mercoledì 28 giugno 2017

Fusaro Diego. Pensare altrimenti.Ci vogliono far diventare tutti schiavi e delocalizzati?

Fusaro Diego. Pensare altrimenti.

L'ordine dominante non reprime, oggi, il dissenso. Ma opera affinché esso non si costituisca. Fa in modo che il pluralismo del villaggio globale si risolva in un monologo di massa. Perciò dissentire significa opporsi al consenso imperante, per ridare vita alla possibilità di pensare ed essere altrimenti.
Da sempre, sia pure in forme diverse, gli uomini si ribellano. Difficilmente le rivolte si lasciano ricondurre a un paradigma unitario, ma presentano come orizzonte comune la rivendicata antitesi rispetto a un ordine costituito o a un «comune sentire» che si pretende giusto. La cellula genetica del dissenso corrisponde a un sentire altrimenti che è, già virtualmente, un sentire contro: e che, per ciò stesso, può trapassare nelle figure concrete in cui il dissentire si cristallizza facendosi operativo. Il pensiero ribelle deve costituire oggi il gesto primario contro l'uniformazione globale delle coscienze che si sta registrando nell'orizzonte del nuovo pensiero unico e del falso pluralismo della civiltà occidentale. Diego Fusaro si propone qui di analizzare le figure del pensare altrimenti, le declinazioni storiche del dissenso e la sua fenomenologia.
Come in un romanzo di Chesterton, nella politica di questo secolo maggioranza e opposizione sembrano guardie e ladri che a furia di mescolarsi si confondono. Le differenze dei partiti si colgono ormai soltanto nei volti diversi dei loro leader, l’alternativa è un io, non più un programma, una visione del mondo. Oltre l’immutabile minimo-comun-liberalismo c’è spazio giusto per la rivendicazione di una competenza e un’onestà il cui prevedibile fallimento darà qualcosa da dire all’opposizione. Da anni, con un personalissimo slalom tra Hegel, Marx e Heidegger, Diego Fusaro conduce la sua battaglia contro il «pensiero unico» attraverso i libri, la televisione e l’uso intensivo dei social media. Torna ora al suo tema prediletto con Pensare altrimenti (Einaudi, pp 176, €7,99, da oggi in libreria), un elogio della dissidenza evocata quasi come categoria universale. 
«In principio fu il dissenso», ammicca infatti il titolo del secondo capitolo, anche se poi l’autore chiarisce come il termine dissenso si riferisca all’«ambito delle passioni» e non sia possibile ricondurlo a una categoria politica, pena il doverlo identificare volta per volta nelle sue differenti manifestazioni. Una galleria «necessariamente impressionistica» di personaggi storici e mitologici, da Prometeo ai contestatori delle super antenne del Muos a Sigonella, fissa la storia del mondo animato dal conflitto eterno tra le incarnazioni dell’ordine costituito e i loro doppi ribelli, tra l’essere e il poter essere. Forse per non apparire troppo trasgressivo, Fusaro omette di collocare in cima al pantheon degli oppositori il primo ribelle della tradizione cristiana: Satana, l’angelo ribelle.  
Si capisce subito che Pensare altrimenti è un libro concepito per la politica, un tambureggiante appello al risveglio di un’umanità che l’autore vede funestamente addormentata nel giardino dei consumi. 
Per Fusaro dovrebbe essere proprio il dissenso la scossa che impedisce alla democrazia di assopirsi. Infatti per lui «la democrazia resta un orientamento teleologico (…) una meta a cui tendere, non certo una forma politica già realizzata nelle strutture dell’esistente». Così al homo instabilis e nomade della società della precarietà si contrappone l’uomo radicato che nel posto fisso cerca la creazione di un legame sociale e la possibilità di formare una famiglia. Se si volesse poi capire pervicacemente se Fusaro sia di destra o di sinistra, ecco la risposta: «Le dicotomie oggi imposte dal politicamente corretto, come quella tra destra e sinistra, tra atei e credenti, tra islamici e cristiani, tra fascisti e antifascisti, tra stranieri e autoctoni, rendono invisibile la contraddizione - il nesso di forza capitalistico - e assumono lo statuto di risorsa ideologica e simbolica per l’assoggettamento dell’opinione pubblica al profilo culturale di quella teologia delle diseguaglianze che è l’odierna economia di mercato».  
Al di là della battaglia culturale, se il ribelle vuole realizzare la sua visione dovrà diventare rivoluzionario o quanto meno cercare una dimensione politica collettiva. L’autore fa l’esempio di «Occupy Wall Street» e spiega che «il grande dissenso verso l’integralismo economico globale è chiamato a organizzarsi», ma preferisce non indicare in quali forme politiche la protesta potrebbe oggi incarnarsi. L’«integralismo economico globale» dovrà fare i conti quest’anno con le elezioni in Olanda e Francia dove i partiti «populisti» puntano apparentemente a rovesciare gli equilibri costituiti. E il nuovo presidente americano, per quanto imprevedibile, sembra inaugurare un’inattesa stagione protezionista. Se vorrà incidere, il «pensiero diverso» dovrà scegliere quale tigre cavalcare. lastampa.it/2017/02/02
Il filosofo Diego Fusaro mette in relazione i flussi migratori e la perdita di diritti nel lavoro: "Ci vogliono far diventare tutti schiavi e delocalizzati, affinché non ci possiamo più ribellare al capitale". Si guadagna così l'appellativo di 'Lenin 2.0' da parte di David Parenzo. la7.it/la-gabbia/-04-05-2017.


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