mercoledì 19 novembre 2014

Cimiteri

IN MEMORIA DI NICOLA E GRAZIELLA DI MARZO

I CIMITERI
Concessioni e servizi cimiteriali. Polizia Mortuaria

Indice

PARTE I
IL PIANO REGOLATORE CIMITERIALE

Capitolo 1
LE FONTI

1. I principi statali in materia di polizia mortuaria.
2. La potestà legislativa fra Stato e regioni.
3. Le prospettive future.
4. La legislazione regionale.
4.1. La L. R. Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33.
4.1.1. La sepoltura dei feti nel Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1.
4.2. La L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
4.3. La L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
5. I rapporti tra lo Statuto comunale e il regolamento di polizia mortuaria.
6. Il regolamento comunale di polizia mortuaria.
6.1. I regolamenti comunali alla luce della L. Cost. n. 3 del 2001.
7. Il cimitero come bene del demanio comunale specifico.
8. I cimiteri di guerra.
9. I reparti speciali.
10. Le cappelle private fuori dai cimiteri.

Capitolo 2
LA LOCALIZZAZIONE DEI CIMITERI

1. Il piano regolatore cimiteriale.
1.1. Gli effetti dell’approvazione del piano.
1.2. La competenza all’approvazione della costruzione del cimitero.
2. La fascia di rispetto.
3. Le deroghe.
3.1. Il potere comunale di indicare una distanza di rispetto per la costruzione o l’ampliamento dei cimiteri.
4. Il dimensionamento dell’area cimiteriale.
4.1. Il muro di cinta.
5. I reparti speciali.
6. Il progetto.
7. La competenza del Consiglio comunale.

Capitolo 3
L’ESPROPRIAZIONE

1. Il procedimento espropriativo.
1.1. L’occupazione d’urgenza.
2. L’indennità per aree soggette a vincolo cimiteriale.
3. Il divieto di ordinanze sindacali contingibili ed urgenti.
4. Il programma triennale dei lavori.


PARTE II
LE CONCESSIONI PRIVATE

Capitolo 4
LE CONCESSIONI CIMITERIALI

1. Il procedimento di assegnazione.
2. La concessione cimiteriale.
2.1. Il contenuto.
3. Il diritto al sepolcro.
3.1. Il diritto di essere inumato nel sepolcro familiare.
3.2. Quando un sepolcro è da considerarsi familiare? Chi ha diritto di sepoltura? Gli eredi perdono il diritto se contribuiscono in ritardo alle spese relative ai lavori di ristrutturazione?
3.3. Il progetto.
4. La durata delle concessioni.
4.1. Il diritto al subentro. La voltura.
4.2. Le divisioni
5. La revoca della concessione.
6. La decadenza dalla concessione.
7. L’usucapione del diritto di custodire in un sepolcro familiare i resti mortali di congiunti.
8. Il diritto alla sepoltura fuori dai cimiteri.
9. La soppressione dei cimiteri.
PARTE TERZA
LA POLIZIA MORTUARIA

Capitolo 5
LA DENUNCIA DI MORTE

1. I soggetti obbligati.
2. Le iscrizioni e trascrizioni negli archivi di stato civile.
3. Gli obitori.
4. L’autorizzazione alla sepoltura.
5. L’autorizzazione alla cremazione.
6. L’espianto degli organi dal cadavere.

Capitolo 6
LA SEPOLTURA E LA CREMAZIONE

1. I sistemi di sepoltura.
2. Le inumazioni.
3. Le esumazioni.
4. Le tumulazioni.
5. L'estumulazione.
6. La cremazione.
7. La sepoltura dei feti.

Capitolo 7
LA CREMAZIONE NELLA LEGISLAZIONE REGIONALE

1. Le competenze regionali.
2. Le disposizioni in materia di cremazione. a) L.R. Lombardia 18 novembre 2003, n. 22.
3. b) La L.R. Piemonte 9 dicembre 2003, n. 33.
4. c) La L.R. Valle D'Aosta 23 dicembre 2004, n. 37.
5. d) La L.R. Lazio 28 aprile 2006, n. 4.

