sabato 24 dicembre 2016

Erdogan Recep Tayyip

Erdogan Recep Tayyip

Recep Tayyip Erdogan nelle elezioni legislative del 2002 (le prime a cui abbia partecipato) l'AKP ha ottenuto il 34,3% dei voti, diventando il primo partito del paese e ottenendo una schiacciante maggioranza in parlamento per via del sistema elettorale turco, proporzionale ma con uno sbarramento posto al 10% dei voti validi, oltrepassato nell'occasione soltanto da un altro partito, il Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi, CHP).
In seguito a tale vittoria elettorale, replicata nelle elezioni amministrative del 2004, Erdoğan, escluso dal corpo elettorale fino alla fine del 2002 per via della precedente condanna, ha dapprima appoggiato l'elezione a primo ministro del suo compagno di partito Abdullah Gül, dopodiché - restituito dei suoi pieni diritti elettorali attivi e passivi, anche grazie a un emendamento costituzionale e dopo aver vinto un seggio nella provincia di Siirt in Parlamento grazie a un'elezione suppletiva - ha assunto egli stesso la carica di Primo ministro del 59° governo della Repubblica Turca, carica confermata da successive elezioni. Si è sempre mostrato un leader dinamico, fautore dell'ingresso della Turchia nell'Unione Europea (ingresso approvato in linea di principio dal Parlamento Europeo nel 2004; i successivi negoziati, cominciati nel 2005, stanno procedendo peraltro molto a rilento, anche per l'evidente ostilità di paesi determinanti come Francia e Germania).
Nei primi mesi del 2003, alla vigilia della seconda guerra del Golfo, l'amministrazione Bush aveva chiesto il permesso di sorvolare il territorio turco e il dispiegamento delle truppe statunitensi nel paese. Un vivace dibattito si è svolto in questa occasione in Turchia e il governo ha chiesto il parere del Parlamento, che ha rifiutato seccamente la richiesta americana. Erdoğan, da poco insediatosi al governo e ostile alla guerra quanto interessato a prendere parte alle decisioni sul futuro delle zone curde dell'Iraq, ha permesso l'uso dello spazio aereo turco, ma non il transito della fanteria statunitense in procinto di abbattere il regime di Saddam Hussein.
Le Forze armate turche, cui la Costituzione affida il ruolo di garante ultimo della laicità dello Stato, hanno rappresentato una minaccia per il governo moderatamente islamista di Erdoğan, che in varie occasioni ha denunciato l'esistenza di complotti per l'effettuazione di colpi di Stato ai danni del governo. Nelle elezioni presidenziali del 2007, vinte dal candidato dell'AKP Abdullah Gül, l'esercito ha avvertito il governo di mantenersi entro i confini del secolarismo nella scelta di un candidato. In quello stesso anno è stata promossa dal governo, e successivamente approvata attraverso un referendum, una riforma costituzionale che stabilisce l'elezione diretta della carica di presidente.
Gli stretti rapporti di amicizia intrattenuti da Erdoğan con il potente predicatore islamico e magnate Fethullah Gülen (auto esilia-tosi in Pennsylvania dal 1999) hanno permesso all'AKP di influenzare la magistratura per indebolire l'opposizione e i militari.[12] Nel settembre del 2008 è venuto alla luce il piano di un colpo di Stato che ha dato luogo a centinaia di arresti e pesanti epurazioni tra le Forze armate con l'accusa di far parte di un'organizzazione clandestina kemalista e ultra nazionalista chiamata Ergenekon. Il caso è stato condannato da molti osservatori nazionali e internazionali come un tentativo di maccartismo congiunto di Erdoğan e Gülen di frenare l'opposizione all'AKP.
Nonostante esperti calligrafici avessero concluso che i documenti utilizzati per basare le imputazioni erano in realtà dei falsi[14], il maxiprocesso agli alti esponenti del governo e ufficiali dell'esercito coinvolti nel presunto complotto si è concluso nell'agosto 2013 in 275 condanne e 17 ergastoli per alto tradimento.
Erdoğan lascia la sessione del World Economic Forum nel 2009, in polemica con Shimon Peres
Durante la conferenza del World Economic Forum a Davos il 29 gennaio 2009, il dibattito tra Erdoğan e il presidente israeliano Shimon Peres si è fatto teso in relazione all'operazione Piombo fuso condotta dall'esercito israeliano nella striscia di Gaza.
