giovedì 23 febbraio 2017

Il riparto di giurisdizione nella tutela del diritto alla salute

. Il riparto di giurisdizione nella tutela del diritto alla salute. La giurisdizione ordinaria.

Il diritto alla salute è riconosciuto concordemente dalla giurisprudenza come dritto soggettivo alla cui tutela è preposto il giudice ordinario.
Tale tutela è prevista anche in via d'urgenza con i provvedimenti d'urgenza da richiedersi al Tribunale, ai sensi dell'art. 700 del c.p.c., al fine di rimuovere quegli ostacoli - come le situazioni di pericolo che si vengano a creare per la salute del ricorrente - sia nei rapporti privati, come nel caso di un datore di lavoro la cui organizzazione di lavoro presenti aspetti pericolosi, sia nei confronti di provvedimenti o dinieghi della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza ritiene che il medico sia sempre legittimato ad effettuare il trattamento terapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente affidato alle sue cure, anche in mancanza di esplicito consenso.
E’ ritenuto insuperabile l'espresso, libero e consapevole rifiuto eventualmente manifestato dal medesimo paziente, ancorché l'omissione dell'intervento possa cagionare il pericolo di un aggravamento dello stato di salute dell'infermo e, persino, la sua morte.
Qualora il medico effettui ugualmente il trattamento rifiutato può profilarsi a suo carico il reato di violenza privata, ma non - nel caso in cui il trattamento comporti lesioni chirurgiche ed il paziente muoia - il diverso e più grave reato di omicidio preterintenzionale, non potendosi ritenere che le lesioni chirurgiche, strumentali all'intervento terapeutico, possano rientrare nella previsione di cui all'art. 582, c.p. Cass. Pen., sez. I, 11 luglio 2002, n. 26646, in Cass. pen., 2003, 1945.
Altro problema è quello è quello della legittimità della richiesta di eutanasia da parte del paziente. G. M. SALERNO, Senza norme sull’accanimento terapeutico la richiesta di eutanasia è inammissibile, in Guida Dir., 2007, n. 1, 32.
Ogni lesione al diritto alla salute può dare origine a richieste di risarcimento. R. GALLI, Corso di diritto amministrativo, 1996, 124.
La dottrina afferma che il danno alla persona è considerato risarcibile sotto tre distinti profili.
Il danno biologico attiene alla violazione del diritto alla integrità psico-fisica di ogni persona, esso si differenzia dal danno patrimoniale in quanto non ha alcuna rilevanza con la capacità economico-reddituale del soggetto e, pertanto, per la sua determinazione si fa riferimento a tabelle di liquidazione predisposte dai tribunali.
Il danno patrimoniale, secondo il principio del lucro cessante, deve avere riferimento la mancata produzione di reddito da lavoro, mentre il danno emergente si manifesta nella eventuale necessità di assistenza.
Il danno non patrimoniale o morale consiste nel cosiddetto pretium doloris che viene fissato in via equitativa. Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Foro it., 1986, I,2053. W. BRONDOLO AAVV, Il danno biologico patrimoniale morale, 1995, 81.




1.1.            La giurisdizione amministrativa.

L'azione amministrativa può incidere sul diritto alla salute con atti posti in essere dagli organismi preposti dal legislatore all'attuazione del servizio sanitario nazionale.
Si tratta di tutti quei rapporti di convenzionamento che la pubblica amministrazione svolge con le strutture private, trattate dal legislatore in posizione di parità, almeno formalmente, con quelle pubbliche al fine dell'erogazione del servizio. 
Tali provvedimenti attengono alla sfera degli interessi legittimi e, secondo la regola generale, contro i provvedimenti illegittimi è ammessa tutela presso la giustizia amministrativa.

L'inadempimento, da parte dei soggetti pubblici convenzionati, di determinati obblighi di comportamento derivanti dalla convenzione, come tutti gli aspetti che derivano dall'applicazione del contenuto della convenzione sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 5 della Legge n. 1034 del 1971. Le convenzioni hanno natura di contratti di diritto pubblico e danno vita a  rapporti che si inquadrano nello schema delle concessioni amministrative di pubblico servizio.