PARTE QUARTA
I SERVIZI PUBBLICI

Capitolo 8
I SERVIZI PUBBLICI CIMITERIALI

1. Il servizio pubblico locale
2. I servizi aventi rilevanza economica.
3. I servizi non aventi rilevanza economica.
4. Le competenze regionali.
5. Il disegno di legge in materia di servizi.

Capitolo 9
LA LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI CIMITERIALI

1. L’eliminazione della privativa.
2. Il servizio di illuminazione.
3. Il servizio arredi votivi.
4. La gestione del locale deposito di osservazione.
5. Il servizio di trasporto al cimitero. Il regime di privativa comunale.
6. L’indirizzo che nega la privativa comunale al servizio di trasporto.
7. Il risarcimento del danno per diniego allo svolgimento del servizio.
8. Il servizio privato di pompe funebri.


PARTE QUINTA
LA TUTELA

Capitolo 10
LE SANZIONI AMMINISTRATIVE

1. Le sanzioni previste dal T.U. delle leggi sanitarie. a) La demolizione degli edifici costruiti nelle aree di rispetto.
2. b) Il trasporto non autorizzato.
2.1. L’illegittimità delle sanzioni a tutela delle privative comunali in materia di trasporto di salme.
3. c) La sepoltura in luogo diverso dal cimitero.
4. d) Le infrazioni dei concessionari delle aree cimiteriali.
5. Le infrazioni ai regolamenti comunali e regionali. La misura delle sanzioni.

Capitolo 11
LA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA

1. I piani regolatori cimiteriali.
2. Le concessioni cimiteriali.
3. Le azioni di accertamento. La domanda di voltura.
4. Le concessioni di servizi cimiteriali.
5. Le gare per l’affidamento in concessione.
5.1. I requisiti dei soggetti partecipanti alle gare.
6. Il risarcimento del danno.

Capitolo 12
LA GIURISDIZIONE ORDINARIA

1. La tutela possessoria.
2. L’esecuzione dei lavori.
3. Il risarcimento del danno per omissione di custodia.
4. La nullità della compravendita.

Capitolo 13
LA GIURISDIZIONE PENALE.

1. La tutela penale dei defunti.
2. L’omissione di referto.
3. La profanazione di tombe. a) La violazione di sepolcro.
4. b) Il vilipendio delle tombe.
5. Il turbamento di funerale.
6. I reati contro il cadavere. a) Il vilipendio di cadavere.
7. b) La distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere.
7.1. La dispersione delle ceneri.
8. c) L’occultamento di cadavere.
9. d) L’uso illegittimo di cadavere.
10. Le manifestazioni oltraggiose verso i defunti.

Capitolo 14
LA GIURISDIZIONE CONTABILE.

1. La giurisdizione della Corte dei Conti. Il giudizio di conto.
2. Il giudizio di responsabilità amministrativa.
3. Il danno erariale.

PARTE I
IL PIANO REGOLATORE CIMITERIALE.

