mercoledì 21 ottobre 2015

società di leasing risoluzione del contratto di fornitura

La clausola generale di buona fede impone alla società di leasing di agire per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo di compravendita ove il bene fornendo non sia stato consegnato ovvero risulti affetto da vizi.
Con sentenza n. 19785 del 26.5.2015, depositata in data 5.10.2015, le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute,  tutela riconoscibile all’utilizzatore del bene in leasing in caso di vizi della cosa locata ed in particolare sull’esperibilità in via diretta dell’azione di risoluzione del contratto per inadempimento del fornitore, indipendentemente dall’esistenza di una clausola negoziale che lo legittimi a far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.
In primo grado, il Tribunale di Verona aveva disposto la risoluzione del contratto di fornitura, applicando in via analogica il disposto dell’art. 1705 comma 2 c.c. in tema di mandato senza rappresentanza.
La pronuncia era stata annullata in appello per difetto di legittimazione attiva dell’utilizzatore.
Con ricorso per cassazione, quindi, era stato formulato alla Suprema Corte il quesito di diritto “se vi è stata violazione e falsa applicazione dell’art. 1705 c.c. e dei criteri che presiedono all’interpretazione dei negozi giuridici in virtù dei quali nel contratto di locazione finanziaria all’utilizzatore è riconosciuta, quale effetto naturale connaturato all’operazione di locazione finanziaria stessa, una tutela diretta verso il fornitore per i vizi della cosa anche in assenza di specifiche clausole contrattuali, avendo ritenuto nel caso di specie la Corte di Appello di Venezia, nonostante la pacifica e documentata sussistenza della locazione finanziaria, il difetto di legittimazione attiva dell’utilizzatore, sul presupposto che la stessa dovesse avere la propria fonte in un patto contrattuale non rinvenuto agli atti del giudizio;
dovendosi invece dichiarare sussistente la legittimazione attiva dell’odierna ricorrente quale utilizzatore nel contratto di locazione finanziaria (…), con ogni conseguenza di legge”.    
E’ pacifica la configurazione del leasing c.d. finanziario come collegamento negoziale tra il contratto di compravendita, intercorso tra società di leasing (lessor) e fornitore, ed il contratto di leasing in senso stretto, stipulato tra il lessor e l’utilizzatore (lessee).
era risultata controversa la tutelabilità dell’utilizzatore a fronte di un inadempimento del fornitore per mancata consegna del bene e soprattutto per vizi occulti della cosa.
Mancando, infatti, un vincolo contrattuale diretto tra utilizzatore e fornitore, dottrina e giurisprudenza erano state tutte protese negli ultimi anni all’individuazione del meccanismo giuridico attraverso il quale, nell’inerzia della società di leasing, consentire al lessee un’azione diretta nei confronti del fornitore inadempiente, in deroga al principio di relatività degli effetti giuridici del contratto  1372 c.c.
La principale delle ricostruzioni favorevoli all’azione diretta poggiava sul parallelismo tra il rapporto lessor/lessee e quello mandante/mandatario senza rappresentanza: l’utilizzatore si sarebbe trovato in una posizione equiparabile a quella del mandante e la società di leasing a quella del mandatario senza rappresentanza.
L’operazione economica che interviene tra concedente, utilizzatore e fornitore (…) dà luogo (…) ad un collegamento negoziale tra un contratto di compravendita ed un contratto di locazione finanziaria, per effetto del quale l’utilizzatore è legittimato ad esercitare in nome proprio le azioni scaturenti dal contratto di fornitura. (…) in caso di leasing finanziario l’utilizzatore è legittimato a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno conseguentemente sofferto, nonché ancora all’accertamento dell’esatto corrispettivo spettante al fornitore: l’utilizzatore non è, invece, normalmente legittimato all’azione di risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore e la società di leasing, salva la presenza di una clausola contrattuale che trasferisca in capo all’utilizzatore la posizione sostanziale spettante al concedente.
I giudici a quibus, tuttavia, dubitavano che tale decisum potesse trovare applicazione sic et simpliciter anche in materia di leasing finanziario, alla luce delle peculiarità di siffatto negozio giuridico e segnatamente:
1.      L’utilizzatore a differenza del mandante ha un rapporto diretto con il fornitore, che individua personalmente e con cui tratta le condizioni di fornitura del bene, che la società di leasing dovrà acquistare;
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 ricostruzione  pacifica, secondo la quale il leasing finanziario realizzerebbe un’ipotesi di collegamento negoziale tra contratto di leasing in senso proprio e contratto di fornitura, venendo quest’ultimo concluso con lo scopo, noto al fornitore, di far conseguire all’utilizzatore il godimento ed eventualmente la disponibilità giuridica del bene compravenduto. I sostenitori di questa tesi, ritenendo invocabile in via analogica l’applicazione dell’art. 1705 c.c., avevano sostenuto che l’utilizzatore potesse esperire in via diretta nei confronti del fornitore le azioni derivanti dal contratto di fornitura spettanti alla società di leasing di carattere manutentivo (azione di adempimento e di esatto adempimento) e risarcitorio (risarcimento danni da inadempimento), anche in assenza di una precipua pattuizione.
