martedì 28 febbraio 2017

La comunicazione dell’avvio del procedimento.

        La comunicazione dell’avvio del procedimento.



L'amministrazione è tenuta, ai sensi dell'art. 7 della l. 241/1990, a dare comunicazione dell’avvio del procedimento.
L’obbligo alla comunicazione dell’avvio può essere evitato solo in presenza di particolari motivazioni da parte dell’amministrazione e rafforza implicitamente anche l’obbligo al provvedimento espresso:
L'avvio del procedimento deve essere comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi.
La norma precisa la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari, ex art. 7, l. 7.8.1990, n. 241.
La giurisprudenza ha precisato che il provvedimento di sospensione facoltativa dal servizio adottato dall'Amministrazione nei confronti del dipendente civile o militare, sottoposto a procedimento penale, ha natura cautelare e, in quanto tale, non necessita della previa comunicazione di inizio del procedimento.
Va aggiunto che l'art. 21 octies , l. 241/1990 stabilisce che il provvedimento non è annullabile per mancanza di avvio del procedimento qualora l'Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 3.8.2009, n. 4622).
La dottrina distingue fra procedimenti ex officio e procedimenti ad istanza di parte affermando che nei procedimenti ad iniziativa di parte non è necessaria la comunicazione di avvio di procedimento poiché il privato, consegnando la richiesta, accerta da sé medesimo l’inizio del procedimento. L'omessa comunicazione non assume efficacia viziante nel caso di procedimenti a istanza di parte, laddove l'interessato è già a conoscenza dell'avvio del procedimento, avendolo egli stesso provocato. (Cons. Stato , sez. IV, 7.4.2010, n. 1986).
L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale.
Nella comunicazione debbono essere indicati:
a) l'amministrazione competente;
b) l'oggetto del procedimento promosso;
c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;
c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;
c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;
d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti, ex art. 8, l. 241/1990, mod. art. 5, l. 15/2005.
La formulazione della norma prevede tuttavia che la comunicazione di avvio debba riportare la data di presentazione dell’istanza di parte. Da ciò si desume che la comunicazione di avvio è necessaria anche per i procedimenti ad iniziativa di parte (Sempreviva M.T., Il procedimento amministrativo, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo, 2004, 1439).
La giurisprudenza estende l’obbligo di comunicazione ai terzi che possono avere pregiudizio dall’accesso.
Essa ha precisato che l'art. 32, d.p.r. n. 395 del 1995 non è norma posta a tutela del dipendente, ma del sindacato.
Al dipendente va data l'informazione del procedimento disciplinare mediante l'atto di contestazione degli addebiti. La distinta informativa all'Amministrazione centrale, affinché a sua volta ne informi il sindacato, nel caso di procedimento disciplinare nei confronti del dirigente sindacale, non è preordinata a tutelare il dirigente sindacale, ma l'interesse del sindacato, che, ricevendo tale informativa, può verificare se i dirigenti sindacali sono destinatari di procedimenti disciplinari pretestuosi e antisindacali.
In definitiva, l'informativa al sindacato costituisce un avviso di avvio del procedimento, eccezionalmente rivolto non al destinatario del procedimento medesimo, ma ad un soggetto terzo portatore di un interesse strumentale. (Cons. Stato , sez. VI, 24.9. 2009, n. 5723)
Il cittadino ha un interesse qualificato, in relazione al suo diritto alla difesa, a prendere visione di tutti gli atti di un procedimento che lo riguarda, anche se rientranti nell'attività meramente preparatoria, pure non necessaria, che generalmente precede l'inizio del procedimento amministrativo e sebbene essi non assumano un'autonoma rilevanza funzionale ai fini del procedimento.
Il dipendente pubblico sottoposto a procedimento disciplinare in corso che abbia interesse, per esigenze difensive, ad accedere ai documenti inerenti al distinto procedimento disciplinare celebratosi a carico di un terzo ha titolo all'ostensione documentale richiesta, senza che l'amministrazione possa opporgli generiche esigenze di riservatezza (T.A.R. Lazio, sez. I, 1.6.2004, n. 5163).
Conseguenza sostanziale è la possibilità di fare dichiarare illegittimo l’intero procedimento con ricorso alla giustizia amministrativa. L'omissione della comunicazione comporta l'illegittimità del provvedimento finale solo se il soggetto non avvisato possa provare che, ove avesse avuto la possibilità di partecipare, avrebbe potuto presentare osservazioni ed opposizioni anche solo eventualmente idonee ad incidere, in termini a lui favorevoli, sul provvedimento finale (Cons. St., sez. IV, 22.6.2004, n. 4445, in Foro Amm. Cons. St., 2004, 1706).
La notizia dell'avvio del procedimento amministrativo deve essere data ogni volta che una amministrazione intenda emanare un provvedimento cosiddetto di secondo grado: di annullamento, di revoca, di decadenza, ecc. L'amministrazione, che intenda procedere al riesame in autotutela del provvedimento di aggiudicazione definitiva con il quale si sia concluso il procedimento di affidamento di contratti pubblici, è tenuta a comunicare l'avvio del procedimento quantomeno nei confronti dell'aggiudicatario la cui sfera giuridica potrebbe essere incisa dagli effetti sfavorevoli derivanti dall'adozione dell'atto di revoca. (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 23 aprile 2010, n. 2085).