In seguito all'incidente della Freedom Flotilla del 31 maggio 2010, la tensione tra i due paesi è cresciuta considerevolmente: una flottiglia turca di attivisti pro-palestinesi, trasportante aiuti umanitari ed altre merci e guidata dall'imbarcazione MV Mavi Marmara, ha tentato di violare il blocco di Gaza ed è stata intercettata e assaltata da forze navali israeliane nelle acque internazionali del Mar Mediterra-neo causando 9 morti e almeno 60 feriti. Erdoğan ha condannato con forza il raid, descrivendolo come "terrorismo di Stato", e ha chiesto ai leader israeliani responsabili di scusarsi pubblicamente.
Erdoğan ha descritto Israele come "la principale minaccia per la pace regionale", ha chiesto che gli impianti nucleari di Israele venissero ispezionati dall'AIEA e ha accusato Israele di trasformare Gaza in una "prigione a cielo aperto". Nel 2013, Erdoğan ha definito il sionismo "un crimine contro l'umanità", paragonandolo all'islamofobia, all'antisemitismo e al fascismo, e attirandosi le critiche di Israele, degli Stati Uniti, delle Nazioni Unite e dell'Unione europea. I rapporti tra i due paesi hanno iniziato a normalizzarsi quando il governo israeliano ha ufficialmente espresso rammarico per la morte dei 9 attivisti turchi nel raid del 2010, fino alla firma di un accordo di riconciliazione nel 2016.
Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), considerato un'organizzazione terroristica da Turchia, USA, NATO, Unione europea (dal 2001, su richiesta degli USA) e Iran, dopo quindici anni di lotta per l'indipendenza e 37.000 morti, aveva dichiarato un cessate il fuoco nel 1999, rotto nel 2004.
Nell'agosto 2005 Erdoğan ha promesso di risolvere il problema curdo con maggiore democrazia rispetto ai suoi predecessori. Nel 2009 il suo governo ha annunciato l'avvio di un processo di pacificazione, sostenuto dall'Unione europea, per porre fine al conflitto dichiarando la lingua curda utilizzabile in tutti i media radiotelevisivi, restaurando nomi curdi per le città a cui erano stati dati nomi turchi e approvando una parziale amnistia per ridurre le condanne inflitte ai membri del PKK che si erano arresi al governo; nel 2013, il leader curdo incarcerato Abdullah Öcalan invitava i militanti ad abbandonare la lotta armata in favore della pace.
Tuttavia, già nel corso del 2015 Erdoğan ha scatenato una violenta guerra contro il separatismo curdo nel sud-est del paese che ha provocato centinaia di morti e di sfollati tra i civili, bombardando i villaggi e le postazioni dei guerriglieri curdi oltre il confine con la Siria; in particolare Cizre, teatro di un assedio condotto dalle forze di polizia turche contro i militanti asserragliati in città.
Il Consiglio d'Europa ha sollevato preoccupazioni circa "l'uso sproporzionato della forza da parte delle forze di sicurezza contro i civili"; dall'inizio delle operazioni antiterrorismo, ammontano a 9.500 i militanti del PKK uccisi, feriti o catturati.
Il deciso contrasto delle manifestazioni di protesta in Piazza Taksim a Istanbul e in varie altre città turche (a partire dall'aprile 2013, fortemente ampliatesi nel mese di giugno di quello stesso anno, con la morte di alcuni manifestanti a causa del violento comportamento repressivo della polizia) ha appannato alquanto l'immagine di un Paese allineato all'Europa comunitaria per quanto riguarda le libertà civili e la libera e non violenta manifestazione del pensiero.
La reazione estremamente decisa e addirittura eccessiva delle forze dell'ordine, ben documentate dai media internazionali, è stata fortemente criticata dal Parlamento europeo e da gran parte dell'opinione pubblica internazionale, specialmente europea e nordamericana.
Il 10 agosto 2014, Erdoğan vince le prime elezioni presidenziali, si tratta della prima elezione diretta del Presidente che in precedenza era eletto dal Parlamento. Erdoğan si aggiudica le elezioni, a cui ha partecipato il 76% degli aventi diritto, con il 52% dei consensi davanti agli altri candidati.
L'anno seguente il partito di Erdoğan vince ancora le elezioni politiche conquistando 316 seggi su 550 tra gli scontri che si sono verificati nel paese.
Il leader turco ha chiarito di non accontentarsi del ruolo eminentemente cerimoniale che la Costituzione affida alla carica di presidente e di volerle trasferire maggiori poteri a livello di potere esecutivo, ed è stato accusato dalle opposizioni di voler stabilire un sistema presidenziale forte nel paese.
