giovedì 23 marzo 2017

La nozione di costruzione.


5. La nozione di costruzione.


Il concetto di costruzione, ai fini della disciplina sulle distanze legali, ex art. 873 c.c., si estende a qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo che, per solidità, struttura e sporgenza dal terreno, possa creare quelle intercapedini dannose che la legge, stabilendo la distanza minima tra le costruzioni, intende evitare.
La giurisprudenza ha precisato che deve ritenersi costruzione qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione e/o collegamento fisso ad un preesistente fabbricato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione del medesimo, dai caratteri del suo sviluppo aereo, dall'uniformità e continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua  realizzazione e dalla sua destinazione.

I caratteri della costruzione, nel caso in cui l'opera da valutare sia costituita da più parti tra loro strutturalmente collegate in maniera stabile ed in misura tale da costituire un entità unica e inscindibile sul piano economico-funzionale, devono essere verificati dal giudice di merito riguardando l'opera nel suo insieme e non nelle singole sue parti, e  rapportando quindi alla stessa, unitariamente considerata, il giudizio sulla idoneità alla creazione di intercapedini pregiudizievoli alla  sicurezza e alla salubrità del godimento della proprietà immobiliare, idoneità rilevante peraltro al solo fine di stabilire se un'opera presenti le caratteristiche e la natura di costruzione, ma non per decidere, in caso di riscontro positivo, se essa sia soggetta o non all'osservanza delle norme sulle distanze prescritte
(Cass. civ., sez. II, 22 maggio 1998, n. 5116, GCM 1998, 1106. Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1509, FI, 1998, I, 1091).

La costruzione, per essere considerata tale, deve possedere i seguenti requisiti:
1) La stabilità sul suolo, non deve cioè essere una costruzione precaria.

Ai fini dell'osservanza delle distanze legali nelle costruzioni, prescritte  dall'art. 873 c.c., e dalle norme di questo integrative, alla nozione di costruzione deve essere ricondotto, avuto riguardo alle finalità della disciplina di regolare i rapporti intersoggettivi di vicinato assicurando in modo equo l'utilizzazione dei fondi limitrofi, qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i requisiti della solidità e della immobilizzazione al suolo anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad una preesistente fabbrica
(Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2000, n. 45, GCM, 2000, 19).

2) La sporgenza del manufatto dal suolo. Se l’opera risulta completamente interrata non può essere considerata ai fini delle distanze con altra costruzione che, diversamente, emerga dal suolo.

La sporgenza del manufatto dal suolo, quale requisito necessario perché lo stesso sia soggetto alle disposizioni sulle distanze legali nei rapporti di vicinato, va riscontrata con riferimento al piano di campagna, cioè al livello naturale del terreno, non quindi al livello eventualmente inferiore cui si trovi un finitimo edificio realizzato con abbassamento di quel piano
(Cass. civ., sez. II, 3 giugno 1998, n. 5450, GCM, 1998, 1204).

3) La costruzione deve essere caratterizzata, inoltre, dalla realizzazione di una volumetria.
La mancanza di pareti non esclude di per sé il fatto che il manufatto possa considerarsi costruzione, dovendosi calcolare al fine del calcolo delle distanze, i punti più esterni delle strutture portanti.

Costituisce costruzione anche un manufatto privo di pareti ma realizzante una determinata volumetria, e pertanto la misura delle distanze legali per verificare se il relativo obbligo è stato rispettato deve esser effettuata assumendo come punto di riferimento la linea esterna della parete ideale posta a chiusura dello spazio esistente tra le strutture portanti più avanzate del manufatto stesso
(Cass. civ., sez. II, 21 dicembre 1999, n. 14379, GCM, 1999, 2595).

Rientrano nel concetto di costruzione - e devono computarsi nel calcolo delle distanze - i balconi di particolare grandezza o strutture sportive come i campi da tennis.

Ai fini del calcolo delle distanze fra le costruzioni, non deve tenersi conto di quegli sporti che non siano idonei a determinare intercapedini dannose o pericolose, consistendo in sporgenze di limitata entità, con funzione meramente decorativa, mentre vengono tenute in considerazione le sporgenze costituenti, per i loro caratteri strutturali e funzionali, veri e propri aggetti, implicanti, perciò, un ampliamento dell'edificio in superficie e volume, come, appunto, i balconi formati da solette aggettanti, anche se scoperti, di apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza
(Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1998, n. 5719, GCM, 1998, 1262).

Costituiscono corpi di fabbrica computabili nelle distanze fra le costruzioni le sporgenze di particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza
(Cass. civ., sez. II, 29 marzo 1999, n. 2986, GCM, 1999, 702).

