venerdì 24 febbraio 2017

Il diritto all’accesso.

1           Il diritto all’accesso.



L’art. 22, l. 241/1990, ribadisce che il diritto all’accesso ai documenti amministrativi è teso a favorire la partecipazione dei cittadini all’azione della pubblica amministrazione capovolgendo la tradizionale riservatezza che ha caratterizzato l’azione amministrativa (Forlenza O. Difensore civico, tutela alternativa al giudice, in GD, n. 10, 2005, 95).
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi può essere di tipo partecipativo o conoscitivo.
L’accesso partecipativo si svolge nell’ambito del procedimento amministrativo ad iniziativa di coloro che hanno un interesse al provvedimento e rappresenta una modalità di partecipazione del privato al procedimento.
L’accesso conoscitivo è esercitato da chiunque sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante, a prescindere dalla circostanza che il procedimento sia in corso di svolgimento e dalla necessità di tutelare un proprio interesse (Cassese S. (a cura di), Diritto amministrativo generale 2000, 1038).
La giurisprudenza distingue il diritto all’accesso dal diritto alla visione degli atti, riconoscendo la stessa tutela giurisdizionale (T.A.R. Puglia, sez. II, Bari, 22.7.1999, n. 521, T.A.R., 1999, I, 4089).
La norma precisa che  l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ex  art. 22, 2° co., l. 241/1990, mod. art. 10, l. 69/2009.
La giurisprudenza giunge ad affermare un diritto più generale all’informazione sull’attività dell’amministrazione.
È legittima l'istanza d'accesso concernente informazioni, piuttosto che atti o documenti detenuti dalla p.a. destinataria della richiesta, in quanto, per un verso, il reale oggetto della domanda d'accesso è l'informazione incorporata nel documento - attesa la natura meramente strumentale del supporto documentale - e, per altro, stante il carattere formale dell'attività amministrativa, la p.a. stessa può fornire informazioni contenute nei documenti in suo possesso o da questi desunte (Cons. St., sez. V, 23.1.2001, n. 207, Gior. Dir. Amm., 2001, 1141).
L'istituto dell'accesso trova applicazione nei confronti di ogni tipologia di attività della p.a. - anche nel caso di atti riepilogativi di dati di cui essa sia in possesso - poiché i principi di trasparenza, buon andamento ed imparzialità costituiscono i valori essenziali di riferimento di ogni comportamento dell'amministrazione.
Quando l'amministrazione abbia redatto tali atti riepilogativi, non vi sono ragioni per sottrarli alla normativa sull'accesso e non rileva il fatto che essi non siano stati tipicamente disciplinati dalla legge (Cons. St., sez. VI, 25.2.2003, n. 1055, FACDS, 2003, 667).
Detto principio conferma il diritto all’informazione; esso è diametralmente opposto al diritto che l’amministrazione può rivendicare alla segretezza per la sua azione; esso deve rimanere eccezionale.
Nel nostro ordinamento, il principio di pubblicità dei documenti amministrativi ha subito un totale cambiamento di prospettiva, nel senso che, se finora il segreto era la regola e la pubblicità l'eccezione, ora è vero il contrario. Ne consegue che il diritto di accesso ai documenti amministrativi prevale sulla esigenza di riservatezza del terzo, ogniqualvolta l'accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di dimostrati interessi giuridici del richiedente, fatti valere in giudizio (T.A.R. Puglia Salerno, sez. I, 22.6.2004, n. 1566, FATAR, 2004, 1808).
Per la giurisprudenza è principio generale di derivazione comunitaria, nei procedimenti inerenti pubblici appalti, quello secondo il quale va garantita ad ogni partecipante la piena, tempestiva e completa informazione su ogni decisione della stazione appaltante in ordine al procedimento stesso, anche relativamente alle determinazioni infraprocedimentali, informazione finalizzata al contraddittorio ed al giusto procedimento con la parte che vi ha interesse.( T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 15 dicembre 2009, n. 1295).
La norma precisa che il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, ex art. 23,l.241/1990, mod. art. 2, l. 15/2005.