Il nuovo regime dell'accreditamento, di cui all'art. 8 d.lg. 30 dicembre 1992 n. 502, e succ. modif., ha sostituito quello preesistente convenzionale, ma non ha modificato la natura del rapporto esistente tra la struttura privata ed ente pubblico preposto all'attività sanitaria, il quale resta di natura concessoria.
Rispetto al regime giuridico preesistente nel nuovo sistema si è in presenza di concessioni ex lege di attività di servizio pubblico.
La disciplina di queste convenzioni è dettata in via generale dalla legge, pur con rinvii integrativi a norme di secondo grado o regionali, mantenendosi inoltre fermo sia il potere di programmazione delle regioni, sia il potere di vigilanza e di controllo delle stesse sull'espletamento dell'attività concessa da parte delle istituzioni sanitarie di carattere privato.
Al giurisprudenza ha pertanto deciso che la controversia riguardante il diniego della domanda di struttura sanitaria privata di operare in regime di accreditamento provvisorio con il S.s.n. è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del comma 1 dell'art. 5 l. 6 dicembre 1971 n. 1034. Cass. Civ., sez. un., 8 luglio 2005, n. 14335.
Non sussiste invece la giurisdizione del g.a. in materia  di corrispettivi per le prestazioni effettuate nell'ambito del S.s.n., per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale, in parte qua, dell'art. 33 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205, per effetto della sentenza della Corte cost. 6 luglio 2004 n. 204.
Ciò comporta il venire meno della specifica giurisdizione esclusiva su tutti i rapporti non ancora esauriti, con la conseguente mancanza del potere del g.a. di applicare, nella materia, l'art. 8 comma 1, L. 205 del 2000 e perciò di emettere, in particolare decreti ingiuntivi in tema di indennità, canoni e altri corrispettivi, stante l'efficacia retroattiva - prevalente sul contrario principio delle perpetuatio jurisdictionis sancito dall'art. 5 c.p.c. - che assiste le pronunce della Corte costituzionale.
Il giudizio di opposizione deve, pertanto, concludersi con una pronuncia di annullamento del decreto ingiuntivo opposto in conseguenza della dichiarazione del difetto di giurisdizione del g.a. che l'ingiunzione ha emesso. Cons. St., sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7145.
Per quanto riguarda i rapporti tra le USL e i dipendenti del servizio sanitario bisogna distinguere i  rapporti instaurati sulla base di convenzioni nazionali previste dall'art. 48 della L. 833 del 1978 tra medici specialisti liberi professionisti ed i rapporti che configurano un vero e proprio rapporto di dipendenza con la USL.
I rapporti del primo tipo s'inquadrano nello schema dei rapporti di collaborazione di diritto privato.
Essi si concretizzano in una prestazione d'opera continuata e coordinata prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato, la cosiddetta parasubordinazione, ex art. 409 n. 3 del c.p.c.
Le controversie relative, una volta stipulata la convenzione, allo svolgimento ad alla risoluzione del rapporto di lavoro autonomo parasubordinato rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, atteso che il rapporto stesso attribuisce al medico veri e propri diritti soggettivi.
La controversia attinente, invece alla fase che precede la stipula della convenzione come, ad esempio, quella relativa all'annullamento della delibera dell'amministrazione sanitaria con la quale è disposto l'inserimento di medici in una graduatoria di soggetti aspiranti alla conclusione di un rapporto convenzionato, riferendosi all'esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, rispetto al quale gli aspiranti vengono a trovarsi in una posizione di interesse legittimo, rientrano nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo. T.A.R. Toscana, sez. II, 17 novembre 2004, n. 5961, in Foro amm. TAR, 2004, 3337.
701
La giurisprudenza sostiene che la domanda di rimborso di spese ospedaliere, sostenute all'estero dall'assistito dal S.S.N., senza previa autorizzazione degli organi di tale servizio attiene ad una posizione di interesse legittimo, attesa la sussistenza in proposito di un potere autorizzatorio dell'autorità amministrativa che è espressione di discrezionalità amministrativa ed ha ad oggetto la valutazione della propria capacità di soddisfare l'esigenza dell'assistito, tempestivamente ed in forma adeguata, anche sotto il profilo della disponibilità finanziaria. Cass. ss.uu., 19 febbraio 1999, n. 85.
L'art. 4, D.M. 3 novembre 1999, che richiede la previa autorizzazione al ricovero estero, segna un punto di ragionevole equilibrio tra la tutela del diritto alla salute e quella di altri beni giuridici parimenti tutelati dalla Costituzione. Esso non contrasta con la normativa comunitaria sul diritto di libera circolazione delle persone atteso che, in base al successivo art. 7, D.M. 3 novembre 1999, cit., ben può il cittadino intracomunitario rivolgersi a strutture sanitarie appartenenti ad uno dei paesi dell'UE ove sussistano obiettive ragioni di urgenza inconciliabili con i tempi e le possibilità del ricovero interno. T.A.R. Lazio Latina, 14 ottobre 2005, n. 1071, in Foro amm. TAR, 2006, 2 641. C. VIDETTA, Ancora sulla compatibilità della disciplina italiana per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero con i principi comunitari, in Foro amm. TAR, 2006, 2, 645.


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