2           Le comunicazioni di massa.


La costante giurisprudenza distingue fra la comunicazione personale e quella nei procedimenti di massa, consentendo forme di pubblicità idonee in rapporto al numero dei soggetti passivi del procedimento.
La norma precisa che l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi della informativa mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima, qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa.
In presenza di ipotesi marginali di procedimenti di massa, ove sussista un pericolo concreto di pregiudizio all'interesse pubblico la norma  nel disporre che, qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione deve  provvedere a rendere noti gli elementi della comunicazione mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima, rende possibile lo svolgimento sollecito del procedimento indipendentemente dalla comunicazione personale, con applicazione soggetta al controllo giurisdizionale. (T.A.R. Toscana, sez. I, 29.1.2003, n. 122,).
L'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può esser fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista, ex art. 8, l. 241/1990, mod. art. 5, l.15/2005.

          Il procedimento di espropriazione.


Nell’elaborazione dell’art. 11, d.p.r. 8.6.2001, n. 327, si afferma il principio che il proprietario soggetto ad esproprio può accedere al procedimento sin dalla fase della pianificazione territoriale.
Fin dalla fase dell’istituzione del vincolo preordinato all’esproprio - che si concretizza con l’approvazione del piano urbanistico generale, ex art. 9, d.p.r 8.6.2001, n. 327, anche se manca ancora la dichiarazione di pubblica utilità – il soggetto che possiede il bene ha il diritto di intervenire.
L’obbligo non sussiste nel caso di adozione ex novo di uno strumento urbanistico o di una variante generale, ma sussiste nel caso in cui sia in corso l’adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di un’opera pubblica, anche nell’ipotesi che la variante venga adottata mediante conferenza di servizi o accordo di programma che comporti variante allo strumento urbanistico, art. 10, d.p.r. 8.6.2001, n. 327.
Al proprietario che risulti tale dai registri catastali va inviato l’avviso dell’avvio del procedimento venti giorni prima dell’adozione, art. 11, d.p.r. 8.6.2001, n. 327.
Il procedimento ablatorio prevede - nel caso di comunicazione di massa ossia qualora il numero dei destinatari sia superiore a 50 persone - la possibilità che l’avviso pubblico sia inserito nel sito informatico della Regione (Conti R., Il volto nuovo del t.u. espropriazione dopo il d. lg. 302/2002, in Urb App, 2003, 256).
L’obbligo della comunicazione vale anche per procedimenti regolati da leggi speciali che ignorano tale forma di partecipazione.
In particolare l’interpretazione giurisprudenziale ha ritenuto che il procedimento imposto dalla l. 865/1971, ora abrogato, non esime dall’obbligo di comunicazione.
L'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, previsto dall'art. 7, l. n. 7.8.1990, n. 241, ha valenza di carattere generale ed è quindi applicabile anche ai provvedimenti ablativi, ancorché per questi siano già previste dagli artt. 10 e 11, l. 22.10.1971, n. 865 specifiche forme di pubblicità che possono salvaguardare l'esigenza di contraddittorio tra le parti interessate; in particolare, detto obbligo sussiste nell'ipotesi di dichiarazione di p.u. implicita, derivante cioè direttamente dall'approvazione del progetto dell'opera pubblica, in relazione alla quale il procedimento previsto dai citati artt. 10 e 11, l. n. 865 del 1971 viene ad essere, se non soppresso, quantomeno differito ad un momento successivo a tale approvazione e alla stessa occupazione d'urgenza, e quindi risulta inidoneo a garantire la tempestiva partecipazione dei soggetti interessati (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 19.7.2004, n. 1640).

