martedì 27 dicembre 2016

Riforma. Organismi di vigilanza



La Riforma relativa agli Organismi di vigilanza è stata introdotta dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231,[1] e dalla legge 16 marzo 2006, n. 146[2].
La responsabilità penale degli enti ha trovato una propria disciplina normativa dopo anni di discussioni in ambito giuridico riguardo al tema, in particolare per i principi e le idee innovatrici apportate dal legislatore. Questa normativa infatti tende ad allontanarsi dal vecchio e consolidato brocardo latino societas delinquere non potest, creando notevoli perplessità nei critici più puristi.
Sono state due sostanzialmente le situazioni di fatto che hanno spinto il legislatore italiano ad emanare nel 2000-2001 un atto normativo che disciplinasse la materia:
1) l'abuso sempre più massiccio da parte di società di pratiche illegali che spesso costituivano reato ma lasciavano impuniti gli artefici;
2) la spinta normativa dell'Unione europea, dato che ogni paese membro era tenuto a disciplinare la materia come previsto dall'art. 3 del trattato sull'Unione Europea.
Comunque che sia l'accordo PIF che l'OCSE non vincolavano gli stati a prevedere una nuova forma di responsabilità penale, ma solo di garantire forme efficienti di tutela. È stata pertanto scelta del legislatore italiano.
Da questa importante tipologia di responsabilità sono sorte altre forme atipiche o particolari; ad esempio con il d.lgs. 19 luglio 2004, n. 197 è stata introdotta la responsabilità per banche ed intermediatori finanziari: sebbene disciplinati distintamente, le modifiche effettuate col Testo Unico a CONSOB e Banca d'Italia hanno praticamente allineato entrambe le situazioni.
Ai sensi del d.lgs 231/2001, presupposto fondamentale per attribuire il reato all'ente è l'esistenza di un rapporto di carattere organico sussistente con la persona fisica autore del reato, e che esso sia commesso al fine di garantire un interesse illecito o un vantaggio a favore dell'ente.
La dimostrazione del criterio d'imputazione dell'ente è affidata a determinati sistemi organizzativi e di controllo predisposti dall'ordinamento: se l'ente non si adatta, è pressoché automatica la volontà di commettere il reato.
Hanno duplice funzione, ovvero adottati ex ante funzionano come scriminante (tranne per la confisca), ex post come una sorta di ravvedimento.
A dire il vero suscita notevoli perplessità questa soluzione, in quanto l'organizzare certi strumenti per evitare commissioni di reato può comportare notevoli costi che a volte possono anche superare l'entità della sanzione, per cui determinati enti potrebbero preferire il rischio di commettere il reato piuttosto che adattarsi. Questo va contro il principio generale del diritto penale che la legge dovrebbe prevenire la commissione di reati. wikipedia.org.

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