lunedì 17 ottobre 2016

Affittacamere . Necessità di omissioni ingannevoli per giustificare l’annullamento dell’atto autorizzatorio


Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 6.10.2015, n. 5856
1.– La sig.ra  ha impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania i provvedimenti, adottati dal Comune di annullamento dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività diaffittacamere e il provvedimento di rigetto della domanda di condono edilizio relativa a determinare opere effettuate dall’appellante stessa.
Con il primo provvedimento, il Comune ha annullato le autorizzazioni rilasciate per le seguenti ragioni:
a) «indisponibilità giuridica, all’atto della presentazione delle domande, degli immobili destinati a dette attività, discendente dai sequestri del 9 febbraio 2004, del 16 marzo 2004 e del 1° ottobre 2004, mai revocati dall’autorità giudiziaria al punto che in data 10 febbraio 2013 è stata contestata la violazione dei sigilli e disposto un ulteriore sequestro giudiziario»;
b) «per la non conformità urbanistico-edilizia dei medesimi immobili destinati alle attività in contestazione»;
c) «per la mancata presentazione delle situazioni sub a e sub b, all’atto della presentazione delle istanze di autorizzazioni e licenze (...);in particolare, per non avere rappresentato, all’atto delle rispettive domande, che gli immobili, indicati come residenza da adibire ad attività di affittacamere, non erano in realtà residenziali (abitazioni), in quanto fin dalla data del 31 marzo 2003 erano stati illegittimamente trasformati a destinazione alberghiera, come in tale senso dichiarato nelle sopra richiamate domande di condono».
Con il secondo provvedimento il Comune ha esaminato talune domande di condono, rigettandole. Come si dirà oltre, tale provvedimento non ha riguardato domande presentate dalla sig.ra Sorrentino.
3.3.– La causa è stata decisa all’esito della udienza pubblica del 6 ottobre 2014. In tale udienza, il Comune si è opposto al rinvio, facendo presente che l’atto di avvio del procedimento è dipeso dalla mancanza conoscenza da parte del funzionario preposto della pendenza dell’appello.
4.– L’appello è infondato.
4.1.– L’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per le seguenti ragioni:
a) la questione della mancanza di opere edilizie nelle sei camere non sarebbe motivo posto a base del provvedimento impugnato;
b) l’indisponibilità giuridica sarebbe conseguenza dei sequestri giudiziari risultanti esistenti all’atto dell’adozione del provvedimento di annullamento impugnato;
c) la non conformità urbanistico-edilizia, conseguente alla pluralità di abusi esistenti sul fabbricato nel corso del 2004;
d) la falsa rappresentazione dei dati di cui alle lettere b) e c) da parte dell’appellata al momento della presentazione della domanda di autorizzazione.
L’appellante critica, inoltre, la sentenza nella parte in cui ha ritenuto assimilabile l’attività di affittacamere a quella alberghiera, in ragione della diversità tipologica delle attività. Inoltre, si rileva come la parte appellata aveva presentato, nel 2004, «istanza di condono edilizio nella quale dichiarava che il fabbricato (…) era da destinarsi ad attività alberghiera, tale essendo la finalità delle opere edili autorizzate senza permesso».
I motivi non sono fondati.
In relazione al punto a), il preteso errore del primo giudice nel valutare un profilo non oggetto del provvedimento impugnato non ha rilevanza ai fini della presente decisione.
In relazione al punto b), a parte l‘effettiva esistenza della perdurante efficacia dei sequestri, tale provvedimenti, come bene mette in rilievo l’appellata, esistevano comunque al momento del rilascio dell’autorizzazione; e non viene indicata alcuna ragione che giustifichi l’annullamento nel 2013.
In relazione al punto c), è sufficiente rilevare che la questione edilizia è stata affrontata in modo indebito dal Comune, come sopra risulta: con la conseguenza che non può, allo stato, costituire valida ragione di annullamento dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale.
In relazione al punto d), alla luce di quanto esposto non risultano omissioni ingannevoli al momento della domanda di autorizzazione per giustificare l’annullamento dell’atto autorizzatorio rilasciato. Per l’asserita falsità per la mancata comunicazione circa la destinazione dei beni a finalità alberghiera e non di affittacamere, si deve anzitutto rilevare che l'attività di affittacamere, pur differenziandosi da quella alberghiera per le dimensioni modeste, richiede non solo la cessione del godimento di un locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno (cfr. Cass., II, 8 novembre 2010, n. 22665).
Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, deve ritenersi che (a prescindere dall’effettività del mutamento di destinazione e dalla valenza della rinuncia alla domanda di condono da parte dell’appellante, successivamente intervenuta) non sussiste la radicale oggettiva diversità tra le due modalità di destinazione denunciata dall’appellante. Si tenga conto, inoltre, che la legge della Regione Campania 24 novembre 2001, n. 17 (Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere) dispone che, in caso di gestione delle camere secondo modalità differenti da quelle autorizzate dalla legge, si applicano soltanto sanzioni pecuniarie. In definitiva, non è configurabile una falsa rappresentazione in ordine al denunciato cambio di destinazione dell’immobile, considerata la parziale sovrapposizione tra le due forme di destinazione e la circostanza che l’eventuale impiego del bene secondo modalità parzialmente diverse da quelle che configurano l’”affittacamere” comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria. 5.– Per le ragioni sin qui esposte, i provvedimenti impugnati risultano privi di un’adeguata motivazione e di istruttoria, sono illegittimi e vanno annullati.



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