1.1         L'accesso alla giustizia ambientale delle organizzazioni non governative.



L'accesso in materia ambientale è regolamentato dall’art. 14, comma 3, l. n. 349 dell'8 .7.1986, istitutiva del Ministero dell'Ambiente.
La norma  autorizza qualsiasi cittadino ad inoltrare istanze di accesso alle informazioni sullo stato dell'ambiente.
Nonostante la sopravvenuta l. 241/90, il diritto di accesso all'informazione ambientale non è stato, del resto, riservato alle sole parti interessate.
L’art.3, d. lgs. 25 .2.1997 n. 39, mod. art. 3 del d. lgs. 195/2005 in attuazione dei principi della Direttiva C.E.E. n. 90/93, ha stabilito che le autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibile le informazioni relative all'ambiente a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dimostrare il proprio interesse"
La giurisprudenza amministrativa ha, poi, chiarito e confermato che il diritto di accesso alle informazioni possedute dall'Amministrazione, in materia di ambiente, spetta non solo ai cittadini, ma anche alle associazioni di protezione ambientale (T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 10.12.2008, n. 4082, in Foro amm. T.A.R., 2008, 12, 3442).
La Corte di Giustizia con sentenza della Sez. II, 15 .10. 2009 (nel procedimento C-263/08), sulla questione dei diritti di tutela giudiziale delle organizzazioni non governative ha affermato che, sebbene dal combinato disposto dell'art. 10-bis e dell'art. 1, n. 2 della direttiva 85/337 venga affidato ai legislatori nazionali il compito di determinare i presupposti che possono essere richiesti perché un'associazione possa esercitare il diritto al ricorso, tuttavia le norme nazionali debbono in ogni caso garantire l'obiettivo dell'"ampio accesso alla giustizia" e l'"effetto utile" delle disposizioni della direttiva
Coloro i quali vantano un "interesse sufficiente" per contestare un progetto e i titolari di diritti lesi da quest'ultimo, tra cui le associazioni di tutela ambientale, debbono poter agire dinanzi al giudice competente.
Facendo applicazione di questi principi generali, i giudici europei precisano che una legge nazionale può senz'altro imporre che siano legittimate a ricorrere le associazioni che abbiano un oggetto sociale attinente alla protezione della natura e dell'ambiente, e può altresì stabilire requisiti rilevanti sotto il profilo dell'effettività dell'esistenza e dell'attività dell'organizzazione, tra cui anche la previsione di un numero minimo di aderenti, purché tale dato quantitativo non venga fissato dalla normativa dello Stato membro ad un livello tale da rendere disagevole la possibilità di accesso alla giustizia.
La direttiva 85/337 non concerne soltanto operazioni di portata nazionale o regionale, ma anche interventi di dimensioni limitate in ordine alle quali sono le associazioni ambientaliste locali le più indicate per farsene carico.
Per questo afferma la Corte  una normativa nazionale che riservi il diritto al ricorso contro decisioni relative ad operazioni che rientrino nel campo applicativo della direttiva alle sole organizzazioni con un numero minimo di 2000 associati è tale in concreto da privare le associazioni ambientaliste locali del diritto a proporre ricorso nella materia e, come tale, contrasta col diritto comunitario.
Né − si precisa − tale limitazione della possibilità di ricorso giurisdizionale delle associazioni − come di qualsiasi altro membro del pubblico interessato − può essere giustificata da eventuali ampie possibilità di partecipazione concesse a monte dalla normativa nazionale in fase di elaborazione della decisione di autorizzare un progetto (anche quando tale decisione venga assunta da un organo giurisdizionale nell'ambito di eventuali sue competenze di natura amministrativa (Ceruti M., L'accesso alla giustizia amministrativa in materia ambientale in una recente sentenza della Corte di Giustizia e la lunga strada per il recepimento della convenzione di Aarhus da parte dell'Italia. Nota a:Corte giustizia CE, sez. II, 16.7.2009, n. 427, in Riv. giur. Amb., 2010, 01, 0114).