Come presidente, Erdoğan ha ripreso molte delle tradizioni dell'antico Impero ottomano come nel caso del ricevimento del presidente palestinese Mahmoud Abbas che è stato accolto con una cerimonia di stile ottomano imperiale nel nuovo palazzo presidenziale fatto costruire da Erdoğan nei pressi di Ankara e denominato "Ak Saray"
Quando ancora era primo ministro della Turchia, più volte Erdoğan ha fatto riferimento agli ottomani durante la campagna elettorale, chiamando i suoi sostenitori "nipoti degli ottomani".
Questo fatto è stato da molti sentito come un insulto all'istituzione repubblicana presente in Turchia che egli stesso oggi regge come presidente e che si rifà alla tradizione inaugurata da Mustafa Kemal Atatürk.
Il presidente Erdoğan ed il suo staff hanno più volte manifestato contro la libertà di stampa turca. L'ultimo giornale preso di mira è stato lo Zaman.
Le riforme pacifiste in turchia non solo sono rallentate ma non sono presenti in molte aree come ad esempio la libertà di espressione e l'indipendenza giudiziaria dal governo, vi è stata quindi una regressione che è particolarmente preoccupante" ha precisato il reporter Kati Piri nell'aprile del 2016 dopo che il Parlamento Europeo diede il proprio annuale rapporto sulla Turchia.
Il 14 aprile 2015 Erdoğan nega il genocidio armeno del 1915-1917 (1,5 milioni le vittime) e ammonisce il pontefice Francesco.
Il giorno seguente gli eurodeputati approvano una risoluzione che riconosce il genocidio chiedendo alla Turchia di approfittare del centenario del 24 aprile come opportunità per riconoscere il genocidio. Il presidente turco reagisce in maniera decisa, affermando che «qualunque decisione presa dal Parlamento europeo mi entra da un orecchio e mi esce dall'altro».
Nella sua risoluzione "Il funzionamento delle istituzioni democratiche in Turchia" del 22 giugno 2016, il Parlamento del Consiglio Europeo ha notato però come "i recenti sviluppi in Turchia che hanno messo a repentaglio la libertà dei media e di espressione, erodendo il governo delle legge e portando violazioni ai diritti umani in relazione ad operazioni di anti-terrorismo nel sud-est turco hanno (...) sollevato diversi dubbi sul funzionamento delle istituzioni democratiche del paese."
Durante la notte del 15 luglio 2016, venne intentato in Turchia un colpo di Stato da parte dei militari d'esercito contro il governo di Erdoğan con l'intento di rimuoverlo dalla propria posizione di presidente.
I golpisti hanno chiuso due ponti sul Bosforo con dei carri armati, bloccato l'accesso ai principali aeroporti del paese e bombardato l'area del palazzo presidenziale con un elicottero militare.
Il presidente Erdoğan, che si trovava in vacanza a Bodrum, si è collegato da un luogo sconosciuto, attraverso FaceTime, con la CNN Turk per denunciare il tentativo di colpo di Stato dei militari e per incitare il popolo turco a "resistere e scendere in piazza". Numerose persone hanno accolto favorevolmente l'appello del presidente ed hanno organizzato dei movimenti di resistenza nei confronti dei militari, e già il giorno successivo le forze di Erdogan hanno ottenuto il pieno controllo della nazione intera.
Come riportato dalle fonti ufficiali, nessun ufficiale di governo venne arrestato o rimase ferito negli scontri, che tuttavia hanno portato alla morte di 290 persone e al ferimento di altre 1440. I resti delle esplosioni non sono stati rimossi dal perimetro esterno del complesso presidenziale, diventando meta di turisti e di curiosi.
Erdoğan, come altri ufficiali di governo, subito accusarono del tentativo del colpo di Stato l'imam esiliato Fethullah Gülen, definito da Erdogan "terrorista come Bin Laden".
Dopo il colpo di Stato, dunque, le relazioni tra Turchia e Stati Uniti sono significativamente peggiorate. I leader europei hanno espresso le loro preoccupazioni per quanto successo in Turchia, anche se molti hanno avvertito pubblicamente Erdogan di non sfruttare l'occasione del colpo di Stato per schiacciare i suoi oppositori politici con la forza.
Il 20 luglio 2016, il presidente Erdoğan ha dichiarato in Turchia lo stato d'emergenza, per il tentativo di colpo di Stato avvenuto. Come previsto dalle norme, esso perdurerà per tre mesi ma potrà essere esteso a seconda delle necessità. Il parlamento turco ha approvato questa misura.

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