martedì 15 settembre 2015

Perché in Italia le imprese estere non pagano le tasse sui profitti realizzati in italia

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Un’azienda italiana paga il 31,4 per cento di tasse sugli utili. Se fosse in Irlanda, pagherebbe il 12,5 per cento. E se invece fosse una multinazionale americana avrebbe una possibilità molto interessante: abbassare l’aliquota al 2,5 per cento, grazie a una sede in Irlanda, esattamente come accaduto a Apple e come denunciato in questi giorni sul Financial Times.
Cosa significa, in concreto? Che l’anno scorso, grazie a questo trucco, Google ha evitato di pagare quasi 9 miliardi di euro di tasse. È una cifra di tutto rispetto – l’Imu sulla prima casa, per capirci, vale 4 miliardi – che Google risparmia grazie a un sistema che è perfettamente legale. 
Apple ha "salvato" 29 miliardi di euro dal fisco con uno stratagemma intuitivo: non ha dichiarato il domicilio fiscale delle sue sedi a Cork, in Irlanda. 
A dar retta al governo di Dublino, dal 2015 non potrà più farlo. Potrà però seguire lo schema che già fa la felicità di aziende come Google: il "doppio irlandese con panino olandese" (Double Irish with a Dutch Sandwich). È una triangolazione tra una sede irlandese, una olandese e una in un paradiso fiscale (dove agli utili d’impresa viene applicata un’aliquota molto interessante: zero).
Abbiamo una società americana, che ha una sede in Irlanda, dove ha assunto delle persone. Le tasse sui dipendenti e sulle strutture le paga al fisco irlandese, come ogni altra azienda. Gli utili, invece, fanno un giro più complicato, per finire in paesi in cui non sono tassati. 
Agli occhi del fisco, infatti, la sede irlandese è controllata da una olandese, che a sua volta risulta sussidiaria di una registrata in un paradiso fiscale (nel caso di Google, le Bermuda).
Lo schema sfrutta tre norme a suo favore: primo, l’Irlanda permette a un’azienda di pagare le tasse nello stato da cui viene controllata (e le sedi irlandesi di Google risultano sussidiarie di un “quartier generale” alle Bermuda); secondo, un trasferimento fiscale tra Irlanda e un paradiso fiscale è tassato, ma quello tra Irlanda e Olanda no (perché passa tra due paesi dell’Unione Europea); terzo, in base alle leggi olandesi, il trasferimento all’estero non è tassato. Questa triangolazione costa pochissimo: la strada è tortuosa, ma alle Bermuda arriva circa il 99,8 dei soldi che erano partiti dall’Irlanda.
Quindi, riassumendo (e semplificando): Una società italiana vuole farsi pubblicità su Internet. La compra da Google, che gliela vende attraverso la sua sede irlandese. Quello che Google guadagna con operazioni come questa andrebbe tassato al 12,5 per cento. Invece, gli utili passano (con un trasferimento tax free) a una società olandese e poi (di nuovo con passaggio tax free) a una seconda società irlandese, sussidiaria di una sede delle Bermuda (dove gli utili d'impresa non vengono tassati). Risultato: si risparmiano miliardi di euro, che altrimenti sarebbero finiti al fisco di Dublino.
Ma le imprese non dovrebbero pagare le tasse nei paesi in cui generano profitti? 
"È vero, ma il problema è capire da dove vengano i profitti", dice Stewart. Per aziende come Google sono il frutto delle innovazioni che porta in campo tecnologico. E chi detiene i diritti sui brevetti? La sede alle Bermuda. Per questo motivo "Google può dire: i profitti che faccio in giro per il mondo sono il frutto di tecnologie che sono proprietà della mia sede alle Bermuda, perciò le tasse le pago lì". Sempre che ce ne siano.
Perché un sistema del genere è legale?
Perché ci guadagnano tutti: l’Irlanda ha attirato 700 società americane, che danno lavoro a 115 mila irlandesi (su cui pagano miliardi di euro di tasse). 
In Olanda si dà lavoro a molti intermediari e i paradisi fiscali incassano cifre consistenti. Anche gli Stati Uniti sono soddisfatti, per quanto non possano dirlo questi escamotage fiscali danno un vantaggio alle loro aziende, che continuano a dare lavoro e a pagare tasse anche in patria. 
Gli unici perdenti, in questo gioco, sono i paesi europei  gli utili che queste aziende fanno in Italia vengono tassati in paradisi fiscali.
Intanto si fanno appostamenti per controllare gli scontrini del caffé! 

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