coinvolti. C'è ad esempio Andrea Bonomi, il finanziare che aveva sfidato Urbano Cairo nella corsa per l'acquisto del Corriere. Nel dossier sui potenti che hanno messo le loro ricchezze nei paradisi fiscali per sfuggire al fisco dei loro Paesi ci sono dunque anche centinaia di nostri connazionali. Spunta il nome di Silvio Berlusconi, che avrebbe fatto ricorso allo studio legale Appleby dopo aver acquistato nel 1999 uno yacht di 48 metri da Rupert Murdoch. Ma sono emersi anche i conti segreti di Crociani e Robelli.
Il consorzio internazionale di giornalisti investigativi, è entrato tra l'altro in possesso, in esclusiva, del database di un famoso studio legale di Panama. Si tratta di un elenco di clienti dell'avvocato italo-panamense Giovanni Caporaso, al cui interno ci sono centinaia di italiani: piccoli e medi imprenditori, parenti di personaggi noti in Italia e persone con precedenti penali, anche per mafia. Tutti hanno aperto un conto corrente attraverso il portale Payopm.
I nomi sono usciti e fanno impressione: c'è una sfilata di politici e vip, da Bono Vox a Nicole Kidman, passando per Shakira, Madonna, il ministro del commercio di Donald Trump, l'uomo di fiducia del premier canadese Justin Trudeau, il campione di Formula 1 Lewis Hamilton, l'investitore George Soros e multinazionali come Apple, Nike e Uber.
Ci sono meccanismi particolarmente raffinati per risparmiare sulla tasse che tutti gli altri sborsano, come l'Iva.
C'è però una precisazione doverosa da fare: non tutto ciò che ruota attorno ai paradisi fiscali è illegale, perché la maggior parte dei paradisi fiscali ha sottoscritto accordi con gli Stati per scambi di informazioni e stanno adottando norme antiriciclaggio.

La maggior trasparenza pone fine dunque al segreto bancario, per cui la vita degli evasori è davvero diventata difficile. Prendiamo, ad esempio, Svizzera, San Marino e Lussemburgo: hanno chiuso accordi con l'Italia. E così Panama e le Cayman. Si tratta di paradisi fiscali che non rientrano più nelle black list. Allora è evidente che ci troviamo di fronte ad un contesto molto complesso: deve esserci fraudolenza perché un'operazione risulti illegale. E i mezzi per analizzare queste situazioni sono diversi. ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2017/11/12

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