mercoledì 22 febbraio 2017

CE. direttiva Bolkestein

CE. direttiva Bolkestein,

Nel 2010 il governo recepisce la direttiva “Servizi”, alias direttiva Bolkestein, con il decreto legislativo n. 59. Nel procedimento, l’esecutivo provvede a inserire delle definizioni puntuali e specifiche che vanno a toccare alcuni settori, tra cui il commercio su area pubblica.
I venditori di tutta Italia – circa 200 mila microimprese – si vedono così inseriti, dal mattino alla sera, nell’applicazione più intransigente della direttiva, l’articolo12, che prevede la messa a bando periodica di tutte le attività soggette a regimi autorizzatori e il divieto di dare vantaggio alcuno al prestatore uscente. Peccato che gli ambulanti debbano acquisire con tanto di atto notarile le attività economiche dove intendono esercitare (posteggi di mercato ecc..) e subire l’apertura del settore alle grandi SpA e Coop, fine degli atti di programmazione regionale che permettevano uno sviluppo armonico del comparto.
E’ in questo contesto che iniziano a costituirsi associazioni autonome del commercio ambulante un po’ su tutto il territorio.
Poco importa che molte famiglie abbiano investito lavoro e capitali nella loro attività con la prospettiva di qualche decennio, e nulla importa che molti altri stati membri abbiano ignorato completamente la categoria dal recepimento della norma europea, peraltro senza incorrere in sanzioni, nell’estate del 2012 il governo Monti, per mezzo della Conferenza Unificata, conferma l’applicazione dell’articolo 12 della direttiva agli ambulanti italiani, ma i comuni potranno, per la prima applicazione, dare qualche punto in più ai vecchi colleghi.
La Regione Piemonte vara una legge che mette dei paletti alla direttiva: finché i mercati saranno costellati da posteggi vuoti, assegnabili dai comuni senza particolari difficoltà, i posteggi occupati non andranno a bando. Purtroppo l’impugnazione alla Consulta, che considera la materia di esclusiva competenza statale (“concorrenza”) e la crisi politica del governo Cota, non permetteranno di portare a termine questo processo di revisione. In seguito, la sentenza della Corte europea sui balneari confermerà la direzione presa a suo tempo dal Piemonte: l’applicabilità dell’articolo 12 andrebbe valutata caso per caso tenendo conto dell’effettiva scarsità di spazi per esercitare una determinata attività.
La risoluzione “Della Valle”, che mirava proprio a mettere il Governo nelle condizioni di escludere il settore dall’applicazione della direttiva verrà emendata dal PD: prima di parlare di esclusione si valutino le criticità applicative dell’attuale quadro normativo per mezzo di un tavolo presso il MISE.
Tuttavia il tavolo non viene convocato.
Il decreto Franceschini permette di revocare le concessioni per il commercio su area pubblica con un indennizzo minimo all’esercente. Nel mentre altri comuni chiedono al governo di trovare una soluzione: capofila Torino, dove il GOIA ha la sua sede nazionale.
L’ANCI per mezzo del presidente De Caro appoggia questa visione e, finalmente, il sottosegretario allo Sviluppo economico Gentile ne prende atto: i problemi ci sono e vanno risolti.
Il parere reso dal Garante della Concorrenza, GiovannPitruzzella, con il quale si confermano definitivamente le criticità dei bandi, convincerà il nuovo Governo a seguire la strada del predecessore, e il 30 dicembre, nel Decreto “milleproroghe”, arriva la notizia: le scadenze sono allineate a fine 2018.
Ma la battaglia è tutt’altro che finita: se infatti molti comuni, prendendo atto del decreto, sospendono in autotutela i bandi in attesa della definitiva conversione in legge, altri pretendono di continuare mettendo così incertezze su incertezze a carico di una categoria che attende da quasi dieci anni una soluzione. Non dimentichiamo infatti che dietro all’esperimento dei bandi (stimati in circa un milione di procedimenti) si annidano una serie di interessi legati ai costi che essi comportano per pubblica amministrazione e operatori. Nella discussione sul milleproroghe al Senato, i senatori avranno quindi la possibilità di far capire all’Italia se – dopo il No al referendum –  la “camera alta” riesca a rappresentare ancora realmente gli interessi del popolo. http://formiche.net/2017/02/18.



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