1            L’eccezione all’obbligo di comunicazione.



La comunicazione dell’avvio del procedimento, che costituisce il presupposto necessario per consentire la partecipazione dei soggetti interessati, è soggetta a numerose eccezioni (Cassese S. (a cura di), Diritto amministrativo generale, 2000, 1004).
Le eccezioni alla regola della comunicazione sono state introdotte dalla giurisprudenza, ad esempio, in materia di atti interni.
Il provvedimento con il quale l'amministrazione non approva i verbali e la graduatoria di merito formati dalla commissione di concorso, in quanto atto interno ad una procedura concorsuale non ancora conclusa, non richiede la comunicazione di avvio del procedimento (T.A.R. Sardegna, 25.2.2003, n. 226).
La comunicazione del pari non è richiesta in tema di procedimenti sanzionatori nei quali, in relazione alla natura dovuta del provvedimento, la comunicazione è ritenuta non necessaria, poiché l’asserita partecipazione non appare rilevante. I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi non devono essere preceduti dalla comunicazione dell'avvio del procedimento, perché trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle medesime. (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 12.3.2010, n. 1421).
La comunicazione non è dovuta per i provvedimenti di annullamento di autorizzazioni in zone vincolate. Dopo l'entrata in vigore del d.m. 19.6.2002, n. 165, che ha modificato l'art. 4 del regolamento recante la disciplina dei procedimenti di pertinenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, approvato con il d.m. 13.6.1994, n. 495, si deve definitivamente ritenere che il provvedimento che dispone l'annullamento dell'autorizzazione per la realizzazione di una costruzione edilizia in una zona vincolata non debba essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento da parte dell'Amministrazione Statale (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 27.9.2004, n. 12597).
L’indirizzo è da condividere per l’esigenza, che trova attuazione con l’eventuale emanazione dei relativi provvedimenti cautelari, di interrompere l’attività illecita perché contraria a leggi o norme regolamentari.
Non mancano decisioni contrarie, ad esempio in tema di lottizzazione abusiva.
La giurisprudenza ha precisato che la natura vincolata di un provvedimento non esclude la comunicazione di avvio di procedimento ove la vincolatività dello stesso consegua ad un accertamento compiuto in ordine ai fatti storici da verificare e quindi si pone in un momento successivo allo stesso.
La partecipazione del privato consente spesso, nella fase istruttoria, di conoscere elementi e circostanze che in un procedimento di tipo indiziario qual è quello collegato ad una lottizzazione abusiva di tipo formale, evidenziano spesso una certa complessità e margini di valutazione discrezionale dei fatti da parte della pubblica amministrazione sui quali la partecipazione dei soggetti interessati potrebbe fornire una quadro chiarificatore utile ad escludere la sussistenza dell'abuso sospettato e quindi non necessario alcun provvedimento restrittivo. (T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 17.2.2009, n. 256).
L’art. 13, l. 7 .8.1990, n. 241, chiarisce, inoltre, che la comunicazione di avvio del procedimento non si richiede per l'emanazione da parte della p.a., tra l'altro, di atti normativi, e atti amministrativi generali.
La giurisprudenza ha precisato che in tale previsione rientra la delibera di giunta municipale, avente ad oggetto approvazione regolamento dei controlli interni, nucleo di valutazione, nucleo di controllo della regolarità amministrativa, vale a dire un atto normativo dell'ente locale.
L'avviso di avvio del procedimento non si richiede nemmeno in ordine alla nota di comunicazione ai componenti esterni del nucleo di valutazione della cessazione dell'incarico, alla stregua dell'orientamento giurisprudenziale che esclude l'obbligo dell'avviso in parola nei casi in cui il contenuto del provvedimento non sia suscettibile di modifiche a seguito di presentazione di eventuali memorie scritte e documenti da parte dell'interessato. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 17.11.2009, n. 1902.

