martedì 28 febbraio 2017

fase costitutiva dell’adozione del provvedimento


1                     La fase costitutiva.



La fase costitutiva volta all’adozione del provvedimento analizza gli elementi raccolti dal responsabile del procedimento li valuta ed acclara nell’atto la volontà dell’amministrazione.
Vi è, in sostanza, coincidenza dei soggetti là dove l’organo preposto alla fase istruttoria sia il medesimo designato all’adozione sia monocratico (Sandulli A., Il procedimento, in Cassese S. (a cura di) Diritto amministrativo generale 2000, 988).
Ad esempio, il funzionario preposto all’atto determina la sua volontà contestualmente alla raccolta dei dati istruttori.
Qualora si tratti invece di organo collegiale nella fase costitutiva si deve dare atto del modo in cui si determina la volontà ed, in particolare, della ritualità della convocazione, della verifica del numero legale, delle maggioranze previste per l’oggetto in discussione ecc.
Lo schema procedimentale tende a complicarsi ulteriormente qualora nel procedimento si inseriscano più organi; in tale caso si pone il problema se l’atto non ancora perfetto possa esplicare effetti ovvero se il procedimento debba attendere l’espletarsi di ulteriori subprocedimenti che ne condizionano l’iter ovvero se più procedimenti, pur nella loro autonomia, possano esplicare effetti gli uni sugli altri.
Nell’eventualità che più organi concorrano nel procedimento amministrativo, il principio generale afferma che l’atto non è perfetto fino a che le loro volontà non si sono manifestate; l’atto è, pertanto, impugnabile solo alla fine del procedimento.

















2                    Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza.

 

L'istituto del preavviso di rigetto è stato introdotto, in seno al procedimento amministrativo, dalla l. 11.2.2005, n. 15, la quale ha inserito all'interno della l. n. 241 del 1990 l'art. 10-bis, disponendo che nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
La dottrina rileva che  la comunicazione di cui all'art. 10-bis, è stata prescritta in un'ottica partecipativa: essa va infatti realizzata, nei confronti di chi abbia presentato istanza a provvedere, in via prodromica al provvedimento di rigetto che l'amministrazione si sia determinata ad adottare.
Lo scopo è quello di consentire al richiedente di prendere parte all'istruttoria, con l'eventuale deposito di osservazioni scritte e/o di documenti, al fine di far mutare il convincimento già formatosi nell'amministrazione circa l'assunzione dell'atto negativo.
La funzione partecipativa è resa ancor più evidente dalla circostanza che le ragioni dell'eventuale mancato accoglimento delle osservazioni debbano essere esposte nella motivazione del provvedimento conclusivo di diniego eventualmente adottato. (D'Angelosante M., L'azione amministrativa dalla efficacia alla esecuzione nella riforma della legge 241 del 1990, in Dir. amm., 2009, 3, 723).
L’istituto mirante a rafforzare la trasparenza dell'azione amministrativa, attraverso la partecipazione dell'interessato al processo determinativo della pubblica amministrazione, nei procedimenti che prendono avvio dall'istanza degli interessati: la funzione, pertanto, è quello di creare un «contraddittorio rafforzato», con fini di disincentivazione del contenzioso, in quanto la p.a., orientata a rigettare l'istanza del privato, dà a quest'ultimo, con l'esplicitazione delle ragioni ostative all'accoglimento, la possibilità di fare valere prima della conclusione del procedimento eventuali censure, altrimenti riservate in via esclusiva alla fase giurisdizionale.
La dottrina afferma che la natura pre-decisoria del preavviso di rigetto incide, poi, anche sul regime impugnatorio dell'atto medesimo: trattandosi, infatti, di atto endoprocedimentale, esso non è immediatamente lesivo della sfera giuridica dell'interessato, il quale, pertanto, non è legittimato ad impugnarlo. (Ianni G., Pubblica amministrazione e obbligo di motivazione dei provvedimenti: gli oneri gravanti sulla p.a. in caso di preavviso di rigetto ed annullamento in via di autotutela, in Giur. Merito,  2010, 4, 1105).
La giurisprudenza amministrativa afferma che  tale impugnativa soggiace alla disciplina di cui all'art. 21-octies comma 2, l. n. 241 del 1990  secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
La violazione formale dell'art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 non assume una portata viziante ove l'amministrazione procedente dimostri che il contenuto del provvedimento reiettivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.( T.A.R. Roma Lazio,sez. II, 27.11.2009, n. 11946).

