mercoledì 1 novembre 2017

Legge madia Annullamento provvedimento amministrativo

Art. 21-nonies. (Annullamento d’ufficio)
1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
(comma modificato dall’art. 25, comma 1, lettera b-quater), legge n. 164 del 2014, poi dall’art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
(comma aggiunto dall’art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)
La funzione dell’annullamento d’ufficio disciplinato dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 è quella di consentire alla Pubblica Amministrazione di eliminare dalla realtà giuridica un proprio precedente provvedimento, facendone venir meno ogni effetto.
L’annullamento è un provvedimento di secondo grado, volto dunque a modificarne un precedente, e rappresenta esercizio di autotutela amministrativa: la facoltà riconosciuta alla Pubblica Amministrazione di risolvere da sé i conflitti, potenziali ed attuali, che dovessero sorgere attorno ai propri provvedimenti.
Sono esempi di questa capacità, oltre al potere di annullamento, i poteri di revoca, sospensione, proroga, convalida, o ancora di riforma, sanatoria, ratifica e rinnovazione dell’atto. Più precisamente, in tutti questi casi si sta parlando di autotutela di tipo provvedimentale o “decisoria”, distinta dall’autotutela esecutiva, con la quale l’amministrazione dà effettiva attuazione a provvedimenti già emanati.
Il potere di autotutela è garantito in vista del perseguimento dell’interesse pubblico e ad esso funzionalizzato, in ciò distinguendosi dall’ autotutela di stampo privatistico (che al divieto di “farsi giustizia da sé” permette di affiancare delle deroghe tassative: eccezione di inadempimento, eccezione di sospensione, diritto di ritenzione).
L’esercizio del potere di autotutela amministrativa si caratterizza dunque per il presupporre sempre una valutazione dell’interesse pubblico al mantenimento o alla eliminazione dell’atto. Ed in quest’opera di bilanciamento degli interessi in gioco, assoluto rilievo assume l’interesse del privato destinatario degli effetti favorevoli del provvedimento da annullare, sui quali abbia consolidato il proprio legittimo affidamento.

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