1           Diritti dei partecipanti al procedimento.


L’art. 10, l. 241,1990, afferma che i soggetti e destinatari del quelli intervenuti per specifici interessi hanno diritto: di prendere visione degli atti del procedimento e  di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.                                    La giurisprudenza ha precisato che deve comunque essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici. Di conseguenza, anche nell’ipotesi di promozioni per merito assoluto e non comparativo, i soggetti partecipanti alla procedura hanno sicuramente uno specifico interesse a verificare che l’operato delle commissioni di avanzamento risponda a criteri di parità di trattamento dei candidati, mediante il riscontro della uniformità dei criteri concretamente applicati nel procedimento.
Le valutazioni sul merito di ciascun candidato si svolgono sulla scorta delle risultanze contenute nei libretti personali, negare al candidato all’avanzamento, soccombente in graduatoria, la possibilità di accesso dei libretti personali dei colleghi meglio posizionati, verrebbe ad incidere direttamente e negativamente sul diritto di difesa in giudizio. (Cons. St. , sez. IV, 11.3.2010, n. 1453).
Le norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo garantiscono a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici e privati la possibilità di intervenire nel procedimento attraverso il diritto di prendere visione degli atti e di presentare memorie e documenti e non limitano in alcun modo l'accesso ai soli atti relativi a procedimenti definiti.
La giurisprudenza ha precisato che se è vero che la legge sul procedimento non indica espressamente che la comunicazione di avvio del procedimento debba contenere un termine entro il quale l'interessato può presentare memorie scritte e documenti, tuttavia tale diritto deve poter essere esercitato in un termine congruo e tale termine, in analogia con quanto espressamente previsto dall'art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, intr. 'art. 6, l. 11 .2.2005, n. 15, non può essere inferiore a dieci giorni, decorrenti dal ricevimento della comunicazione. (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 5.12.2007, n. 15776).














