martedì 28 febbraio 2017

Il silenzio rigetto o diniego.

1           Il silenzio rigetto o diniego.




Il meccanismo del silenzio rigetto o diniego è espressamente disciplinato dalla legislazione speciale che assegna all’amministrazione un termine per esaminare l’istanza prodotta dal richiedente e per provvedere.
Il silenzio rigetto equivale a diniego per cui, decorso il tempo assegnato dalla norma speciale alla pubblica amministrazione, l'interessato può direttamente ricorrere alla giustizia amministrativa .
Il procedimento che disegna il silenzio rigetto è quindi tipico e può ravvisarsi in presenza di una fattispecie espressamente disciplinata dal legislatore.
Altra dottrina ritiene che possa ravvisarsi un silenzio rigetto in presenza di alcuni presupposti che peraltro restano sempre caratterizzati dall’obbligo giuridico a provvedere.
I presupposti perché l’omissione della p.a. sull’istanza del privato assuma rilievo di silenzio rifiuto sono, quindi, individuati: a) in un obbligo giuridico a provvedere; b) nell’interesse del privato; c) nell’esistenza di una facoltà discrezionale dell’amministrazione (Sempreviva M.T., Il procedimento amministrativo, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,   2004, 1300).















2           Il procedimento di rilascio del permesso di costruire in sanatoria.



Pari natura di diniego è attribuita al silenzio tenuto dall'amministrazione sull'istanza di permesso di costruire in sanatoria, disciplinata dall'art. 36, d.p.r. 380/2001, anche se, in tal caso, il valore di diniego del silenzio è espresso chiaramente dal legislatore.
Il silenzio dell'Amministrazione, a fronte di un'istanza di sanatoria, costituisce un'ipotesi di silenzio - significativo, al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento di rigetto dell'istanza, così determinandosi una situazione del tutto simile a quella che si verificherebbe in caso di provvedimento espresso; ne consegue che tale provvedimento, in quanto tacito, è già di per sè privo di motivazione - tant'è che l'art. 13 della l. n. 47 del 1985 attribuisce al silenzio serbato dalla p.a. il valore di diniego vero e proprio - ed è impugnabile non per difetto di motivazione, bensì per il contenuto reiettivo dell'atto.
Questo articolo pone le condizioni per il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria, ossia la valutazione della conformità dell'opera abusiva agli strumenti urbanistici, e fissa il termine di sessanta giorni entro il quale il sindaco si deve pronunciare (Centofanti N., Diritto a costruire. Programmazione urbanistica. Espropriazione,  2010, 1160).
Decorsa inutilmente tale scadenza la richiesta si intende respinta.
Ai sensi dell'art. 13, l. 28 febbraio 1985 n. 47, il silenzio formatosi sull'istanza di condono oltre il termine di sessanta giorni dalla presentazione della relativa istanza ha valore di rigetto implicito, con efficacia simile a quella che si avrebbe con il provvedimento espresso di diniego, con la conseguenza che ad esso non è applicabile lo speciale rito del silenzio previsto dall'art. 21 bis, l. 6 .12.1971, n. 1034 che è esperibile, alternativamente al rito ordinario, solo per i casi di silenzio inadempimento o rifiuto, e non anche per il silenzio rigetto. (Cons. St., sez. IV, 26.3.2010, n. 1763).
Tale indirizzo appare più in linea con la lettera della legge (che costituisce un caso di esplicita tipizzazione legale del silenzio come atto tacito di diniego) e con la ratio ispiratrice della stessa, consistente nella pronta difesa del corretto assetto del territorio con la rimozione, senza indebite dilazioni, degli abusi edilizi.
La norma trasferisce l'onere di tempestiva attivazione (mediante domanda di accertamento di conformità e successiva impugnazione del diniego tacito eventualmente formatosi sulla domanda) sul privato che, violando la legge, ha omesso di chiedere preventivamente il permesso di costruire ed ha in via di fatto realizzato la sua pretesa edificatoria sottraendosi al previo controllo di conformità alla pianificazione urbanistica.


