giovedì 23 marzo 2017

Gli effetti della demolizione del fabbricato sulla disciplina delle distanze.

1.      Gli effetti della demolizione del fabbricato sulla disciplina delle distanze.


La dottrina distingue l’intervento di demolizione, che si concretizza nel mero abbattimento di un manufatto, dall’intervento di demolizione che preveda una successiva ricostruzione (Centofanti 2000, 349).
Diverso è il caso in cui il crollo dell’edificio avvenga per cause naturali o eventi eccezionali e, quindi, non sia necessariamente preceduto dalla richiesta di concessione.
Perché esso si possa definire come intervento di restauro avente carattere conservativo vi è la necessità che il manufatto non venga demolito.
La demolizione prevede un'opera edile e, come tale, necessita della concessione (Cass. pen., sez. III, 16 marzo 1990, RGE, 1991, 255).
In tal caso il manufatto preesistente conserva il diritto alla cubatura realizzata.
Il principio fissato dall'art. 9, 2° co., d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, che consente - nelle Zone A) di piano regolatore - il mantenimento delle distanze relative agli edifici preesistenti per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, ha trovato puntuale conferma nella giurisprudenza amministrativa.

Nell'ipotesi in cui un edificio, per il quale sia stata rilasciata una concessione di ristrutturazione, venga integralmente demolito (anche a seguito della sua rovina per cause naturali), viene meno l'esistenza dell'edificio da ristrutturare e, quindi, anche l'efficacia della concessione, non rilevando se la rovina sia avvenuta o meno per volontà del suo titolare.
La costruzione del nuovo edificio, pertanto, potrà aver luogo soltanto sulla base di un'ulteriore concessione, da rilasciare nel rispetto delle previsioni urbanistiche vigenti, anche relative alle distanze tra edifici
(Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2000, n. 1610, RGE, 2000, I, 648).

La giurisprudenza, infatti, ritiene che nel concetto di ristrutturazione edilizia devono annoverasi anche gli interventi consistenti nella demolizione e nella successiva ricostruzione fedele del fabbricato, sempre che rimangano inalterati sagoma e volumi.

Se è pur vero che la ricostruzione di un edificio demolito soggiace, in mancanza di specifiche norme che dispongano in senso contrario, alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche vigenti al tempo in cui venne rilasciata la relativa concessione, tale principio non opera nel caso in cui l'attività di ristrutturazione corrisponda integralmente, per volumi, altezze, fisionomia architettonica, all'opera (in tutto o in parte) demolita.
In tal caso, pertanto, la relativa concessione edilizia non è subordinata al rispetto dei vincoli imposti dagli strumenti urbanistici sopravvenuti.
Fattispecie in tema di diniego di concessione edilizia per contrasto con la normativa urbanistica regolante le distanze legali nelle costruzioni, sopravvenute rispetto alla realizzazione dell'originario manufatto ma antecedente alla demolizione della successiva fedele ricostruzione dello stesso
(Cons. Stato, sez. V, 14 novembre 1996, n. 1359, RGE, 1997, I, 324).
L'intervento di demolizione e ricostruzione di un volume preesistente nel centro storico, qualificato urbanisticamente quale zona A, è soggetto alla disciplina in tema di distanze prevista per le operazioni di ristrutturazione e risanamento conservativo in dette zone che, nell'art. 9, 1° co., n. 1, reg. com. ed. di Piombino, richiede soltanto che esse non siano inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tenere conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico e ambientale
(Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 1995, n. 239, RGE, 1995,I, 448).
Il progetto di ristrutturazione di un edificio con sostituzione delle tamponature e di altri elementi (tra cui il solaio) ormai fatiscenti, lasciando però immutati i quattro spigoli del manufatto nonché le parti in muratura che sorreggono la copertura a volta, non si converte necessariamente nella demolizione dell'edificio preesistente come premessa alla ricostruzione di uno nuovo.
E’, pertanto, illegittimo il diniego della concessione di ristrutturazione fondato sull'esigenza di rispettare una maggiore distanza dal confine di proprietà.
(Cons. Stato, sez. V, 10 luglio 1981, n. 353, RGE, 1981, I, 1046).