2           L'accesso nei confronti dei gestori di pubblici servizi.


L’art. 1 ter, l. 241/1990, mod. dall'art. 7, comma 1, lett. a), della l. 18 giugno 2009, n. 69, afferma che i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di economicità, di efficacia, di imparzialità , di pubblicità e di trasparenza cui è informata l’azione della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza ha affermato che pur non essendo Trenitalia s.p.a. un soggetto concessionario, ma operante nel regime di mercato in forza di licenza, essa gestisce tuttavia un servizio pubblico, quale è il trasporto su rotaie, anche se non in forza di concessione.
Si applica, pertanto, nei suoi confronti l'art. 23, l. 241 del 1990, secondo cui "il diritto di accesso di cui all'art. 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi", indipendentemente dal titolo giuridico in base al quale viene gestito il servizio pubblico (Cons. Stato , sez. VI, 23.10.2007, n. 5569).
Ora la tutela amministrativa si scontra con la rapidità delle decisioni dei soggetti gestori di pubblici servizi Se la tutela non è sollecita, tali soggetti che devono rispondere della motivazione almeno delle loro scelte sono sciolti da ogni controllo.
Il sacrosanto diritto di accesso può essere utilizzato almeno per conoscere le motivazioni di provvedimenti che sono destinati ad incidere profondamente sui destinatari là dove gli stessi servizi hanno un costo che ricade sui contribuenti?
Si tratta di avere informazioni che possono portare a valutare se intraprendere o meno tutele giudiziarie.
L’accesso al procedimento rischia di essere precluso nei confronti dei gestori di pubblici servizi.
L' ambito applicativo del d.lgs. n. 195 del 2005, per quanto esteso, non può dare titolo ad una forma di accesso indiscriminato a tutte le pratiche inerenti ad un determinato settore di attività amministrativa, non potendosi il diritto all'informazione in materia ambientale, al pari del diritto di accesso in genere, tradursi in uno strumento di controllo sistematico e generalizzato sulla gestione di tutti i procedimenti amministrativi in itinere e, più in generale, sull'intero operato di un ente pubblico, che finirebbe per conferire ad un'associazione privata poteri ispettivi che non le competono. (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 18 maggio 2009, n. 2359).
La giurisprudenza ha affermato la giurisdizione amministrativa sugli atti autoritativi concernenti il rapporto di pubblico impiego emanati dall'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato. Essi  non sono diventati atti negoziali privati con l'entrata in vigore della l. 17 maggio 1985, n. 210 (la quale, istituendo l'Ente Ferrovie dello Stato quale successore dell'Azienda predetta, ha determinato la trasformazione "ex nunc" del rapporto di impiego pubblico in rapporto di diritto privato), ma hanno conservato la natura di atti amministrativi dei quali il g.o. conosce nell'esercizio della giurisdizione concernente il rapporto di lavoro con l'ente pubblico economico. (Cass. Civ. , sez. lav., 18 luglio 2007, n. 15974).
Del pari la s.p.a. Ferrovie dello Stato, quando stipula appalti di opere pubbliche o di servizi pubblici, assume la qualifica di amministrazione aggiudicatrice soggetta alla giurisdizione amministrativa. (Cass. Civ. , sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4424).