2            La limitazione all’accesso. Gli atti interni.



Ogni tentativo di escludere dall’accesso gli atti interni appare contrario a quelli che sono i principi ispiratori della norma: economicità, efficacia e pubblicità.
Un indirizzo giurisprudenziale ritiene che non siano sottratti al diritto di accesso gli atti interni al procedimento amministrativo come la  relazione del collaudatore.
L'art. 10, d.p.r. n. 554 del 1999, che ha espressamente sottratto all'accesso ai sensi dell'art. 24, l. n. 241 del 1990, le relazioni del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo, ha continuato ad operare nonostante l'emendamento apportato dall'art. 7, l. n. 166 del 2002 che ha eliminato la qualificazione di «riservata» alla relazione del direttore dei lavori e del collaudatore (Cons. St., a. plen., 13.9.2007, n. 11).
L’esclusione dal diritto di accesso deve essere previsto tassativamente dalla norma.
In base alla costante giurisprudenza il diritto di accesso ai documenti amministrativi prevale sulla esigenza di riservatezza del terzo ogni qualvolta l'accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente, non possono ritenersi sottratti all'accesso gli atti relativi ai lavori appaltati mediante licitazione privata, dovendo considerarsi accessibile ogni atto, anche interno, formato dall'amministrazione o comunque utilizzato ai fini dell'attività amministrativa, fatta eccezione per ipotesi derogatorie, che assumono valenza eccezionale e sono quindi di stretta interpretazione (T.A.R. Lazio Latina, 12.5.2003, n. 506).
Vi è una tendenza della giurisprudenza a riconoscere delle limitazioni che circoscrivono il diritto di accesso.
La dottrina riconosce il diritto di accesso anche per gli atti interni dell’amministrazione come quelli che possono servire alla  difesa in un eventuale giudizio (Forlenza O., Se c’è silenzio della p.a. ricorso al T.A.R. senza diffida, in Guida Dir., n. 10, 2005, 90).
L’indirizzo giurisprudenziale prevalente ritiene che non possono essere ritenuti sottratti all'accesso gli atti interni che potrebbero avere carattere defensionale, dal momento che altrimenti si giungerebbe all'irragionevole conclusione di precludere l'accesso agli atti amministrativi tutte le volte in cui fosse ipotizzabile un contenzioso - anche solo potenziale - ed il legittimato passivo del diritto di accesso prospettasse l'astratta eventualità di utilizzare i documenti richiesti per organizzare la propria difesa (T.A.R. Lazio, sez. III, 20.4.2004, n. 3414).
La posizione restrittiva della giurisprudenza dichiara inammissibile il ricorso volto al riconoscimento del diritto di accesso "a tutte le segnalazioni e le note, anche verbali e/o anomale" pervenute al Comando di polizia municipale per lavori eseguiti senza permesso di costruire all'interno di manufatto demaniale, atteso che oggetto del suddetto diritto sono pur sempre atti, ancorché formati da privati ed in possesso della p.a. e non anche segnalazioni verbali (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 14.11.2002, n. 4954).
Sotto il profilo dell’oggetto il diritto all’accesso è necessariamente limitato ai procedimenti amministrativi.
La pubblica amministrazione artefice del procedimento deve operare iure privatorum.
Il procedimento di assegnazione in locazione di appartamenti di proprietà degli istituti di previdenza non rientra nei procedimenti amministrativi e, quindi, esula dall'ambito di applicazione della l. 7.8.1990, n. 241 (T.A.R. Lazio, sez. I, 24.1.1992, n. 70, T.A.R., 1992, I, 449).
Sotto il profilo della tutela la giurisprudenza rileva che gli atti istruttori infraprocedimentali di un procedimento amministrativo, quali atti interni privi di efficacia lesiva esterna, non sono mai autonomamente impugnabili. Essi non hanno natura di provvedimento e comunque non sono idonei a determinare un pregiudizio immediato e diretto nella sfera giuridica della parte ricorrente che, quindi, non avrebbe alcuna giuridica utilità dall'annullamento dello stesso. Deve, quindi, ritenersi inammissibile l'impugnazione di tali atti. (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 3 .2.2010, n. 1424).