L'art. 873 c.c. nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi, la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata nei  regolamenti locali, si riferisce, in relazione all'interesse tutelato dalla  norma, ad  opere che, oltre a possedere caratteri di immobilità e di stabile collegamento con il suolo, siano erette sopra il medesimo sporgendone stabilmente, e che, inoltre, per la loro consistenza, abbiano l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà fondiaria.
Tale idoneità il cui accertamento - rimesso al giudice di merito ed  insindacabile se adeguatamente motivato - è indispensabile per qualificare l'opera quale costruzione ai fini dell'applicazione della norma menzionata,  senza che ciò comporti deroga alla presunzione di pericolosità collegata dalla legge al mancato rispetto delle distanze legali, presupponendo tale presunzione il preventivo accertamento che il manufatto eretto a distanza inferiore a quella legale abbia i caratteri della costruzione. 
L'art. 873 c.c. non comprende invece  né le opere completamente realizzate  nel  sottosuolo  né i manufatti che non si elevino oltre  il  livello del suolo, non ricorrendo per le une o per gli  altri la  ragione  giustificatrice  della norma  stessa. 
Nella specie la sentenza di merito  - confermata  dalla  S.C. - ha ritenuto che non debbano considerarsi costruzioni, ai fini di cui all'art. 873 c.c., una superficie al livello del cosiddetto piano di campagna, perfettamente  spianata, attrezzata quale campo da tennis, ed i plinti, interrati nel  sottosuolo, di  sostegno dei pali di illuminazione  del  campo stesso,  nonché il "cordolo" di recinzione del campo, alto 20 centimetri, la rete metallica intorno al campo ed i pali di illuminazione del terreno di gioco; a corte ha considerando  in particolare  che il  primo per la sua modesta elevazione e gli altri per la loro struttura e consistenza non erano idonei ad intercettare aria e luce ed a formare quindi intercapedini vietate dal menzionato art. 873 c.c.
(Cass. civ., sez. II, 1 luglio 1996, n. 5956, AL, 1996, 907, nota Annunziata).

La giurisprudenza ritiene che rientri nel concetto di costruzione una scala esterna.

La distanza dal confine di un edificio che presenti sporgenze non meramente decorative e stabilmente incorporate nell'immobile deve essere misurata tenendo conto delle sporgenze stesse, specie qualora la distanza sia stabilita in un regolamento edilizio comunale che non preveda espressamente un diverso regime giuridico per le costruzioni accessorie.
Ne consegue, in caso di accertamento della violazione delle norme sulle distanze legali, la irrilevanza di qualsivoglia, ulteriore indagine di fatto, quale quella, oggettiva, inerente all'accertamento della concreta pericolosità o dannosità delle intercapedini relative agli sporti medesimi, ovvero quella, soggettiva, circa l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare  legittimamente un proprio diritto, concretandosi l'animus turbandi nella semplice volontarietà del comportamento contra ius.
Nella specie si tratta di una scala esterna in muratura
(Cass. civ., sez. II, 26 maggio 1998, n. 5222, GCM, 1998, 1136).

Non rientra nel concetto di costruzione, ad esempio, un porticato che non sia caratterizzato da una destinazione residenziale.

L'art. 22, 3° co., del regolamento edilizio del comune di Riposto, il quale  ha recepito la disposizione dell'art. 9, 1° co., n. 2) del d.m. 2 aprile 1968,  n. 1444, stabilendo una distanza minima di 10 metri da osservarsi per gli edifici di nuova costruzione dalle pareti finestrate degli edifici antistanti, non è applicabile per analogia alla diversa situazione di un portico aperto fronteggiante l'edificio in costruzione
(Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 1993, n. 12506, GCM, 1993).

Accertare che esista una costruzione rilevante ai fini dell’applicabilità della normativa sulle distanze legali spetta, di fatto, al giudice di merito. Detta valutazione, pertanto, in quanto congruamente motivata, sfugge al sindacato di legittimità.

Da quanto sin qui esposto emerge che al giudice, pur non essendo consentita la sindacabilità in ordine alla sussistenza o meno della situazione di insalubrità o di pericolo che la legge presume esistente qualora vengano a crearsi intercapedini fra costruzioni inferiori ai limiti legali, è invece demandata l’indagine volta a stabilire in concreto se il manufatto che si assume eretto a distanza inferiore a quella legale costituisca o meno costruzione ai fini delle applicabilità della normativa.

(Galletto 1990, 465).

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