3           Il procedimento di rilascio dell'autorizzazione per interventi su beni ambientali.


Il cod. beni cult. sottopone gli interventi di modifica o di alterazione dei beni ambientali, oggetto di tutela, ad autorizzazione ambientale di competenza della regione o dell’autorità da essa delegata (Logozzo D., La nuova disciplina in materia di autorizzazione paesaggistica, 2010, 909).
I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione, ex art. 146, 1° co., d.lgs. 22.1.2004, n. 42, mod. art. 2, d. lgs. 63/2008. (Caracciolo La Grotteria A., Aspetti della tutela paesaggistica , in Foro amm. TAR , 2009, 7-8, 2319).
La documentazione a corredo del progetto - preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato- è stata individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  12.12.2005 con criteri di uniformità per tutte le regioni
Vi è un primo controllo che verifica la rispondenza del progetto presentato alla disciplina urbanistica comunale.
Solo  nel  caso di esito positivo della verifica di conformità urbanistica ed edilizia , l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione valuta la conformità dell'intervento alle specifiche prescrizioni d'uso contenute nel piano paesaggistico o nella dichiarazione di pubblico interesse o nel provvedimento di integrazione del vincolo, ex art 4, 3° co.,d.p.r.9 .7.2010, n. 139.
Il soprintendente rende il parere di cui all’art 4, 5° co.,d.p.r.9 .7.2010, n. 139, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'art. 140, 2° co. , d. lgs. 22.1.2004, n. 42,  entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l'amministrazione rilascia l'autorizzazione ad esso conforme oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'art. 10-bis, l. 7.8.1990, n. 241, e successive modificazioni, ex art. 146, 8° co., d.lgs. 22.1.2004, n. 42, mod. art. 2, d. lgs. 63/2008.








4           Il silenzio del soprintendente e dell’amministrazione.


Il procedimento disciplina separatamente gli effetti del silenzio del soprintendente e quello dell’amministrazione  competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Il soprintendente deve rendere  il prescritto parere entro il termine di quarantacinque giorni.
Nel caso di silenzio  l'amministrazione competente può indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione, ex art. 146, 1° co., d.lgs. 22.1.2004, n. 42, mod. art. 2, d. lgs. 63/2008. 10.
In tal caso il parere in materia paesaggistica può essere superato se la conferenza di servizio non rispetta i termini perentori.
Neppure l’amministrazione può essere inadempiente  senza che si attivino procedimenti sostitutivi  al suo silenzio (Logozzo D., La nuova disciplina op.cit., 2010, 9111).
Decorso inutilmente il termine di venti giorni dalla ricezione del parere del soprintendente senza che l'amministrazione si sia pronunciata, l'interessato può richiedere l'autorizzazione in via sostitutiva alla regione, che vi provvede, anche mediante un commissario ad acta, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora la regione non abbia delegato gli enti indicati al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, e sia essa stessa inadempiente, la richiesta del rilascio in via sostitutiva è presentata al soprintendente.
L'autorizzazione paesaggistica diventa efficace decorsi trenta giorni dal suo rilascio ed è trasmessa, senza indugio, alla soprintendenza che ha reso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente allo stesso parere, alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all'ente parco nel cui territorio si trova l'immobile o l'area sottoposti al vincolo. (Gentile A., L’autorizzazione paesaggistica nel d.lgs. n. 42/2004, in Nuova Rass.,  2005, 737).
L'autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni portatrici di interessi diffusi, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse.
Le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate dai medesimi soggetti, anche se non abbiano proposto ricorso di primo grado.

L’art. 149, d.lgs. 22.2.2004, n. 42, riconferma che il nulla osta non è necessario per gli interventi - da esso tassativamente previsti - di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo. 

Nessun commento:

Posta un commento