giovedì 20 aprile 2017

Riforma. Biotestamento

Riforma. Biotestamento

Il paziente avrà il diritto di abbandonare le terapie. Ma a fronte del divieto dell'accanimento terapeutico, il medico potrà appellarsi all'obiezione di coscienza e rifiutarsi di 'staccare la spina'. Sono queste le novità conseguenti all'approvazione di alcuni emendamenti al ddl Biotestamento: la normativa dovrà essere rispettata anche dalle cliniche private.
Marazziti: "Codificata l'umanizzazione del morire". Ora è stata codificata l'umanizzazione del morire - spiega a Repubblica Mario Marazziti presidente della commissione sul Biotestamento - perché è stato introdotto il principio del fine vita ed è stato codificato l'accompagnamento del fine vita, compresa la sedazione palliativa continua profonda, associata alla terapia del dolore nella fase terminale della vita, quando il dolore sia refrattario alle cure. In altre parole, niente abbandono terapeutico. No ad accanimento terapeutico, ovvero no all'ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure". Il divieto dell'accanimento terapeutico contenuto nell'art 1 bis aggiuntivo proposto da Marazziti è stato approvato con 240 voti favorevoli, 4 voti contrari, e 93 astensioni.
"Garantita la terapia del dolore". Il testo, precisa Marazziti, "non configura l'abbandono terapeutico nella fase terminale della vita, ma, al contrario, garantisce la terapia del dolore in modo esplicito, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. Quindi garantisce l'accompagnamento terapeutico nel fine vita. In altre parole, nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, è stato detto no all'accanimento terapeutico".
Ecco l'articolo 1-bis (Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita): "Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un'appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l'erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38. Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico".
Obiezione di coscienza, ma 'mascherata'. Il medico, oltre a non essere responsabile delle conseguenze che derivano dal rifiuto del paziente a essere sottoposto a terapie, può rifiutarsi di "staccare la spina.
Nessun distinguo o trattamento particolare viene riconosciuto alle strutture sanitarie private convenzionate.
Il governo ha scelto di rimanere 'neutrale'.

L'esecutivo, ha annunciato di "rimettersi all'Aula" della Camera per il parere sugli emendamenti. repubblica.it/2017/04/19 

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