3           L’accesso agli atti comunali.



Il d.lgs. n. 267/2000 sancisce il generale principio della pubblicità di tutti gli atti delle amministrazioni locali riprendendo i principi fissati dalla legge sull’accesso al procedimento amministrativo.
La norma sancisce che tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione - conformemente a quanto previsto dal regolamento - in quanto la loro diffusione può pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese.
Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione.
Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni, ex art. 10, d.lgs. n. 267/2000.
La giurisprudenza limita il diritto di accesso  ritenendo applicabile il principio che sancisce la necessità di un interesse specifico per ottenere l’accesso all’atto amministrativo.
Essa ritiene che la norma nel sancire il generale principio della pubblicità di tutti gli atti delle amministrazioni locali, non deroga affatto ai principi stabiliti dall'art. 25, l. 241 del 1990, per quanto attiene ai presupposti per l'esercizio del diritto di accesso; ne consegue che anche l'ostensione dei suddetti atti può essere domandata solo da chi vanti un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.(Cons. St., sez. V, 29.11.2004, n. 7773, in Dir.Giust., 2005, f. 3, 104).
Nel procedimento di rilascio di permesso di costruire, ad esempio, il parere obbligatorio della commissione edilizia e del responsabile del procedimento in capo al procedimento autorizzatorio rappresenta un elemento di necessario acclaramento dei presupposti del provvedimento autorizzatorio.
Le motivazioni del contenuto del provvedimento ovvero il processo logico attraverso il quale la commissione ha articolato il suo parere sono elementi fondamentali per ogni iniziativa del richiedente cui è consentito l’eventuale accesso.
La giurisprudenza impedisce l’accesso a tali atti riducendo, a mio avviso, la tutela sulla stessa facoltà di accertare la scansione temporale della definizione del provvedimento, rendendo più evidente la possibilità dell’amministrazione di rimanere inerte.
La disposizione, in materia di concessione edilizia, deve essere interpretata nel senso che non è configurabile il diritto anzidetto con riguardo al parere reso dalla commissione edilizia, che costituisce, rispetto all'atto concessivo, o al diniego, del sindaco, un atto meramente preparatorio, non riconducibile agli atti interni considerati dalla norma, conseguibili prima della formazione del provvedimento. Essi sono soltanto quelli che hanno autonomia funzionale nell'ambito del procedimento ovvero che si pongono in termini di arresto procedimentale della pretesa azionata, condizioni che non ricorrono rispetto al parere della commissione edilizia comunale (T.A.R. Puglia, sez. II, Bari, 3.3.1993, n. 71, T.A.R., 1993, I, 2077).
A fronte del diritto all’accesso il richiedente deve corrispondere all’amministrazione una somma relativa alle spese per il rilascio delle copie.
La pretesa dell'amministrazione comunale volta ad ottenere, con disposizioni di carattere generale, non solo il rimborso dei costi di fotoriproduzione, ma anche delle spese sostenute per la ricerca degli atti e l'evasione della pratica deve ritenersi del tutto legittima, né tale previsione è irragionevole, illogica o, comunque, limitativa del diritto di accesso.
Nel caso di specie il costo quantificato in euro 2,00 per ogni atto è stato ritenuto legittimo (Cons. St., sez. V, 25.10.1999, n. 1709, in Cons. St, 1999, I, 1637).
Ogni questione relativa alle spese spetta al giudice amministrativo che ha ritenuto illegittima la decisione dell'ente che prevedeva a carico del richiedente l'ulteriore somma di euro 5,00 nel caso di attivazione delle procedure di notifica ad ogni eventuale controinteressato, richiamando l'art. 9 del proprio regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso. Tale previsione è in contrasto con l'art. 25, l. n. 241 del 1990. La norma dispone che il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di misura. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 20.7.2007, n. 1277).
La controversia instaurata da un cittadino contro il comune al fine di ottenere la restituzione di una parte della somma (ritenuta eccessiva) richiesta per il rilascio di copia di un rapporto della polizia municipale appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell'art. 25, l. 241/1990, trattandosi di impugnazione di una determinazione amministrativa concernente il diritto di accesso (Cass. civ., Sez. U., 13.4.2000, n. 131, in Giur. It., 2000, 1923).




