martedì 19 gennaio 2016

Prescrizione dei reati edilizi dopo la legge Cirielli

Prescrizione dei reati edilizi dopo la legge Cirielli
La legge Cirielli  ha portato ad una generale abbreviazione dei tempi prescrizionali, incidendo negativamente sulla situazione processuale, già gravata dalla difficoltà di smaltire, in tempi veloci, l’eccessivo carico di lavoro con l’unica eccezione del cd. illecito “bagatellare” o di minore gravità in particolare a tutte le contravvenzioni.
Anche per le contravvenzioni, in passato, il termine prescrizionale era sempre più breve: tre anni per tutte le contravvenzioni punite con la pena detentiva (sola, congiunta o alternativa a quella pecuniaria) e addirittura due anni per quelle contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda. Per effetto invece della riforma, il limite prescrizionale sale per tutte le contravvenzioni (comunque punite, anche solo con la pena pecuniaria) a quattro anni.
Per il principio costituzionale dell'irretroattività della norma penale sfavorevole di cui all'art. 25 C., ove le nuove disposizioni abbiano l'effetto di produrre un incremento dei termini prescrizionali, esse potranno trovare applicazione solo con riferimento a fatti che si siano realizzati successivamente all'entrata in vigore della legge stessa. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 393 del 23 novembre 2006, ha dibattuto e deciso sulla questione. Quanto detto vale esclusivamente per gli aspetti penali del reato di abuso edilizio, in quanto la violazione amministrativa - e la conseguente applicazione delle misure repressive previste dalla legge - non è soggetta ad alcun termine.

Come interagisce col calcolo della prescrizione la sospensione del processo.
L’incremento dei termini prescrizionali interagisce sul calcolo della prescrizione nei casi di sospensione del processo.
Un orientamento giurisprudenziale afferma che una eventuale sospensione del processo concessa senza che ricorrano le condizioni per l'ottenimento della concessione in sanatoria ex artt. 44 della L. 47/85 ovvero del condono edilizio ex art. 32 della L. 269/03, deve considerarsi tamquam non esset con conseguente maturazione del termine prescrizionale dopo la scadenza del termine massimo quinquennale ex art. 157 cod. pen. (salve eventuali sospensioni disposte per altra causa).
Detto orientamento ha trovato ulteriori applicazioni in pronunce della terza Sezione, quali, tra le tante, la n. 563 del 17 novembre 2005, Martinico, Rv. 233011, secondo cui la sospensione per reati edilizi prevista dall'art. 44 della L. 47/85 in relazione alla domanda di condono edilizio presentata ai sensi dell'art. 32 del D.L. 260/03 convertito nella L. 326/03, non può essere disposta in relazione ad opere non condonabili.
La eventuale sospensione disposta dal Giudice di appello deve considerarsi inesistente con le ovvie ricadute in tema di computo dei termini di prescrizione del reato. Su questo stesso filone interpretativo si colloca altra pronuncia della Sez. 3 n. 9670 del 26.1.2011, Rizzo ed altro, Rv. 949606 con la quale è stato ribadito il principio della inapplicabilità della sospensione del processo ex art. 159 cod. pen. in tema di reati edilizi laddove si verta nella ipotesi di opere edilizie non condonabili.
La Cass. Pen. Ord. Sez. 3, n. 49652 Anno 2015 ritiene invece diverso il criterio informatore cui si ispira la sospensione del processo in materia di reati urbanistici, la quale - per i casi regolati dagli artt. 38 e 44 della L. 47/85 e dall'art. 39 della L. 724/94 e per quelli regolamentati dall'art. 32 della L. 326/03 (assimilabile a quelli previsti dal menzionato art. 39) - in tanto potrà essere applicata in quanto l'opera edilizia risulti astrattamente sanabile o condonabile, previa valutazione preventiva da parte del giudice, ovvero ex post.
Una volta accertato da parte del giudice, nel corso del processo di merito, che il rilascio della concessione edilizia è stato negato o non poteva essere disposto, considererà tamquam non esset la sospensione medio tempore disposta, con inevitabile refluenza sul corso della prescrizione.
Nel caso, invece, ricadente sotto il paradigma dell'art. 13 della L. 47/85, trattandosi di sospensione del processo accordata su richiesta dell'imputato, anche laddove la domanda non dovesse essere accolta in esito all'iter della procedura azionata dal privato, la sospensione del processo penale opererebbe sempre e di essa si deve tenere conto ai fini del computo del termine prescrizionale, proprio perché conseguente ad una istanza difensiva che prescinde dal giudizio preventivo da parte del giudice sulla assentibilità dell'opera.
Se così è, si profila un contrasto interpretativo sulla estensibilità anche alla disciplina prevista dal combinato disposto degli artt. 13 e 22 della L. 47/85 (oggi artt. 36 e 45 del D.P.R. 380/01) delle regole riguardanti gli effetti della sospensione del processo sulla prescrizione laddove si verta in ipotesi disciplinate degli artt. 44 e 38 della L. 47/85 ovvero dagli artt. 39 della L. 724/94 e 32 della L. 326/03.
La regola generale secondo la quale in caso di inaccoglibilità della sanatoria non può ritenersi la sospensione del procedimento penale (con le ovvie conseguenze con riguardo alla prescrizione del reato) e ciò indipendentemente dal fatto che il giudice abbia disposto o negato la sospensione del procedimento, dovendosi nel primo caso ritenere la sospensione inesistente", varrebbe anche per quei casi nei quali le istanze di rinvio presentate dall'imputato (o dal difensore) rivolte ad ottenere la sospensione del processo in attesa del rilascio del provvedimento amministrativo ai sensi dell'art. 13 della L. 47/85 (oggi 36 D.P.R. 380/01), siano state accolte dal giudice. In tal caso, invece, dovrebbe trovare applicazione in tale ultima ipotesi il disposto di cui all'art. 159 comma 1 par. 3) del cod. pen. che àncora la sospensione del processo ad apposita istanza difensiva.
Per la sez. 3 pen. appare quindi necessario un intervento risolutore della Suprema Corte al fine di indicare se il periodo di sospensione per reati edilizi, disposta dal giudice a seguito di presentazione della istanza di concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 13 della L. 47/85 (oggi art. 36 del D.P.R. 380/01) per opere originariamente o successivamente non assentibili sia assoggettato, o meno, all'identico regime previsto per le sospensioni disposte dal giudice in relazione ad istanze avanzate dal privato in via amministrativa dirette ad ottenere la sanatoria ex art. 44 della L. 47/85, ovvero ex art. 38 della stessa legge, ovvero ancora in relazione ad istanze avanzate ai sensi dell'art. 39 della L. 724/94 ovvero ai sensi dell'art. 32 del D.L. 269/03, convertito nella L. 326/03, per opere originariamente o successivamente non condonabili.
A tal fine la sez. 3 pen.ha richiesto alle Sez. Un. di verificare se il periodo di sospensione disposto dal giudice nelle ipotesi di presentazione di istanza per la concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 13 della L. 47/85 debba, o meno, essere considerato in tutto o in parte ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato edilizio, e se, in caso di successive istanze di rinvio del processo dinnanzi al giudice penale ed all'esito negativo della domanda amministrativa di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, si applichino, o meno, le disposizioni previste dall'art. 159 comma 10 par. 3) del codice penale per effetto di richieste di rinvio su istanze del privato.

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