3           I dati sensibili e giudiziari.



La giurisprudenza ha definito i dati sensibili sulla scorta della definizione data dall'art. 22, l. 31.12.1996, n 675, che comprende in detta dizione i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Le informazioni contenute nei documenti riguardanti accertamenti anagrafici sono riconducibili al genus dei dati sensibili, come definiti dall'art. 22, l. 31.12.1996, n 675 (T.A.R. Toscana, sez. I, 15.3.2004, n. 732, in Riv. Giur. Pol. Loc., 2004, 482).
Non sono compresi nella tutela i dati ordinari quali la residenza o il titolo di studio. È stato dichiarato illegittimo dalla giurisprudenza illegittimo il diniego all'accesso di un concorrente alla documentazione allegata dagli altri partecipanti ad un concorso interno, il cui bando prescriva a carico dei concorrenti medesimi l'autocertificazione del titolo di studio, della qualifica professionale e dei relativi titoli, nonché del carico di famiglia. Tali dati, infatti, non rientrano nella categoria dei dati sensibili, ossia di dati "idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale degli interessati, ma in quella dei dati personali ordinari, per i quali il diritto di accesso prevale sull'esigenza di riservatezza del terzo ogniqualvolta l'accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 16.12.2003, n. 15365).
Questi principi sono stati ripresi nella legge per la tutela del diritto di accesso; essi sono un evidente compromesso fra il diritto alla difesa, costituzionalmente garantito dall’art. 27 cost., e il diritto alla riservatezza.
Al norma precisa che deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'art. 60 del decreto legislativo 30.6.2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, ex art. 24, 7°, l. 241/1990, mod. art. 16, 7° co. l. 15/2005.
La norma non risolve in astratto il conflitto tra l'interesse del terzo a conseguire l'accesso e quello alla riservatezza dell'interessato, ma consente all'amministrazione che detiene i dati sensibili, ed, in sostituzione, al giudice amministrativo, di valutare in concreto ciascuna fattispecie al fine di stabilire se l'accesso sia necessario o meno per far valere o difendere un diritto almeno pari a quello dell'interessato (Cons. St., sez. V, 3.7.2003, n. 4002).
La giurisprudenza richiede che l’istante documenti che la conoscenza degli stessi sia necessaria per provvedere alla cura o difesa di interessi giuridici (Cons. St., sez. V, 31.12.2003, n. 9276).
L’art. 59, d.lgs. 30.6.2003, n. 196, dichiara l’applicabilità in via generale delle norme sull’accesso anche per i dati sensibili (Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo, 2004 , 1925).
L’art. 60 precisa che per i documenti contenenti dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale l’accesso è consentito subordinatamente all’osservanza della regola del pari grado e di quella dell’indispensabilità decretata (Atelli M.,  Rilascio copia dell’atto graduato dalla privacy, in Guida Dir., n. 10, 2005, 92).
L'art. 16, d.lgs. 11.5.1999, n. 135, che reca disposizioni integrative della l. 31.12.1996, n. 675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici, dichiara di rilevante interesse pubblico il trattamento dei dati personali, ove necessari per far valere il diritto di difesa in sede amministrativa o giudiziaria, anche da parte di un terzo, o per ciò che attiene alla riparazione di un errore giudiziario o di un'ingiusta restrizione alla libertà personale.
Detta norma deve essere interpretata dalla giurisprudenza nel senso che quando il trattamento dei dati concerne dati idonei a rilevare lo stato di salute o la vita sessuale, l'accesso è consentito se il diritto da far valere o da difendere è di rango almeno pari a quello dell'interessato. Tale disciplina è volta ad agevolare al massimo la circolazione informativa con consequenziale prevalenza del principio di pubblicità rispetto a quello di tutela della riservatezza, sempre che l'istanza ostensiva sia sorretta dalla necessità di difendere i propri interessi e nel rispetto del limite modale (Cons. St., sez. V, 7.9.2004, n. 5873).
L’accesso è consentito previa valutazione discrezionale dell’amministrazione che possiede i dati; essa deve stimare gli interessi effettivi del richiedente prima di procedere al rilascio.
Ai sensi dell'art. 60, d.lgs. 30.6.2003, n. 196, codice in materia di protezione dei dati personali, è garantito l'accesso ai documenti amministrativi, anche in presenza di dati sensibili, previa valutazione - in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale - del rango degli interessi coinvolti (T.A.R. Lazio, sez. III, 25.5.2004, n. 4874).
L’esigenza di rispetto dei cosiddetti dati sensibili può imporre determinate cautele nel loro rilascio.
È ammesso, ad esempio, l'accesso ai registri operatori relativi all'attività del medico tenendo presente la prescrizione del limite modale dell'oscuramento dei nominativi dei pazienti sottoposti ad intervento (Cons. St., sez. V, 7.9.2004, n. 5873).
L’art. 16, 7° co., l. 15/2005, recepisce detti principi per la tutela dei dati sensibili e giudiziari.





