giovedì 23 marzo 2017

Il regolamento edilizio.

1.       Il regolamento edilizio.


I regolamenti edilizi rientrano nella categoria dei cosiddetti regolamenti liberi, secondo l’interpretazione giurisprudenziale del Consiglio di Stato, forniti di potere innovativo nei confronti delle regole fissate dalla legislazione primaria.
Esso può manifestarsi, in sostituzione della disciplina generale, nell’ambito di casi limitati e particolari.
Naturalmente non possono essere perseguiti scopi diversi da quelli proposti dalle leggi.
I regolamenti edilizi hanno natura di strumenti urbanistici, con il fine di regolamentare l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati; con la nuova legislazione urbanistica essi devono, tuttavia, comprendere almeno un programma di fabbricazione.
La potestà regolamentare del comune è disciplinata dall’art. 5, l. 142/1990, sost. art. 7, d.lg. 267/2000.
Il regolamento edilizio è classificato fra i regolamenti che disciplinano i servizi (Virga 1994, 34).
Il contenuto del regolamento edilizio è fissato dall'art. 33, n. 5 della legge urbanistica che impone al regolamento di fissare gli eventuali distacchi dai fabbricati vicini e dal filo stradale.
La dottrina annota, comunque, che il regolamento edilizio contiene norme di carattere generale che si applicano al territorio comunale (Mengoli 1997, 626).
Nel caso in cui gli strumenti urbanistici non dispongano espressamente in materia di distanze, si devono applicare le norme del codice civile.

In materia di distanze tra nuove costruzioni, quando il regolamento edilizio comunale presenta una lacuna normativa, la disciplina applicabile è quella contenuta nell'art. 41 quinquies della l. n. 1150 del 1942, che richiama l'art. 9, d. m. 2 aprile 1968, n. 1444, ed ha natura di norma integrativa dell'art. 873 c.c.
(Cons. Stato sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983, RGE, 2000, 941).

Il proprietario che costruisce per primo ha la facoltà di scegliere le distanze da tenere, diritto di prevenzione, condizionando le scelte del proprietario confinante.
Questa facoltà può essere esercitata solo nel caso in cui i regolamenti edilizi o le norme di piano non impongano l’osservanza di una distanza minima dal confine.

Il criterio della prevenzione previsto dagli artt. 873, 875 c.c. è derogato dal regolamento comunale edilizio nel caso in cui questi fissi la distanza non solo tra le costruzioni, ma anche delle stesse dal confine, tranne che, pur prevedendo siffatto metodo di misurazione, consenta le costruzioni in aderenza o in appoggio, con la conseguenza che in tale ipotesi il primo costruttore ha la scelta fra il costruire alla distanza regolamentare e l'erigere la propria fabbrica fino ad occupare l'estremo limite del confine medesimo, ma non anche quella di costruire a distanza inferiore dal confine, avendo la detta prescrizione lo scopo di ripartire tra i proprietari confinanti l'onere della creazione della zona di distacco tra costruzioni, senza escludere la possibilità di costruzioni in aderenza o in comunione di muro sul confine.
(Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2000, n. 13286, GCM, 2000,2097).

In tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta offerta al preveniente, dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877, c.c., è subordinata alla possibilità, per il vicino, di esercitare, a sua volta, nella prima e nella terza ipotesi, il diritto di costruire in appoggio o in aderenza al muro del preveniente.
La predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in forza di un divieto di legge - norme del regolamento edilizio - o di particolari vincoli nascenti da negozio privato - servitù - o di situazioni giuridiche - canali di bonifica, corsi d'acqua - o dell'appartenenza a terzi di tale zona - o di parte di essa -, non sia possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del preveniente.
In questo caso è il preveniente che deve rispettare il distacco legale dal confine
(Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3769, GCM, 1996, 1217).

I regolamenti edilizi possono regolamentare la disciplina generale delle distanze fra le costruzioni, ad integrazione alle disposizioni di piano (Triola 1993, 688).
La violazione delle norme del codice civile ovvero di quelle fissate dai regolamenti edilizi o dai piani - che vengono considerate integratrici di quelle prescritte dal codice civile - producono gli stessi effetti.
Il privato può chiedere al giudice ordinario la riduzione in pristino od il risarcimento del danno.
Il giudice ordinario, quindi, data la natura di atto amministrativo riconosciuta al regolamento edilizio, può accertare la legittimità del regolamento stesso, anche d’ufficio e in ogni stato e grado del giudizio, anche solo con lo scopo di arrivare a disapplicarlo nel caso in esame.
Tale accertamento da parte del giudice ordinario, come ha ribadito la Suprema Corte, si concretizza nell’indagine sulla esistenza e sulla validità degli atti sia del procedimento formativo del regolamento, i quali ne condizionano la validità, sia dell’eventuale fase di integrazione dell’efficacia – come l’atto di approvazione tutoria – che ne condizionano l’operatività, sia, infine, dell’eventuale procedimento abrogativo, che ne condizionano la perdurante efficacia (Galletto 1990, 457).
La violazione delle norme sulle distanze consente, inoltre, la così detta doppia tutela, nel senso che permette un’azione presso il giudice amministrativo per l’annullamento della eventuale concessione edilizia illegittima che abbia autorizzato i lavori.
Il giudice amministrativo, annullando il provvedimento illegittimo, impone alla pubblica amministrazione di esercitare i provvedimenti repressivi attraverso l’esecuzione della sentenza.



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