venerdì 24 febbraio 2017

La disciplina del silenzio nel procedimento amministrativo

1           La disciplina del silenzio nell’accesso al procedimento amministrativo.



Una radicale innovazione è avvenuta colla l. 241/1990 sull’accesso al procedimento amministrativo.
La normativa consente al privato di entrare nel procedimento prima che esso sia emanato e di intervenire nella fase preparatoria portando il suo contributo. (Franchini C.e AAVV, Codice commentato della l.241/1990 riformata, 2006, 379).
A volte l’intervento è previsto per legge, come nella procedura espropriativa, altre volte è facoltativo e consente di consultare gli atti che l’amministrazione dispone o al fine di ottenere un provvedimento o al fine di richiedere l’annullamento di un atto già emanato.
Questa legge disciplina il silenzio nella fase istruttoria sia nella redazione dei pareri sia nelle consulenze tecniche, agli artt. 14, 16 e 17, anche se formulati attraverso le particolari modalità delle conferenze di servizio.
Colla legge sull’accesso al procedimento amministrativo 241/1990, all’art. 25, è introdotta un’azione tendente a fornire al richiedente l’accesso negato che offre tutela nei confronti del silenzio nella fase preparatoria disciplinata dall’art.116, d. lgs. 104/2010.
Si tratta, come chiarisce la dottrina, di un mero dato di legittimazione processuale.
I meccanismi di tutela prevedono solo la possibilità del richiedente di sostituire alla non decisione dell’amministrazione la decisione del giudice che deve esprimersi sulla legittimità dell’istanza di accesso.
La verifica della legittimità della fondatezza della richiesta è solo spostata nel tempo ed è riservata alla amministrazione (Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,  2004, 1994).
Il silenzio dell’amministrazione è un ostacolo all’ottenimento del provvedimento la cui emanazione spetta sempre all’amministrazione.
I sistemi di tutela sul silenzio tendono a creare un percorso obbligato, sotto la guida della giustizia amministrativa, che induca l’amministrazione a decidere (Centofanti N. e Centofanti P., Il formulario del diritto amministrativo, 2010, 81).




2           La disciplina del silenzio nel procedimento amministrativo.



Il silenzio è stato modellato in rapporto ai singoli procedimenti amministrativi sicché manca una disciplina unitaria.
La dottrina rileva che nell’ordinamento italiano non vi è stata mai una disciplina generale relativa all’inerzia della pubblica amministrazione: la stessa previsione generale del termine del procedimento introdotta dall’art. 2, l. 241/1990, consente di qualificare il silenzio come inadempimento di un obbligo, ma non indica le conseguenze di questo inadempimento né le forme di tutela offerte agli eventuali interessati.
I rimedi contro il silenzio predisposti dalle norme, in effetti, riguardano singoli procedimenti o tipi di procedimenti (Mattarella B.G., Il provvedimento, in Cassese S. (a cura di) Diritto amministrativo generale, 2000, I, 794).
A fronte all’inerzia serbata dall’amministrazione nel procedimento amministrativo è stato ritenuto applicabile, in via analogica, l’art. 25 del t.u. 3/1957 che regola un procedimento teso a evidenziare il mancato compimento di un atto da parte degli impiegati dello Stato.
Trascorso il termine di sessanta giorni dalla richiesta di un atto l’interessato può notificare a mezzo di ufficiale giudiziario una diffida a provvedere; trascorsi trenta giorni dalla suddetta notifica il richiedente può ricorrere in sede giurisdizionale affinché sia dichiarato l’obbligo a provvedere (Cerulli Irelli V., Corso di diritto amministrativo 1997, 480).
Una radicale innovazione è avvenuta colla legge sull’accesso al procedimento amministrativo 241/1990, che introduce espressamente, all’art. 2, l’obbligo a provvedere.
In particolare l’art. 117, d.lgs. 104/2010,  che riprende il contenuto dell’art. 2, l. 15/2005, prevede la possibilità di ricorrere contro il silenzio dell’amministrazione senza la predisposizione della preventiva diffida che rimane facoltativa con pieno consenso della dottrina.
Le novità introdotte dalla l. 15/2005, devono essere accolte positivamente poiché il legislatore, accogliendo le proposte della dottrina, elimina l’onere della previa diffida consentendo al privato di agire direttamente per fare accertare l’illegittimità del silenzio serbato dalla p.a. (Caringella F., La riforma del procedimento amministrativo: Profili generali della riforma, in Urb. App. 2005, 379).