4           L’istruttoria.



L’azione amministrativa si sviluppa attraverso una serie di operazioni e adempimenti che, seguendo lo schema procedimentale tipico, conducono all’emanazione dell’atto.
La fase istruttoria, parimenti a quella del processo civile, serve a raccogliere tutta la documentazione necessaria per fornire alla amministrazione, che ha la funzione di giudice, gli elementi indispensabili alla redazione dell’atto.
La dottrina, prima dell'entrata in vigore della l. 7.8.1990, n. 241, afferma che nella fase istruttoria prevale il principio inquisitorio. Non è ammessa la partecipazione dei privati interessati agli accertamenti, alle valutazioni, agli esami, che compie l’amministrazione. Tuttavia, eccezionalmente i privati possono essere ammessi a collaborare all’istruttoria nelle seguenti forme: a) presentazione di opposizioni e di deduzioni; b) presentazione di controdeduzioni; c) assistenza a ispezioni, verifiche, esami; d) audizione personale. Nei casi in cui la legge conferisca il diritto (Virga P., Il provvedimento amministrativo 1968, 258).
Il diritto all’accesso riforma radicalmente il potere dell’amministrazione nella fase istruttoria, imponendole una congrua istruttoria che tenga conto anche della necessità di regolarizzare la documentazione prodotta dal soggetto interessato al provvedimento che sia in possesso dell’amministrazione.
La giurisprudenza ha affermato che nei concorsi a pubblici impieghi, il bilanciamento tra il dovere della p.a. di provvedere alla regolarizzazione della documentazione presentata dai candidati ed il principio della "par condicio" tra i partecipanti va ricercato nella distinzione del concetto di regolarizzazione da quello di integrazione documentale: quest'ultima non è mai consentita risolvendosi essa in un effettivo vulnus del principio di pari trattamento tra i concorrenti; mentre alla regolarizzazione documentale la p.a. è sempre tenuta in forza del principio generale ricavabile dall'art. 6, 1° co., lett. b), l. 7.8.1990, n. 241 (Cons. St., sez. V, 22.6.2004, n. 4345).
L’art. 6, l. 241/1990, ribadisce l’importanza dell’istruttoria che vincola addirittura il contenuto del relativo provvedimento.
Si registra, infatti, una necessaria continuità fra l’opera del responsabile del procedimento e l’organo responsabile dell’emanazione del provvedimento finale.
Vi deve essere una continuità logica fra il risultato dell'istruttoria ed il contenuto del provvedimento finale.
La dottrina rileva che, per evitare un evidente vizio di contraddittorietà nell’azione amministrativa, l’eventuale contrasto deve essere congruamente motivato nell’adozione del provvedimento.
Essa condivide la scelta operata dal legislatore di valorizzare l’operato del dipendente responsabile del procedimento, la cui valutazione sulle risultanze dell’istruttoria va tenuta in grande considerazione, proprio per l’approfondita conoscenza che il responsabile ha delle sfumature della procedura da lui svolta, che è difficilmente ostacolabile nelle valutazioni che il dirigente potrebbe opporre avendo dell’istruttoria stessa una superficiale e relativa cognizione (Toschei S., Maggiori poteri al responsabile del procedimento, in Guida Dir.,2005, 61).



5           L’intervento nel procedimento.


La norma afferma che qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento, ex art. 9, l. 241/1990.
La giurisprudenza ha precisato che il soggetto, la cui posizione giuridica è incisa da un provvedimento amministrativo, null'altro deve dimostrare, per legittimare l'actio ad exhibendum nei confronti degli atti e documenti formati nel relativo procedimento, se non la sua veste di destinatario del provvedimento stesso, posto che, in questo caso, l'interesse giuridicamente rilevante risulta già normativamente qualificato dagli artt. 9 e 10, l. 7 .8.1990, n. 241. (T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 30.10.2009, n. 2354).








Nessun commento:

Posta un commento