 











3                    Il silenzio su provvedimento richiesto ad istanza di parte.

 

La fase costitutiva segue linee procedimentali diverse a seconda che il provvedimento sia richiesto su istanza di parte ovvero che esso sia conseguente alla funzione esercitata dall’amministrazione essendo esplicazione obbligatoria o facoltativa dei suoi poteri.
Qualora il provvedimento sia richiesto su istanza di parte, nella fase costitutiva l’amministrazione analizza gli elementi raccolti in istruttoria, li valuta ed accerta nell’atto la volontà dell’amministrazione (Mattarella B.G.,  Il provvedimento, in Cassese S. (a cura di) Diritto amministrativo generale 2000, 795).
Vi è praticamente coincidenza delle due fasi là dove l’organo preposto alla fase preparatoria sia monocratico; si pensi al funzionario incaricato dell’atto che esplica la sua volontà contestualmente alla raccolta dei dati istruttori.
In ogni caso la giurisprudenza esclude la possibilità per l’istante di presenziare davanti all’autorità amministrativa, specie se trattasi di organo collegiale, per esporre le sue ragioni.
Le regole di partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241 del 1990 non prevedono che il destinatario dell'atto conclusivo possa presenziare o interloquire presso un corpo deliberante (qual è la Conferenza di servizi, ancorché non collegiale, ma solo coordinativa degli interessi pubblici recati dalle singole amministrazioni coinvolte, che ne restano singolarmente responsabili), nel momento in cui esso assume la propria statuizione. (T.A.R. Lazio, sez. III, 14.6.2004, n. 5706).
Negli atti complessi l’atto di norma è valido ed efficace solo se il procedimento è completato con l’approvazione di tutti gli organi interessati.
Esistono casi in cui l’adozione dell’atto da parte di un’autorità - ad esempio l’adozione del piano regolatore - esplica direttamente effetti sui privati interessati alle sue disposizioni, consentendo, nel caso in esame, l’applicazione delle misure di salvaguardia. L’atto è considerato perfetto, e come tale impugnabile, pur non essendo concluso il procedimento amministrativo. Se il piano non dovesse essere approvato quelle norme non avrebbero alcun effetto ex tunc, con conseguente carenza di interesse all’impugnativa del ricorrente.
La fase costitutiva è, consequenzialmente, obbligatoria nella scansione procedimentale, poiché non si vede il senso logico di iniziare un procedimento e poi non porlo in essere.
Non mancano, però, ragioni - non certo di opportunità amministrativa - che inducono, a volte, le amministrazioni a non adottare il provvedimento definitivo.
Nei provvedimenti su istanza di parte è lo stesso soggetto che ha interesse a contrastare il silenzio dell’amministrazione.


4                    Il silenzio su provvedimenti ad iniziativa d’ufficio.



Nei procedimenti su iniziativa di ufficio l’amministrazione agisce nell’ambito di poteri discrezionali e non ha alcun obbligo ad assumere un provvedimento finale; spetta ai controinteressati o ai terzi che, ad esempio, sollecitano un intervento repressivo diffidare l’amministrazione ad assumere un comportamento positivo in ordine alla richiesta di esercizio del potere di autotutela.
La giurisprudenza precisa che i poteri di autotutela devono essere esercitati nel rispetto del principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell'attività amministrativa, Il procedimento deve essere  preceduto dall'avviso di avvio del procedimento e dal rispetto di tutte le forme sostanziali e procedimentali previste per gli atti in autotutela, ivi compreso il rispetto del tempo ragionevole entro cui emettere il citato provvedimento di secondo grado. (T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 22.9.2009, n. 676).






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