giovedì 23 marzo 2017

La pianificazione esecutiva.


Il piano regolatore è attuato a mezzo di piani particolareggiati.
In particolare questo strumento urbanistico esecutivo, nel quale devono essere indicate le reti stradali, integra le disposizioni già stabilite nel piano generale, in modo da dare una sistemazione completa alle zone comprese nel p.r.g. (Mengoli 1997, 275).
Debbono, inoltre, esservi determinati i principali dati altimetrici di ciascuna zona e le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze, ex art. 13, l. urb. (Centofanti 2000, 182).

I piani particolareggiati di esecuzione debbono indicare: le reti stradali ed i principali dati altimetrici di ciascuna zona, le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze, gli spazi per le opere pubbliche, gli edifici da demolire e ricostruire o soggetti a restauro, la suddivisione in lotti fabbricabili secondo la tipologia di piano, gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare, nonché la profondità delle zone laterali alle opere pubbliche; da tale contenuto consegue che tutte le aree libere del piano particolareggiato di esecuzione debbono avere una precisa destinazione, in un contesto unitario e globale, al fine di ottenere una programmazione organica dell'intero ambito considerato
(T.A.R. Lazio sez. I, 19 gennaio 1989, n. 21, FA, 1989, 3125).

La giurisprudenza, comunque, indica che le disposizioni di piano regolatore generale afferenti le distanze hanno effetto immediato e non abbisognano dell’approvazione dei piani attuativi per entrare in vigore.

Per il disposto degli artt. 11 e 13 della legge urbanistica, i piani regolatori generali dei comuni sono attuati, di regola, a mezzo dei piani particolareggiati di esecuzione, quando abbiano previsto soltanto un assetto programmatico generale e contengano solo previsioni di massima.
Sono invece di immediata ed incondizionata applicazione, non suscettibili neppure di essere modificate o pretermesse da successive norme del piano particolareggiato, quelle disposizioni del P.R.G. che impongano vincoli determinati o precise distanze da osservarsi nell'esercizio dello jus aedificandi, non bisognevoli come tali di ulteriore attività normativa.
Detto principio è stato affermato con riguardo alle distanze tra edifici contigui fissate dal P.R.G. del comune di Barletta
(Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 1994, n. 1502, GCM, 1994, 164).

Le disposizioni, con le quali il piano regolatore generale di Venezia - approvato con d.p.r. 17 dicembre 1962 ed entrato in vigore, a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, il 22 febbraio 1963 - fissa le distanze fra le costruzioni, integrano la disciplina dell’art. 873 c.c., e sono immediatamente operanti, pur in difetto del piano particolareggiato
(Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1980, n. 1290, GCM, 1980).

L’amministrazione comunale può, comunque, precisare, con una disciplina di dettaglio attraverso le tavole planimetriche allegate allo strumento urbanistico attuativo come, ad esempio, il piano di zona per l’edilizia economica popolare, le norme di piano di contenuto generale.

Il potere regolamentare della p.a. di disciplinare con efficacia derogatoria alle disposizioni del codice civile le distanze fra le costruzioni, può manifestarsi oltre che nella predisposizione di Piani regolatori generali e di piani particolareggiati (cosiddetti piani di zona) anche attraverso le tavole planimetriche allegate ai predetti piani.
In tal caso le indicazioni grafiche contenute nelle tavole planovolumetriche, in quanto attuative sul piano tecnico della volontà della p.a., hanno valore immediatamente precettivo al pari delle disposizioni di piano, rivestendone la stessa natura di norme regolamentari.
Ne consegue che quando il piano di zona per individuare la distanza rinvia al piano planovolumetrico e quest'ultimo prevede una determinata distanza dal confine, tale distanza ha carattere assoluto ed inderogabile trattandosi di norma integrativa del c.c.
(Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1999, n. 5666, GCM, 1999, 1310).

La dottrina non ammette una modifica delle disposizioni previste dal piano regolatore da parte degli strumenti attuativi, essendo semmai necessaria una preventiva modifica delle norme dello strumento urbanistico generale, ex art. 25, 1° co., lett. a), l. 47/1985 (Assini e Mantini 1997, 313).
Qualora la lesione delle distanze sia imputabile ad un atto della pubblica amministrazione, quale il piano particolareggiato al fine dell’espropriazione di un immobile, l’azione del privato non può essere esercitata presso il giudice ordinario, ma la relativa giurisdizione è affidata al giudice degli interessi in quanto l’azione amministrativa degrada il diritto soggettivo del privato.
Il concreto modo di essere o di realizzare un'opera pubblica a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, ed approvazione dell'apposito progetto tecnico e redazione, ai fini delle espropriazioni, del progetto di massima, del piano particolareggiato e della relazione tecnica esplicativa - nell'osservanza di un procedimento che offre strumenti di tutela sia amministrativi, ex artt. 10 e 11 della l. 22 ottobre 1971, n. 865, e 16-19 della l. 25 giugno 1865, n. 2359, sia di giustizia amministrativa, ex art. 2, lettera b) della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, - costituisce estrinsecazione di una potestà della pubblica amministrazione.
Ne consegue che non è ammissibile l'esperibilità dell'azione petitoria o possessoria del proprietario confinante con l'opera pubblica, che deduca una lesione del proprio diritto o del proprio possesso per effetto di inosservanza delle distanze legali, in considerazione della idoneità delle scelte della competente autorità circa l'ubicazione dell'opera a comprimere la posizione soggettiva del detto proprietario - che resta, peraltro, titolare del diritto all'indennizzo, tutelabile davanti al giudice ordinario, per l'imposizione di fatto di una servitù conseguente a realizzazione dell'opera -, nonché del divieto per lo stesso giudice ordinario di interferire sull'atto amministrativo e sulla concreta attuazione
(Cass. civ, Sez. U., 9 febbraio 1993, n. 1612, GCM, 1993, 270).

Stesso valore preminente delle disposizioni di piano regolatore è riconosciuto anche nei confronti della normativa contenuta dagli altri strumenti di pianificazione esecutiva quale, ad esempio, il piano di recupero.

Le prescrizioni contenute nei piani di recupero formati ai sensi dell'art. 28, l. 457 del 1978, per la rimozione dello stato di degrado del patrimonio edilizio comunale sono soggette all'osservanza delle disposizioni del piano regolatore generale quali norma di grado superiore.
Ne consegue che non è ammissibile la deroga, in caso di interventi edilizi previsti in detto piano di recupero, alle previsioni degli strumenti urbanistici generali in tema di distanze tra costruzioni
(Cass. civ., sez. II, 13 ottobre 2000, n. 13639, GCM, 2000, 2131).





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