giovedì 23 marzo 2017

I limiti posti dalla legge ponte alla disciplina delle distanze.

   



La legge ponte fissava successivamente limiti più restrittivi nei Comuni sprovvisti di piano regolatore generale.

1. Nei Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, la edificazione a scopo residenziale è soggetta alle seguenti limitazioni:
(omissis)
c) l'altezza di ogni edificio non può essere superiore alla larghezza degli spazi pubblici o privati su cui esso prospetta e la distanza dagli edifici vicini non può essere inferiore all'altezza di ciascun fronte dell'edificio da costruire.
(omissis)
4. Le limitazioni previste ai commi precedenti si applicano nei Comuni che hanno adottato il piano regolatore generale o il programma di fabbricazione fino ad un anno dalla data di presentazione al Ministero dei lavori pubblici. Qualora il piano regolatore generale o il programma di fabbricazione sia restituito al Comune, le limitazioni medesime si applicano fino ad un anno dalla data di nuova trasmissione al Ministero dei lavori pubblici.
8. In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.
9. I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima
(art. 41 quinquies, l. 17 agosto 1942, n. 1150, agg. art. 17, l. 765/1967).

L’applicazione delle norme stabilite dalla legge ponte è necessaria quando non sussista alcuna norma di piano in materia di distanze, neppure di mero recepimento della normativa del c.c.

L'art. 17, l. 6 agosto 1967, n. 765, è applicabile, per disciplinare le distanze tra fabbricati, non soltanto allorché il comune in cui sono ubicati è sprovvisto di regolamento edilizio, ma anche se questo non contenga alcuna disposizione in merito.
Si applica, invece, l'art. 873, c.c., soltanto se, in termini almeno generici, tale norma sia da esso richiamata
(Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 1999, n. 886, Giur. it., 1999, 2025).

Se, invece, sussistono norme regolamentari, anche vetuste, di recepimento della disciplina civilistica delle distanze, esse rendono applicabile tale normativa.

Il regolamento edilizio del comune di Formia del 9 febbraio 1938, all'art. 22, non prevedeva, per le zone intensive, alle quali i nuclei abitati delle frazioni erano equiparati, ex art. 48 dello stesso regolamento, alcuna distanza dai confini per le costruzioni, consentendo la utilizzazione di tutta l'estensione della proprietà, salvo i necessari spazi interni scoperti.
La mancanza, nel predetto regolamento, di una deroga specifica all'art. 873, c.c., in tema di distanze legali tra le costruzioni, rendeva applicabile quest'ultima disposizione
(Cass. civ., sez. II, 29 marzo 1999, n. 2979, GCM, 1999, 701).

La giurisprudenza ha ritenuto che le norme della legge ponte siano applicabili solo in rapporto ad altri edifici e non per disciplinare l’attività edilizia da svolgersi nell’ambito dell’immobile oggetto di intervento.

Le limitazioni stabilite dall'art. 17, l. 6 agosto 1967, n. 765, nella edificazione a scopo residenziale trovano applicazione tra edifici autonomi vicini, latistanti e frontistanti, ma non riguardano le costruzioni eseguite nell'ambito dello stesso edificio.
Nella specie, si trattava di costruzione in edificio condominiale; in alternativa alla ordinata demolizione in primo grado, è stato disposto che la costruzione contra legem sia resa conforme alla legge antisismica vigente
(App. Napoli, 8 giugno 1999, GC, 1999, I, 2495).

I limiti imposti dalla legge ponte sono da considerarsi in vigore fino al recepimento, da parte degli strumenti urbanistici, delle norme sugli standard di cui al d.m. 2 aprile 1968.

Le norme sugli standard urbanistici ed edilizi poste dal d.m. 2 aprile 1968, hanno carattere programmatico nel senso che costituiscono solo ed esclusivamente direttive che i comuni devono rispettare al momento della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, pertanto gli indici di fabbricabilità ivi previsti, per poter essere applicati con forza imperativa nei singoli casi specifici, devono essere preventivamente recepiti negli strumenti urbanistici di ciascun comune.
Ne consegue che la distanza minima tra fabbricati che va rispettata dai privati nell'eseguire costruzioni, nel territorio dei comuni non aventi ancora un p.r.g., non è quella fissata dall'art. 9, d.m. 2 aprile 1968, bensì quella prevista nel comma 1, lett. c, dell'art. 41 quinquies, l. 17 agosto 1942 n. 1150.
(Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 1996, n. 1086, GI, 1997, I, 1, 214).

Le norme di piano entrano in vigore a partire dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione del piano stesso da parte del presidente della giunta regionale.

Il piano regolatore generale ha natura di atto complesso, risultando dal concorso delle volontà del Comune e della Regione - succeduta allo Stato ai sensi dell'art. 1, lett. a), d.p.r. 15 gennaio 1972, n. 8 - sì che l'efficacia normativa del piano regolatore e delle prescrizioni in esso contenute ha inizio non già dalla data di approvazione di esso da parte del consiglio comunale, ma da quello della pubblicazione del decreto di approvazione del presidente della giunta regionale.
Ne consegue che prima di tale momento la disciplina applicabile in materia di distanze fra le costruzioni è quella del codice civile.
(Cass. civ., sez. II, 19 marzo 1991, n. 2927, GCM, 1991).









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