martedì 28 febbraio 2017

Antoniani Fabiano. dj Fabo

Antoniani Fabiano. dj Fabo

Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, cieco e tetraplegico in seguito ad un incidente d'auto tre anni fa, è morto stamattina in Svizzera dopo essersi sottoposto all'eutanasia attiva.
"Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l'aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte.
L'ex dj è stato «aiutato a morire» nella clinica Dignitas di Forck, a una decina di chilometri da Zurigo, affiliata tra l'altro alle associazioni italiane Exit Italia, Libera Uscita e Associazione Luca Coscioni. Nella Confederazione elvetica organizzazioni quali Exit e Dignitas forniscono un'assistenza al suicidio nel quadro previsto da un articolo del Codice penale in virtù del quale l'assistenza al suicidio non è punibile se non vi sono "motivi egoistici".
Monsignor Paglia: porre fine ad una vita è sempre una sconfitta
"Tutto questo mi rattrista molto. Deve rattristarci tutti, e anche interrogarci": così monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha commentato, prima che arrivasse la notizia della morte di dj Fabo. "Ogni volta che si pone termine a una vita, o ci si propone di farlo, è sempre una sconfitta", ha dichiarato monsignor Paglia in un'intervista al Corriere della Sera, "una sconfitta amara: sia per chi dice 'non ce la faccio più" sia per una società che si rassegna all'impotenza".Per l'arcivescovo "la legge non può per sua natura"regolamentare "situazioni così drammatiche" e "il rischio è di creare 'la cultura dello scartò di cui parla il Papa".
Per la parlamentare dell'Udc Paola Binetti la vicenda di Fabo non aiuta il dibattito in Italia sul testamento biologico.
Si tratta di due argomenti distinti tra i quali però vengono fatti pericolosi collegamenti dai giornali di tutto il mondo. "Nessuno intende aprire la porta a questa pratica che va contro il diritto alla vita e non risponde a criteri di solidarietà" ha detto stamane la parlamentare. Gigli (Movimento per la Vita precisa:"Ancora una volta l'associazione Luca Coscioni si dimostra un esperto imbattibile nell'opera di sciacallaggio. È sotto gli occhi di tutti il tentativo di sfruttare l'umana tragedia di dj Fabo per condizionare il dibattito parlamentare sul consenso informato e sulle Dat. L'uso strumentale del caso è ancor più evidente se si pensa che, a differenza di quanto avviene in Svizzera, la legge in discussione in Italia avrebbe consentito di lasciar morire dj Fabo di stenti, ossia per disidratazione e denutrizione, e non certo per suicidio assistito farmacologico" afferma il deputato Gian Luigi Gigli (gruppo parlamentare Democrazia Solidale-Centro Democratico), presidente del Movimento per la Vita Italiano.
“Rispettoso silenzio”, ma no a “strumentalizzazioni ideologiche”. Questo l’atteggiamento di Alberto Gambino, giurista e presidente dell’associazione “Scienza & Vita”, di fronte alla morte in Svizzera di dj Fabio. “Compassione e rispetto assoluti per una vicenda dolorosissima”, ribadisce Gambino, ma anche un fermo no alla “strumentalizzazione ideologica del caso fatta dai radicali per tentare di accelerare l’approvazione del ddl sul fine vita pendente alla Camera”.
L’attuale testo, non ancora approdato in Aula, “non prevede infatti – precisa il giurista – alcuna forma di eutanasia attiva: è totalmente falso e pretestuoso collegare le due vicende affermando che una rapida approvazione del provvedimento avrebbe consentito a dj Fabio di sottoporsi al suicidio assistito nel nostro Paese senza dover ‘emigrare’ all’estero.
Questa possibilità nel ddl non esiste”.
L’attuale testo presenta tuttavia diversi profili problematici, prosegue Gambino. Tra questi la possibilità di interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiali che, chiarisce, “non costituiscono atti terapeutici, bensì presidi vitali. Se una persona non può sostenersi autonomamente, la loro sospensione non è accettabile e si configura a tutti gli effetti come una forma di eutanasia passiva, anche se – ribadisce – non sarebbe stato questo il caso di dj Fabio”. Se il testo venisse approvato nella forma attuale, avverte ancora il giurista, “farebbe inoltre passare l’idea molto insidiosa che di fronte a una disabilità complessa si possa legittimare la richiesta e la pratica eutanasica. Verrebbe insomma trasposta in una legge la convinzione, inaccettabile, che il valore e la dignità della vita in queste condizioni vengano meno”.
"Uniamo il nostro dolore a chi voleva bene a Dj Fabo. Aiutare a morire chi, per disperazione, malattia, o qualunque altro motivo, voglia porre fine alla propria vita, vuol dire costruire una società da cui fratellanza e solidarietà sono escluse".
Lo afferma Eugenia Roccella, parlamentare di Idea. "L'angoscia e la solitudine - continua - sono sentimenti che non si possono eliminare dall'esistenza, ma solo affrontare, stringendosi nell'amore e nella solidarietà. Se la risposta al dolore umano diventa il suicidio assistito - conclude Roccella -, ogni forma di disperazione potrà essere risolta con l'eutanasia: la morte di un figlio è un dolore meno atroce della tetraplegia? La depressione profonda è meno grave della cecità?".

I medici "non possono favorire nessun atto che possa provocare la morte, come precisa il Codice deontologico. Sulla contrarietà all'eutanasia da parte dei camici bianchi non ci sono dubbi. Ma la morte di Dj Fabo è una sconfitta per tutti, perché vuol dire che non siamo riusciti a fare abbastanza per aiutare e dare sollievo a lui e ai suoi familiari". A parlare all'AdnKronos Salute è Maurizio Scassola, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo). avvenire.it.27.2.2017.
Filomena Gallo della Associazione Luca Coscioni ha spiegato: "Sono tanti gli italiani che ci chiedono informazioni su come fare: dal 2015 sono stati 225. Di questi, 117 hanno deciso di andare in Svizzera. Non tutti sono morti: alcuni, dopo i test che hanno dato il nulla osta dei medici, hanno scelto comunque di rientrare in Italia. Avuta la certezza che si può fare, hanno deciso di pensarci ancora".la repubblica.it.27.2.2017

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