mercoledì 30 marzo 2016

Affido condiviso. Definizione casa familiare

La Corte di Cassazione – sentenza n. 3331/2016 –  aderisce alla prospettazione della Corte territoriale . Secondo il ricorrente, la sentenza di appello non avrebbe considerato le risultanze della CTU che aveva descritto la madre come “poco sincera, ansiosa, perplessa ipervigile rigida, irritabile, critica, polemica eccitata psicomotoriamente, affetta da tremori ed irrequieta, demotivata e facilmente affaticabile”.
La Corte avrebbe inoltre omesso di considerare che il minore avesse trascorso i primi anni di vita senza la madre e che il padre possedesse migliori qualità genitoriali.
Secondo la Cassazione il giudice, con valutazione di fatto del tutto incensurabile, ha invece ritenuto, che elemento determinante dovesse essere considerata la maggiore capacità della madre di garantire continuità di rapporto con entrambi i genitori.
Il secondo e innovativo principio enucleato dalla Cassazione riguarda la definizione di casa familiare ai fini del provvedimento di assegnazione ad uno dei genitori nell’’interesse del figlio.
L’uomo, infatti, lamentava che il figlio non avesse mai abitato la casa familiare e pertanto non ci sarebbe stato interesse alla conservazione dell’habitat precedente al disgregamento familiare.
In effetti, l'art. 337 sexies c.c. indica il criterio dell'interesse dei figli per stabilire a quale dei genitori dovrà essere attribuito il godimento dell'abitazione, ma non determina quali caratteristiche debba avere l’abitazione per risultare destinato a ciò.
La questione è rilevante nei casi in cui non risulti in modo inequivoco che la situazione preesistente alla crisi della coppia, sia caratterizzata da una stabile e continuativa utilizzazione dell’immobile come abitazione del nucleo familiare.
Nel caso di specie, tuttavia, i genitori del minore hanno destinato di comune accordo e con impegno economico comune, un immobile a loro abitazione familiare e vi hanno anche convissuto stabilmente prima della cessazione della convivenza.
La casa “familiare” preesisteva alla nascita del figlio minore e il temporaneo allontanamento dovuto al conflitto del nucleo genitori-figli non ha modificato la preesistente destinazione.

Sembra quindi prevalente il nesso logico: la casa è assegnata al coniuge quindi ad esso va assegnato anche il figlio.

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