Non è stata ritenuta costruzione diversa quella che risulta a seguito di un intervento, anche demolitorio, derivante da un provvedimento amministrativo.

Non costituisce un progetto di totale demolizione e ricostruzione in senso tecnico (che come tale, a norma del p.r.g., debba rispettare le distanze normali dagli edifici confinanti), un elaborato prodotto da un consulente tecnico d'ufficio in esecuzione di una sentenza del giudice ordinario dichiarativa dell'obbligo di arretrare in una data misura un determinato fabbricato, elaborato che ha scelto per motivi tecnici (trattandosi di una struttura in cemento armato) la via, ritenuta indispensabile, della demolizione totale e ricostruzione parziale fino al limite di distanza fissato, appunto, dal giudice.
(T.A.R. Lazio, sez. II, 12 settembre 1987, n. 1463, FA, 1988, 1064).

Nel caso di controversia sulla legittimità del provvedimento di ricostruzione sono diverse le posizioni del proprietario prevenuto da quelle del frontista.
Il primo proprietario può ricostruire l’edificio a confine dopo avere esperito i gravami giurisdizionali che garantiscono la legittimità del provvedimento concessorio.
Il confinante, invece, che abbia realizzato il fabbricato subisce le sanzioni relative alla costruzione di un immobile che non rispetti la normativa sulle distanze nel frattempo sopravvenuta.

Il proprietario di un edificio costruito sul confine ed in un primo tempo demolito vanta il diritto, nei confronti del proprietario frontista, qualora gli venga riconosciuta, con sentenza passata in giudicato, la facoltà di ricostruire il predetto edificio, a che questi rispetti le distanze legali previste per le costruzioni finitime nell'erigere, a sua volta, un proprio manufatto.
La eventuale costruzione realizzata dal frontista a distanza inferiore a tre metri risulterà illegittima anche se, successivamente ad essa, il diritto alla ricostruzione del manufatto demolito venga esercitato, dal relativo proprietario, in arretramento rispetto al confine, non potendo il principio secondo il quale i commoda della prevenzione si perdono se la ricostruzione del vecchio fabbricato non si estenda più sino al confine (dovendosi, in caso contrario osservare le distanze prescritte dalle norme vigenti al tempo della ricostruzione) far venire meno l'illegittimità dell'operato del proprietario della costruzione frontistante che abbia, già in precedenza, costruito in violazione delle prescritte distanze.
(Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1997, n. 12307, GCM, 1997, 2329).


2.      La  competenza esclusiva dello Stato.

 

È costituzionalmente illegittimo l'art. 50 l. reg. Veneto 23 aprile 2004 n. 11. Premesso che la disciplina delle distanze legali, per quanto attiene ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi, rientra nella materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato, e che, ferma detta competenza, ai fini dell'esercizio della competenza concorrente delle regioni in materia di governo del territorio, costituiscono principi della legislazione statale quello secondo cui la distanza minima sia determinata con legge statale, e quello per il quale le deroghe alle distanze minime sono consentite alla normativa locale, purché tali deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio, con la conseguenza che dette deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici, e quindi al governo del territorio, e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi, la disposizione censurata - la quale, con riguardo ad una situazione particolare costituita da una costruzione già esistente posta a distanza dal confine inferiore a quella prescritta dalla normativa attualmente vigente, ma legittima secondo la disciplina dell'epoca della costruzione, autorizza il proprietario del fondo confinante a costruire o a mantenere il proprio fabbricato ad una distanza dall'altro manufatto preesistente inferiore a quella ordinariamente stabilita, con il solo rispetto della prescritta distanza dal confine - non attiene all'assetto urbanistico complessivo delle zone territoriali in cui la suddetta deroga è consentita, senza che la prevista transitorietà possa valere a giustificarla sul piano costituzionale, in quanto, anzi, l'attribuzione di tale natura alla norma costituisce un ulteriore sintomo della violazione dei limiti imposti dalla Costituzione alla competenza della Regione.



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