4           L’intervento del difensore civico sul silenzio.


Le funzioni del difensore civico sono state raccordate alla tutela giurisdizionale sul silenzio nell'accesso al procedimento amministrativo dall’art. 25, l. 241/1990, così come mod. dall’art. 17, comma 1, lett. a), l. 15/2005.
L’azione del difensore civico è posta in sostituzione, ma non in alternativa al ricorso al T.A.R., in caso di rifiuto espresso o tacito o nel caso di differimento dell’accesso alla documentazione amministrativa (CARINGELLA F., Corso di diritto amministrativo, 2004, 1990).
La facoltà di reclamo al difensore civico non è, infatti, alternativa al ricorso giurisdizionale bensì è considerata uno strumento di contenimento del contenzioso in materia che può trovare composizione con l’intervento del difensore.
Il ricorso giurisdizionale può essere sempre proposto.
La giurisprudenza ha affermato che, nel caso in cui l'interessato si sia rivolto al difensore civico, il termine per il ricorso giurisdizionale decorre dalla data di ricevimento della determinazione adottata dal difensore civico sulla sua istanza, secondo il disposto del comma 4 dell’art. 25, l. 241/1990, fermo restando che l'onere di allegare e provare la data di ricezione della suddetta decisione adottata dal difensore civico incombe sul ricorrente cui sia eccepita la tardività nella presentazione del ricorso. (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 26.10. 2004, n. 15415).
Il difensore civico si pronuncia entro trenta giorni dall’istanza. Il silenzio del difensore equivale a diniego.
Se il difensore ritiene illegittimo il diniego o il differimento del diritto di accesso comunica le sue conclusioni all’autorità interpellata e al richiedente.
L’autorità adita deve emettere un provvedimento che confermi il suo diniego altrimenti, in caso contrario, l’accesso è consentito.
L’accesso può consistere in un atto di esibizione dei documenti.
Al fine di ottenere detto risultato l’autorità adita, oltre che un provvedimento confermativo del diniego, deve emettere un provvedimento espresso in cui siano indicate le modalità di accesso onde consentire l’esercizio del riconosciuto diritto all’accesso del richiedente.
Detto atto può consistere in una semplice comunicazione che determini le modalità per l’esercizio del diritto di accesso, ex art. 25, comma 4, l. 7 .8.1990, n. 241, mod. art. 17, comma 1, lett. a), l. 15/2005.
Qualora, dopo le determinazioni del difensore civico, persista la mancata ottemperanza all’ordine dell’autorità amministrativa si configura per il responsabile del procedimento la contravvenzione di cui all’art. 650, c.p., che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206 l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità.
La giurisprudenza ha precisato che anche gli atti del difensore civico sono soggetti al diritto di accesso da parte dei soggetti interessati.
Le domande devono esser rivolte direttamente al difensore civico e non al comune.









5           L’accesso agli atti del difensore civico.


La giurisprudenza ritiene che sussista la possibilità di richiedere informazioni sull'attività del difensore civico, che è garante della imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione comunale.
Essa distingue fra richieste generiche e richieste su procedimenti specifici espressamente individuati dal richiedente
La genericità della domanda di accesso con riferimento alla richiesta di informazioni sugli appalti visionati e sui rapporti inviati alla magistratura penale o contabile deve essere respinta in quanto rivolta sostanzialmente ad un controllo generalizzato dell'attività dell'Ufficio del difensore civico, alla stregua di quanto prescritto dall'art. 24, comma 3°, l. n. 241/1990. (T.A.R. Lazio, sez. II, n. 11388/2005).
L’istanza deve essere rivolta ad acquisire le informazioni su alcuni aspetti dell'attività svolta dal difensore civico con e ad esempio nella fattispecie appalti visionati, rapporti inviati alla magistratura penale o contabile, costi sostenuti per la campagna di informazione dalla Studio Boyer & Associati, bilancio dettagliato delle spese sostenute e ciò rientra comunque nel diritto di accesso purché tali informazioni siano racchiuse in documenti amministrativi, come desumibile dall'art. 22, comma 4, l. 241/1990 e successive modificazioni che esclude dall'accesso solo le informazioni che non abbiano forma di documento amministrativo. (Cons. St., sez. V, 7.11.2007, n. 5780).
In particolare è stato ritenuto che il CODACONS è un'associazione a tutela di consumatori ed utenti, iscritta nell'elenco di cui all'art. 137, D.L.vo n. 206 del 2005, che ha come finalità quella di tutelare, anche con il ricorso alla strumento giudiziario, gli interessi dei consumatori e degli utenti nei confronti dei soggetti pubblici e privati, produttori o erogatori di beni e servizi ed è legittimata ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti ai sensi degli art. 2 e 139 del d.lg. n. 206 del 2005. Perciò, detta associazione ha legittimazione a richiedere informazioni sull'attività del difensore civico, che è garante della imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione comunale, ai sensi dello statuto comunale. Non può, quindi, escludersi in generale l'incidenza dell'attività del difensore civico sugli interessi dei consumatori e degli utenti rappresentati dal Codacons. (Cons. St., sez. V, 2007, n. 5780, cit.).














