giovedì 13 aprile 2017

Riforma immigrazione Il decreto Minniti

Riforma immigrazione Il decreto Minniti 

Il decreto Minniti in materia di immigrazione è legge.
Il provvedimento introduce numerose novità, tra cui: la nascita di nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio nelle Regioni (per un totale di 1600 posti), l’eliminazione di un grado di giudizio per i ricorsi, la riduzione dei tempi per la richiesta d’asilo e la possibilità per i richiedenti di svolgere lavori di pubblica utilità gratuiti e volontari. Inoltre vengono stanziati 19 milioni di euro per garantire l’esecuzione delle espulsioni.
Ma il testo non trova tutti d’accordo. Mdp, la componente nata dagli scissioni del Pd, ha votato contro provocando le polemiche dem: “Nota bene”, ha scritto sempre su Twitter la deputata Alessia Morani, “il viceministro agli Interni Filippo Bubbico è di Mdp”.
Il Pd esulta e difende il provvedimento: “L’Italia deve esserne orgogliosa”, ha scritto su Facebook il capogruppo alla Camera Ettore Rosato. “Il nostro Paese vuole mettere in campo un’accoglienza che coniughi diritti dei richiedenti asilo e rispetto delle regole, integrazione e sicurezza.
Ma ci sono pure la destra e la Lega Nord che approvano molte parti del documento e che non hanno trattenuto la loro soddisfazione. Ad esempio, per Roberto Maroni, presidente del Lombardia ed esponente del Carroccio “Minniti dice cose condivisibili, ma manca ancora la concretezza. Aveva detto che avrebbero fatto un Cie per i clandestini in ogni Regione, ma sto ancora aspettando che mi dica dove”.
In giornata anche il capo della polizia Franco Gabrielli ha dato la sua benedizione: “Questo decreto ha diverse cose positive, soprattutto noi condividiamo la filosofia. Ormai la sicurezza non è solo un diritto, è un bisogno primario ed è un bisogno al quale tutti devono concorrere i soggetti istituzionali e avere sottolineato l’importanza del ruolo dei sindaci, che con l’elezione diretta sono l’espressione più alta delle comunità, credo che sia un passo positivo.
Al posto dei vecchi Cie saranno creati in ogni regione i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), 1.600 posti in tutto, preferibilmente fuori dai centri urbani e vicino ad infrastrutture di trasporto. Queste strutture ospiteranno i migranti da rimandare in patria. Per garantire l’esecuzione delle procedure di espulsione vengono stanziati 19 milioni di euro.
Altro punto fondamentale è il taglio dei tempi di trattazione delle domande di asilo, aumentate nel 2016 del 47% rispetto all’anno precedente (in tutto sono state 123mila).
Ci sarà l’assunzione straordinaria di 250 specialisti per rafforzare le commissioni di esame delle richieste. Vengono poi istituite 26 sezioni specializzate in materia di immigrazione ed asilo presso ciascun tribunale ordinario del luogo in cui hanno sede le Corti d’appello. Deciso inoltre il taglio dell’appello per i ricorsi contro il diniego dello status di rifugiato, che diventa ricorribile solo in Cassazione. Il decreto prevede inoltre la promozione dell’impiego di richiedenti asilo in lavori di pubblica utilità gratuiti e volontari, ad opera dei prefetti, d’intesa con Comuni e Regioni.
Martedì 11 aprile le associazioni hanno protestato in piazza davanti a Montecitorio contro il provvedimento. “No alla guerra ai poveri, no al decreto Minniti-Orlando“.
Sono esponenti di tante associazioni: Arci, Asgi, Acli, Libera, Cnca, Fondazione Migrantes, Medici senza frontiere. ilfattoquotidiano.it/2017/04/12/



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