Secondo gli Ermellini, non vi sarebbe dubbio in ordine alla dimensione trilaterale della vicenda e sulla correttezza dell’interpretazione giuridica della stessa in termini di collegamento  tra i due contratti, di vendita e di leasing, che mantengono tuttavia la loro autonomia, tranne che per le sole “interdipendenze che realmente condizionano l’attuazione dell’operazione economica”. Rilevano che la prassi commerciale ha già in parte risolto il problema della tutelabilità dell’utilizzatore a fronte dell’inadempimento del fornitore, con la previsione, come contenuto standard dei contratti di leasing, di clausole di cessione all’utilizzatore dei diritti nascenti da responsabilità del fornitore. Precisano tuttavia che rimane viva la questione della tutela dell’utilizzatore, in mancanza di simili pattuizioni. Ad avviso delle SS.UU., nel caso che ci occupa, il principio di relatività degli effetti giuridici del contratto, ritenuto derogabile in casi di collegamento negoziale c.d. tecnico, osterebbe al riconoscimento del diritto dell’utilizzatore ad agire in via risolutiva nei confronti del fornitore. Perché si possa configurare un collegamento in senso tecnico, che impone di considerare la fattispecie unitaria secondo il principio simul stabunt simul cadent, “è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche da un punto di vista causale”. 
Pur tuttavia l’utilizzatore non può essere lasciato sfornito di garanzie, allorquando tali clausole non siano state predisposte e la società di leasing non si adoperi spontaneamente a sostegno degli interessi dell’utilizzatore. Viene, pertanto, individuato un rimedio ad hoc che nel rispetto del principio ex art. 1372 c.c., consenta all’utilizzatore di ottenere una tutela eguale a quella che gli rinverrebbe dal riconoscimento di un’azione diretta nei confronti del fornitore.
Allora, ferma restando la tutela aquiliana ex art. 2043 c.c. nei confronti del fornitore, che con la propria condotta abbia determinato l’impossibilità per il lessee di ritrarre le utilità convenute con il contratto di leasing, le Sezioni Unite propugnano una soluzione innovativa, distinguendo due eventualità:
1.      in caso di mancata consegna del bene ovvero di rifiuto dell’utilizzatore di accusare in ricezione il bene, riscontrati i vizi che ne inficino il valore o l’impiego del bene per l’uso convenuto, la società di leasing ha l’obbligo di sospendere il pagamento del prezzo al fornitore; sussistendone i presupposti, poi, è altresì obbligata all’esperimento dell’azione di risoluzione del contratto di fornitura, al cui scioglimento segue, come effetto diretto ed automatico, il travolgimento anche del contratto di leasing;
2.      in caso di vizi occulti o in mala fede taciuti dal forniture, di cui l’utilizzatore si avveda dopo la sottoscrizione del verbale di accettazione della consegna, il lessee può agire direttamente nei confronti del fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione del bene. Qualora ricorrano le condizioni legittimanti la risoluzione del contratto, invece, il concedente, informato dall’utilizzatore dell’emersione dei vizi, ha l’obbligo ex artt. 2 cost. e 1375 c.c., di agire nei confronti del fornitore per la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, con i medesimi effetti di cui sopra.
In ogni caso, l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni eventualmente pagati al concedente e da questi trattenuti, con una previsione contrattuale più ampia di quella prevista dall’art. 1458 comma 1 c.c. i contratti simallagmatici con prestazioni periodiche.
La soluzione offerta dalle Sezioni Unite costituisce un mirabile esempio di ingegneria giuridica, nell’ottica dell’equo bilanciamento tra gli interessi della società di leasing ad assumere e conservare il ruolo di mero finanziatore e quello dell’utilizzatore di acquisire la detenzione qualificata di un bene rispondente alle pattuizioni convenute con il fornitore. Il limite derivante dal principio di relatività degli effetti giuridici del contratto viene superato grazie all’imposta conformazione della condotta del lessor alla clausola generale di buona fede nell’esecuzione del contratto di leasing, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 Cost. e 1375 c.c.

 Il concedente è tenuto ex legead agire per la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, appena ricevuta dal lessee comunicazione dell’inadempimento e previa costituzione in mora dell’inadempiente. Con la richiesta rivoltagli dall’utilizzatore, si determina comunque la sospensione  immediata del pagamento dei canoni di locazione, sicché per l’utilizzatore viene approntata una tutela sostanzialmente eguale a quella che gli deriverebbe dal riconoscimento di un’azione diretta nei confronti del fornitore; la risoluzione del contratto di fornitura comporta poi l’automatico travolgimento del contratto di leasing. L’utilizzatore può chiedere al fornitore il risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c., eziologicamente correlati al di lui inadempimento, comprensivi della restituzione dei canoni già pagati alla società di leasing.

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