lunedì 17 ottobre 2016

Affittacamere. Piano di adeguamento dell'impianto fognario. Necessità

L'art. 23, comma 2 della 1.r.V. n. 11/2013 prevede che tutte le strutture ricettive debbano essere conformi, tra l'altro, alle prescrizioni "igienico-sanitarie'' e il successivo art, 31 comma 3 lett. d) ulteriormente prevede che, in sede di presentazione della domanda di classificazione della struttura, debbano essere attestati "i requisiti sanitari" dell'immobile.
Il provvedimento assunto dall'Amministrazione si fonda quindi sull'accertata carenza di requisiti imprescindibili ai fini del legittimo esercizio dell'attività ricettiva ( autorizzazione agli scarichi delle acque reflue e certificato di agibilità), mancanze non contestate da parte ricorrente che infatti afferma di aver in seguito ottenuto, proprio al fine di intraprendere un percorso volto a regolarizzare l'esercizio, la predetta autorizzazione e di aver presentato un'attestazione sostitutiva del certificato di agibilità. Alla data di adozione dell’atto impugnato è quindi incontestata la mancanza di autorizzazione agli scarichi mentre, come già accennato, l’art. 23, comma 2 della LR, n. 11/2013, impone, per tutte le strutture ricettive, la conformità "alle prescrizioni urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e alle norme per la sicurezza degli impianti previste dalle specifiche normative" e l'art. 10 del d.l. n. 16/1990, convertito in 1. n. 71/1990, come modificato dall'art. 1 del d.l., n. 96/95, convertito in 1. n. 206/1995, prevede al comma 3 che negli ambiti del Comune di Venezia non dotati di fognature dinamiche, lo scarico delle acque reflue provenienti dalle "aziende turistico ricettive" è consentito "purchè sottoposte a trattamenti individuali secondo i progetti approvati dai comuni".
A tal fine è necessaria la presentazione di un piano di adeguamento dell'impianto fognario, sottoposto all'approvazione comunale, che dovrà a sua volta essere seguita dall'autorizzazione/collaudo del Provveditorato alle Opere Pubbliche — ufficio antinquinamento della laguna di Venezia (ex Magistrato alle Acque) ( art. 10, comma 4 bis del citato di. n. 16/1990, art. 3 D.P.R. n. 962/1973 e art. 91. n. 171/1973).
Affinchè potesse dunque legittimamente condursi l'attività ricettiva di cui si tratta, all'approvazione del piano di adeguamento fognario avrebbe dovuto far seguito l'autorizzazione del Provveditorato alle opere pubbliche, che, ancorchè poi effettivamente intervenuta, è successiva al provvedimento gravato.
Parimenti imprescindibile, ai fini del legittimo esercizio dell'attività ricettiva, è il certificato di agibilità, e ciò sempre in forza del sopra richiamato art. 23, comma 2 l.r.V. n. 11/2013.
Pertanto, essendo all’epoca incontestato che l'unità immobiliare di cui trattasi fosse priva di una qualsivoglia attestazione in ordine alla legittimità degli scarichi reflui oltre che del certificato di agibilità è evidente la legittimità e doverosità dell’impugnato provvedimento.
Del pari infondato è il secondo motivo, con cui si deduce la presunta contraddittorietà derivante dal fatto che il Comune di Venezia avrebbe dapprima "invitato" la ricorrente a regolarizzare l'attività mediante l'ottenimento dell'attestazione di legittimità degli scarichi reflui nel termine di 120 giorni e poi, ancor prima della scadenza del predetto termine, adottato il provvedimento di annullamento impugnato.
Risulta invece che, con il provvedimento della Direzione Ambiente, datato 27/08/2015, il Comune, accertato il difetto dell'autorizzazione del Provveditorato, aveva diffidato l'esercente dall'utilizzo degli scarichi non autorizzati, con effetto immediato e sino all'eventuale ottenimento di nuova autorizzazione, pena, in difetto, la denuncia ex art. 650 c.p. ; è pertanto evidente che non si determina alcun conflitto con il successivo intervento dell’annullamento impugnato, che non poteva in alcun modo ritenersi vincolato ad attendere il termine fissato per l’adeguamento degli scarichi, che risultavano comunque, allo stato, non autorizzati e non potevano legittimare il prosieguo dell’attività e l’utilizzo dell'immobile a tale fine.
Infondato è, infine, anche il terzo motivo, dove parte ricorrente lamenta di non essere stato ammesso a godere del regime transitorio di cui all'atto di indirizzo della Giunta comunale n. 6 del 28/02/2014, che consente al subentrante nell'esercizio di attività ricettive che abbiano subito trasformazioni edilizie rilevanti per i profili della certificazione di agibilità, di continuare l'esercizio per giorni 730 dalla presentazione della s.c.i.a. a condizione che il subentrante stesso abbia nel frattempo presentato asseverazione semplificata di agibilità. Come testualmente si legge nell’atto impugnato il Comune ha escluso l'applicabilità di tale deroga evidenziando come l'odierna ricorrente non sia subentrata nell'esercizio dell'attività al precedente titolare, essendo semplicemente mutata la compagine societaria, ma non il gestore.
Trattasi infatti della medesima società (Fratelli Moro s.n.c.), tant'è che non è stata presentata alcuna s.c.i.a, per sub ingresso, per cui è evidente che non sussistevano i presupposti per beneficiare di tale regime transitorio.
Quanto alla impugnazione - in via subordinata - dell'atto di indirizzo cosi come interpretato dall'Amministrazione, per asserito eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento, il Collegio rileva la fondatezza dell’eccezione sollevata dal Comune di inammissibilità della censura per genericità ed indeterminatezza dal momento che essa si sostanzia unicamente nella citazione di tali figure sintomatiche dell’eccesso di potere.
In ogni caso, il Collegio deve anche rilevare la fondatezza della affermazione del resistente comune che ha chiarito come il sub ingresso- diversamente da quanto asserito in ricorso – non ricorre unicamente nelle ipotesi di trasferimento o affitto del ramo d'azienda, potendo intervenire anche in altre ipotesi, quali possono essere, a titolo esemplificativo, i casi di donazione, compravendita, fusione, fallimento ecc.

Per quanto sopra il ricorso è infondato e deve essere respinto. TAR Veneto, sez. III 29/01/2016, n. 93

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