3           La disciplina del silenzio nel ricorso amministrativo.



L’art. 1, l. 1865/2248, all. e), che abroga il precedente sistema del contenzioso, affida all’amministrazione stessa, attraverso il sistema dei ricorsi amministrativi, le controversie che dovessero sorgere con i privati.
Queste non trovano una espressa soluzione normativa nel caso in cui l’amministrazione non si pronunci sul ricorso.
Neppure la riforma portata dal t.u. 6166/1889, che aggiunge alla tutela da ricorso quella giurisdizionale, istituendo la quarta sezione del Consiglio di Stato con competenza generale di legittimità per il sindacato degli atti amministrativi lesivi degli interessi legittimi, risolve pienamente il problema della tutela dal silenzio dell’amministrazione (Galli R. , Corso di diritto amministrativo 1996, 916).
La necessità di impugnare un provvedimento definitivo, ossia che abbia esperito la fase dei gravami amministrativi ove previsti, e l’obbligo di depositare il provvedimento impugnato rendevano difficoltosa, ritardandola, la tutela giurisdizionale.
Il problema è stato in un primo tempo risolto dalla giurisprudenza che, attraverso l’artificio della diffida a provvedere, attribuiva al susseguente silenzio dell’amministrazione il valore di un atto soggetto a successivo gravame.
Per ottenere una prima soluzione legislativa al problema bisogna attendere la legge comunale e provinciale 383/1934, che, all’art. 5, introduce la possibilità di attribuire alla mancata decisione il valore di un diniego attraverso un meccanismo di diffide.
Solo con la legge sui ricorsi amministrativi, art. 6, l. 1199/1971, si dà al silenzio sul ricorso il valore di diniego avverso il quale è possibile procedere.
Il ricorso giurisdizionale contro il silenzio tenuto dall’amministrazione nel decidere il ricorso amministrativo trova ora disciplina nell’art. 31, d.lgs. 104/2010.































4           il riparto delle competenze stato-regione.


La dottrina sostiene il vincolo delle Regioni al rispetto dei principi statali sul procedimento amministrativo così come definiti dalla l. n. 241 del 1990. Dall'altra parte si pone invece la corrente dottrinale che, in senso contrario, sottolinea la difficoltà di includere nelle clausole di competenza esclusiva statale una normativa sostanzialmente secondaria com'è quella sul procedimento amministrativo (Lazzara L., La disciplina del procedimento amministrativo nel riparto delle competenze stato-regione, in Dir. amm. 2007, 1, 105).
Una clausola che viene spesso richiamata per fondare la competenza centrale sulla disciplina del procedimento è quella che attribuisce allo Stato il compito di fissare i livelli essenziali delle prestazioni amministrative, ex  art. 117,2°  co., lett. m, cost.
La norma finisce col far ritenere la materia «procedimento amministrativo» esclusivamente riservata allo Stato. I principali enti territoriali verrebbero così esclusi dalla regolazione generale delle funzioni pubblico - amministrative; risultato - questo - che non sembra coerente con la direzione impressa al sistema costituzionale dal nuovo Titolo V.
La Corte costituzionale si è posta la questione se lo statuto regionale possa legittimamente dettare norme in materia di accesso agli atti ed ai documenti ed in ordine alla motivazione dei provvedimenti amministrativi, norme difformi dalla disciplina contenuta nella legislazione statale. Sul presupposto che la disciplina del procedimento amministrativo è generalmente riconducibile alla materia dell'organizzazione, la questione di costituzionalità riguarda dunque il rapporto che intercorre tra la norma che attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento ed organizzazione dei soli organi statali e degli enti pubblici nazionali, ex art. 117 comma 2. lett. g), cost.), e la disposizione che riconosce agli statuti regionali - in armonia con la Costituzione - il compito di determinare i principi di organizzazione e funzionamento degli organi della regione e degli enti da essa dipendenti, ex art. 123, cost.. (Bottino G., L'organizzazione amministrativa dello Stato, delle regioni e delle autonomie locali nella giurisprudenza costituzionale: il procedimento amministrativo (diritto di accesso e motivazione degli atti), e la disciplina delle funzioni amministrative. Nota a: Corte costituzionale, 2.12.2004 n. 372, in Foro amm. CDS 2005, 9, 2449).
Il diritto di accedere ai provvedimenti amministrativi emanati dalla regione e dagli enti da essa dipendenti, senza obbligo di motivazione, è ritenuto dalla Corte costituzionale conforme al principio costituzionale di imparzialità e trasparenza amministrativa , ex art. 97, cost., nonché del tutto coerente con i principi di medesima natura affermati nel diritto comunitario .
Per questo aspetto la sentenza costituzionale non può che dare atto della circostanza che la scelta statutaria - quanto meno per il soggetto interessato all'accesso - non viola in alcun modo ed anzi realizza pienamente i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto all'imparzialità ed alla trasparenza amministrativa normalmente affidati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato .
Il giudice delle leggi afferma che la disciplina del diritto di accesso  rientra nella materia costituzionale dell'organizzazione amministrativa. Di conseguenza, poiché l'odierno art. 117 comma 2 lett. g), cost., riserva alla legislazione esclusiva dello Stato l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, e poiché - in via complementare - il vigente art. 123, cost., riserva al singolo statuto regionale (nei limiti dell'«armonia con la Costituzione») la determinazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della regione stessa, la Corte ritiene affidata: a) alla legislazione statale, la determinazione della regolamentazione del diritto di accesso in relazione ai procedimenti amministrativi riconducibili ad organi dello Stato-apparato nonché agli atti e documenti in possesso dei medesimi organi; b) agli statuti regionali ed alle conseguenti leggi attuative dei medesimi, l'individuazione delle forme e dei limiti in cui l'accesso è consentito nei confronti degli organi della regione, e degli enti pubblici da essa dipendenti, appartenenti all'organizzazione amministrativa regionale.

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