6           Il diritto di accesso del consigliere comunale.



La dottrina rileva che il consigliere comunale ha un diritto di accesso agli atti dell’amministrazione che deriva dall’espletamento delle proprie funzioni connesse all’esercizio del mandato ((Narducci F:, Guida Normativa  per l’amministrazione locale , 2010, 72).
La norma precisa che i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.
Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare, ex art. 10, d.lg. n. 267/2000.
Il consigliere comunale che eserciti il diritto di accesso non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli organi burocratici dell'ente hanno titolo a richiederlo, tuttavia la richiesta di accesso deve essere determinata e non generica.
Anche la richiesta di accesso ai documenti amministrativi avanzata da un consigliere comunale deve essere determinata e non generica, secondo quanto disposto dall'art. 3, 2° co., d.p.r. 27.6.1992, n. 352.
Ai fini della legittimazione all'accesso dei consiglieri, è necessaria l'esternazione di tale qualifica, insieme alla precisazione degli atti cui si intende accedere. Nella fattispecie in esame, le richieste di accesso risultano inammissibili in quanto, essendo riferite a tutti gli atti adottati successivamente al 1 gennaio 2001 ed a quelli ancora da adottare, distinti solo per tipologia, risultano prive della individuazione specifica dell'oggetto, su cui avrebbe dovuto esercitarsi il diritto di accesso (Cons. St., sez. V, 13.11.2002, n. 6293, in  Nuovo Dir., 2003, 836).
Il diritto d’accesso al procedimento amministrativo, di norma, è escluso quando vi sia la necessità di tutelare un segreto (Centofanti N. Il ruolo del consigliere comunale nella programmazione urbanistica, in Nuova Rass., 2005, 1417).
La norma esclude il diritto di accesso per gli atti coperti da segreto di Stato, per i procedimenti tributari che sono regolati da norme specifiche - quali il cosiddetto statuto del contribuente - per gli atti di pianificazione, regolati dalla legge urbanistica, e per quelli di programmazione, regolati da disposizioni speciali, per i dati psicoattitudinali utilizzati in sede di concorso, ex art. 24, l. 7.8.1990, n. 241, mod. art. 16, l. 15/2005.
Il privato che vuole esercitare il diritto all’accesso, ad esempio per prendere visione della documentazione nella fase formativa di uno strumento urbanistico, deve seguire la procedura prevista dall'art. 9 della l. urb., che prevede la possibilità di prendere in visione, presso gli uffici comunali, il progetto di piano una volta che questo sia stato adottato. Si pone il problema se il consigliere comunale possa accedere alla visione del progetto in una fase antecedente alla adozione del piano.
La giurisprudenza ha escluso tale possibilità affermando che il consigliere comunale non è titolare del diritto di accesso o di visione degli elaborati progettuali relativi ad una variante al piano regolatore generale quando detti elaborati non siano stati ancora recepiti dalla giunta, rimanendo così al livello di mero studio preliminare. (T.A.R. Umbria, 21 .12.1994, n. 899, in T.A.R., 1995, I, 692).

La giurisprudenza però ammette il diritto del consigliere comunale alla visione ed all'accesso alla documentazione relativa alla fase preparatoria della revisione del piano regolatore generale. (T.A.R. Liguria, sez. I, 3 .12. 1994, n. 448, in T.A.R., 1995, I, 613).

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