lunedì 17 ottobre 2016

Turismo Veneto Affittacamere. La Zona territoriale omogenea C - residenziale di completamento - Non consente l’esercizio di attività ricettiva extralberghiera

Con il presente ricorso si  impugna il provvedimento del Comune di Venezia che ha disposto la rimozione degli effetti della Scia (prot. n. 2014/8824) del 9 gennaio 2014 relativa all’ampliamento dell’attività ricettiva extralberghiera di affittacamere .
Si impugna, altresì, l’art. 8.2 delle NTGA e l’art. 11 delle NTSA della Variante al PRG della terraferma di Venezia, disposizioni adottate dal Consiglio comunale con deliberazione n. 16 del 25/01/1999 e approvate con delibere regionali n. 3905 del 03/12/2004 e n. 2141 del 29/07/2008.
Il ricorrente espone di svolgere l’attività di affittacamere al piano primo del detto immobile, a far data dal 2003, in forza di regolare autorizzazione, e di aver presentato il 9 gennaio 2014 una Scia per l’ampliamento dell’attività di affittacamere al piano terra del medesimo immobile.
Il Comune di Venezia, con il provvedimento in questa sede impugnato, ha disposto la rimozione degli effetti della Scia in quanto l’immobile interessato dalla modifica ricade in ZTO C.1.4, zona per la quale (in forza di variante del 3/12/2004) non è più consentita l’attività extralberghiera di affittacamere, per cui, ferma restando la precedente autorizzazione, non è possibile assentire l’ampliamento dell’attività.
A fondamento del gravame il ricorrente ha dedotto:
1) il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, la violazione dell’art. 10 bis della L 241/1990;
2) la violazione dell’art. 8.2 delle NTGA e dell’art. 11 delle NTSA della Variante al PRG della terraferma di Venezia, in quanto la prevista possibilità di esercitare nella ZTO in questione attività di carattere ricettivo quale quella di alberghi e motel doveva portare a considerare che anche attività di minor impatto urbanistico, quali sicuramente quella di affittacamere, ben potessero essere ammesse;
3) l’eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità e irragionevolezza, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento, con riferimento alle citate NTA, se interpretate nel senso di consentite, da un lato, l’apertura di alberghi, pensioni e motel e, dall’altro, d’impedire l’apertura o l’ampliamento di un semplice affittacamere;
4) la violazione della direttiva 2006/123/CE, dell’art. 10 Dlgs 26/03/2010, n. 59, dell’art. 34 D.L. 6/12/2011 n. 201, dell’art. 1 D.L. 24/01/2012 n. 1, in tema di liberalizzazione delle attività economiche, e dei principi di imparzialità e buon andamento.
Il provvedimento impugnato è correttamente e sufficientemente motivato con il riferimento alla circostanza che l’immobile in cui si vorrebbe esercitare l’attività ricade in zona territoriale omogenea C - residenziale di completamento - sottozona C.1.4. In tale zona le norme di piano (art. 8.2 NTGA) non consentono l’esercizio di attività ricettiva extralberghiera, ivi compresa l’attività di affittacamere.
Quanto al mancato invio da parte del Comune del preavviso di rigetto, va innanzitutto rilevato che il carattere assolutamente vincolato del diniego comunale determina l'irrilevanza dell'irregolarità procedimentale.
A ciò deve aggiungersi che sul piano formale la presentazione della Scia non innesca in realtà un procedimento ad istanza di parte; dall'altro che sul piano sostanziale nella disciplina speciale disegnata dall'art. 19 della L. n. 241 del 1990 una previa interlocuzione col dichiarante è necessaria solo ove sia possibile che l'attività di questi - non assentibile secondo quanto esposto in dichiarazione - possa essere conformata alla normativa vigente.
Ipotesi questa ultima impraticabile nel caso all'esame.
Il primo motivo di ricorso è dunque infondato.
3. Il secondo ed il terzo motivo impongono invece un più approfondito esame della normativa urbanistica rilevante nella fattispecie, alla luce del quale il Collegio, non rinvenendo in essa evidenti contraddittorietà, ritiene di rivedere la prima sommaria delibazione effettuata nella fase cautelare.
