mercoledì 6 aprile 2016

Referendum 17 aprile

Su che cosa si vota. 
La partita aperta non riguarda nuove trivellazioni per la ricerca di gas e petrolio. Si tratta di decidere, invece, se le piattaforme in mare, entro le 12 miglia dalle nostre coste (più o meno a 20 chilometri da terra) possono continuare a tempo indeterminato a estrarre idrocarburi, fino all’esaurimento dei giacimenti, oppure se alla scadenza delle concessioni devono chiudere i battenti.

Vota No (all'abrogazione della norma),
Il fronte del No e dell’astensione. No e astensione vanno visti insieme perché si tratta di due modalità o di due vie per far fallire il referendum.  A spingere per la difesa della situazione attuale e, dunque, per la continuazione dell’estrazione di gas e petrolio fino all’esaurimento dei giacimenti sono il governo, la parte largamente maggioritaria del Pd, le altre forze della maggioranza, Ncd e Scelta civica. Anche Forza Italia è a favore delle norme in vigore. Nello schieramento rientrano, naturalmente, tutti i gruppi energetici e a maggior ragione quelli interessati alle piattaforme coinvolte nel referendum. 
Per battersi contro il referendum è nata l’associazione Ottimisti e Razionali, costituita da politici o ex politici (come Gianfranco Borghini e il presidente di Assoelettrica Chicco Testa), imprenditori, giornalisti e associazioni per lo sviluppo sostenibile come Amici della Terra.

Vota SI
Il fronte del Sì. A sostenere l’esigenza di abrogare la norma pro-piattaforme e, dunque, a spingere per la più rapida fine delle estrazioni sono, come indicato, innanzitutto le nove regioni – quasi tutte a guida Pd – che hanno proposto il referendum. Ma dello schieramento fanno parte largamente tutte le principali associazioni ambientaliste presenti in Italia. A livello di movimenti e partiti politici, in prima fila i 5 Stelle e Sinistra italiana, ma anche la Lega. Più divise e frastagliate Forza Italia (tendenzialmente per il no), Fratelli d’Italia e le formazioni minori presenti in Parlamento (Ala e dintorni). Si ritrova su Sì anche una parte minoritaria del Pd, a cominciare dall’ex capogruppo Roberto Speranza. 
Se si dovesse raggiungere il quorum per la validità della consultazione – il 50 per cento più uno – e i Sì dovessero vincere, le piattaforme attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa saranno eliminate una volta scaduta la concessione, anche in presenza di giacimenti non esauriti. Nessun effetto invece né per le perforazioni su terra e in mare oltre le 12 miglia né per le nuove perforazioni entro le 12 miglia, già vietate con l’ultima legge di Stabilità.  
“Se vince il Sì ritornerebbe in vigore l’art. 9 comma 8 della legge 9/91 che dice: “Al fine di completare lo sfruttamento possono essere concesse altre proroghe al concessionario se ha adempiuto a tutti gli obblighi”.

La strada del referendum è stata presa da nove consigli regionali perché la discussione con il governo non procedeva. “”Era così complicato, Matteo, parlarne ed evitare il referendum? O c’era qualcosa al ministero dello Sviluppo economico che impediva la discussione sul tema energetico?”, domanda Emiliano a Renzi, riferendosi ovviamente alle intercettazioni tra l’ex ministro Guidi e il suo compagno che hanno costretto la ministra alle dimissioni

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