mercoledì 11 febbraio 2015

Al mio paese. Il giocattolo.

Al mio paese. Il giocattolo.
Il sindaco del mio paese ha in mano un divertente giocattolo che ai contribuenti costa solo venti milioni di euro all’anno.
Ottocento dipendenti , dirigenti compresi, costano quella cifra. Uno penserà lui e i suoi consiglieri, salvo qualche eccezione  sono persone esperte nella gestione del personale, sanno tutto delle procedure amministrative, hanno una innata capacità manageriale?
Invece no.
Non sanno nulla di tutto ciò , ma in compenso sono esperti di politica. A sentirli parlare sanno tutto spiegano tutto, in compenso non accettano critiche  non vogliono neppure sentire parlare qualcuno che li contraddica magari a ragione o che ponga delle domande imbarazzanti.
Peraltro non è che quelli dell’opposizione abbiano particolari elementi su cui fondare le loro critiche perché anche loro nella maggior parte dei casi non sanno nulla di amministrazione.
Ma allora che cosa ci son andati a fare nella stanza dei gettoni?
Ci sono buoni motivi.
Permesso che in un paese  di cultura cattolica fondato sul principio dell’autorità che viene dall’alto essere nominato primo cittadino comporta ab origine una investitura particolare che attribuisce in automatico una patente di autorità costituita, ci vogliono mesi di azioni insensate per far ravvedere gli elettori che a tal punto devono aspettare la scadenza del mandato per cambiare opinione.
I  motivi che spingono  le persone ad interessarsi del comune sono:
 il desiderio di comandare, di essere in una posizione privilegiata nei confronti di tutti quelli che devono rapportarsi con l’amministrazione per intraprendere qualunque attività soggetta a controllo;
la  possibilità di dare incarichi a chi la pensa come loro, magari fratelli, parenti, amici, conoscenti,
distribuire incarichi retribuiti oggi è un affatto meritorio in periodi di crisi economica.
Se ci sono problemi, ad esempio di ordine pubblico, quelli che ardono dal desiderio di comandare sono i primi a volere  attendere la magistratura la Questura , la Prefettura .
Dove c’è da prendere decisioni vi è subito un distinguo: ma queste decisioni  competono di certo al Comune o al sindaco o agli  uffici comunali?
Se c’è da discutere soprattutto di cultura di assistenza di dare contributi magari chiedendoli a regione Stato Comunità europea tutti sono  pronti a fare la voce grossa ma senza disturbare di fondo nessuno.
Sulle infrastrutture per carità non disturbiamo Stato o regione o Trenitalia che potrebbero inquietarsi meglio attendere gli eventi.
Meglio discute fare dei tavoli di confronto così il tempo passa e può essere che con un po’ di fortuna le cose si aggiustino d asole o che chi protesta si stanchi.
Viene da chiederci ma cosa serve in realtà questa politica?
Se questo giocattolo fosse gestito in maniera più efficiente , non darebbe più servizi e non costerebbe meno?


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