3.1. Le norme di piano (artt. 11.1.2 e 8.2 delle norme tecniche) non consentono nelle zone C.1.4 l’esercizio di attività ricettiva extralberghiera, ivi compreso l’esercizio di affittacamere, che viene considerato quale attività ricettiva extralberghiera dalla legislazione regionale veneta sul turismo, oltre che dall’art. 28 del regolamento edilizio del Comune di Venezia.
La circostanza, evidenziata da parte ricorrente, per cui l’attività di affittacamere sia compatibile con la destinazione d’uso residenziale, non toglie che il Comune possa comunque disciplinarla inibendone l’insediamento in determinate zone del territorio comunale, a prescindere dalla tipologia costruttiva degli immobili (si veda in un caso per certi versi analogo la sentenza di questo Tribunale, sez. III, n. 379/2014).
Peraltro, nel caso di specie, la superficie prevalente dell’abitazione (ad uso promiscuo) è stata adibita ad attività di affittacamere, con conseguente incompatibilità con la destinazione abitativa.
3.2. Si sostiene, quindi, l’irragionevolezza di tali norme urbanistiche che restringono la possibilità di svolgere l’attività di affittacamere, ammettendo, invece, da una parte (sulla base di diverse specifiche disposizioni), la realizzazione di bed and breakfast, parificabili, secondo il ricorrente, agli affittacamere, dall’altra, di alberghi, pensioni e motel, questi ultimi di sicuro maggiore impatto sul carico urbanistico.
Sulla base di tali deduzioni si chiede o l’annullamento di tali norme o la loro interpretazione conforme a canoni di proporzionalità, logicità e ragionevolezza.
3.3. Tale linea difensiva non può essere condivisa.
Va innanzitutto ricordato che le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio sono frutto di valutazioni ampiamente discrezionali e possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti, che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa.
Nel caso di specie non si configurano tali vizi macroscopici nelle scelte compiute dal Comune di Venezia.
Innanzitutto, le differenze tra attività di affittacamere e di bed and breakfast sono state già individuate da questa sezione in una recente sentenza n. 714/2014, con la quale è stata ritenuta ragionevole la differenziazione in sede di pianificazione tra le due attività al fine di garantire un uso razionale del territorio: attesa, da una parte, la piena compatibilità dei bed and breakfast con la destinazione abitativa, data la gestione “casalinga” e non necessariamente imprenditoriale degli stessi, peraltro regolati da un normativa ad hoc (che ad esempio impone la residenza e l’alloggio del titolare nell’unità immobiliare), e la maggiore affinità dell’attività di affittacamere con una destinazione più propriamente turistico-ricettiva-imprenditoriale, dall’altra.
Peraltro, la scelta del pianificatore di ammettere nelle zone C.1.4 alberghi, pensioni e motel, ma non le attività ricettive extralberghiere, fra le quali rientra l’attività di affittacamere, può ricondursi all’intenzione di frenare, in una città interessata da un flusso turistico particolarmente rilevante, il noto eccessivo dilagare, all’interno del tessuto cittadino, di tale ultima specifica attività; fenomeno agevolato proprio dall’astratta compatibilità di questa con la destinazione residenziale degli edifici, e di consentire, invece, l’insediamento di strutture turistico-ricettive esclusivamente nelle unità edilizie dove è prevista la destinazione ricettiva alberghiera.
La scelta compiuta dall’amministrazione nel senso della differenziazione dell’attività di affittacamere da quella di bed and breakfast, da un lato, e da quella alberghiera dall’altro, oltre a trovare rispondenza nella legge regionale sul turismo, lungi dal risultare illogica o irrazionale, appare, quindi, in entrambi i casi, dettata dal fine di garantire, attraverso la regolamentazione delle destinazioni d’uso degli immobili, un equilibrato ed ordinato assetto del territorio urbano, ed in particolare, appare giustificata dalla necessità di preservare, nel contemperamento con gli interessi imprenditoriali dei singoli, l’identità sociale-culturale della città, la sua immagine e il suo decoro.

In conclusione il ricorso è infondato e va respinto per i motivi sopra precisati. Tar Veneto , sez. III,  27/01/2015, n. 90

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