Capitolo 1
LE FONTI

1. I principi statali in materia di polizia mortuaria.

La polizia mortuaria è finalizzata a tutelare la salute dei cittadini, ad impedire l’insorgere di epidemie, a disciplinare le sepolture ed il trasporto delle salme, la loro inumazione, la esumazione, la tumulazione e l’estumulazione.
Nell’epoca greco romana i colombari - che erano costruzioni con piccole nicchie interne ove si riponevano le urne cinerarie contenenti i resti della cremazione dei cadaveri – e le tombe erano di norma allineati fuori dalle città nelle vie di grande comunicazione.
La parola cimitero è estranea al linguaggio classico greco romano. Essa è stata usata dai primi cristiani inizialmente per indicare le singole tombe e poi per indicare i sepolcreti collettivi costituiti da catacombe, necropoli, sepolcreti adiacenti alle chiese (M. PIACENTINI, Cimiteri, in Dig. Disc. Pubbl., 1989, 229).
Il sentimento religioso della vita e soprattutto la credenza nella vita futura accompagnato al sentimento di pietà verso i defunti ha comportato per la chiesa cattolica un particolare riguardo per la sepoltura dei defunti, prevalentemente nella forma della inumazione.
I cimiteri erano per lo più situati in giardini o cortili vicini alle chiese .
Tale sistema ha presentato dei problemi sotto il profilo della sanità pubblica nei casi in cui i cimiteri erano situati all’interno degli agglomerati urbani.
E’ per questo che i cimiteri sono passati dal controllo delle autorità ecclesiastiche a quello delle autorità civili.
Nel 1804 è stato pubblicato in Italia l'editto di Saint Cloud, legge con cui Napoleone poneva i cimiteri lontani dalle città e stabiliva che le scritte sulle tombe dovevano essere tutte uguali.
Questo editto proibiva la differenza tra morti comuni e morti illustri.
L’editto provocò un dibattito serrato cui non fu estranea anche la cultura del tempo.
Ricordiamo l’interesse di Ugo Foscolo verso il problema. Esso è dettato soprattutto dall'amore verso i grandi valori spirituali dell'umanità che vivono anche dopo la morte.
Nella suo carme I Sepolcri, Foscolo ricorda che i cimiteri servono a rinforzare l'affetto familiare, a farci ricordare il passato glorioso della patria e quindi spingere i giovani a grandi gesta, ed infine servono ad ispirare la poesia.
La materia è ora regolata dal T.U. delle leggi sanitarie, R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 337 e segg., dal regolamento di polizia mortuaria, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, e dalla L. 30 marzo 2001, n. 130, che reca disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri.
Il R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, è ora stato soppresso - per la parte de qua – ad eccezione delle norme che regolano le distanze da tenere per le costruzioni prospicienti i confini del cimitero.
I principi in materia sono contenuti nel regolamento di polizia mortuaria, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Essi possono trovare concreta attuazione nei regolamenti comunali.
La L. 30 marzo 2001, n. 130, reca disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri, modificando radicalmente in tale materia la normativa precedente tendendo a sostituire alla pratica della inumazione quella della cremazione.
La dottrina osserva che la legislazione statale ha completamente ignorato quella ecclesiastica che in origine disciplinava i cimiteri.
Il legislatore ecclesiastico ha preso atto che la disciplina canonica è totalmente paralizzata da quella statale che ha comportato la laicizzazione dei cimiteri (G. OLIVERO, Cimitero. Diritto canonico, in Enc. Dir., VI, 1960, 998).
La chiesa ha, di fatto, rinunciato ad avere dei cimiteri propri. Essa richiede degli spazi nei cimiteri civili rivervati ai fedeli defunti, can. 1240. ( AA.VV. Codice di diritto canonico commentato, 2001, 971).

2. La potestà legislativa fra Stato e regioni.

II testo dell’art. 117, cost., come modificato dall’art. 3, L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, nel ripartire la potestà legislativa fra Stato e Regioni distingue tre principali categorie di materie: quelle riservate in via esclusiva allo Stato, quelle di legislazione concorrente - per le quali la normativa di dettaglio è attribuita alle regioni mentre spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali - e quelle di legislazione esclusiva regionale che hanno portata residuale (V. GHERGHI, Brevi riflessioni sulla riforma del titolo V della parte II della Costituzione, in Nuova Rass., 2002, 536).
L’art. 117, comma 3, cost. definisce le materie a legislazione concorrente ove la potestà legislativa spetta alle regioni, salvo per la determinazione dei criteri fondamentali riservata alla legislazione dello Stato.
La potestà legislativa regionale in materia di polizia mortuaria si è esplicata in regime di incertezza per quanto riguarda i confini entro i quali essa si deve attenere.
La materia, infatti, può riferirsi per alcuni ambiti alla materia dell’ordine pubblico e della sicurezza riservata alla competenza esclusiva dello Stato; per altri a quella del governo del territorio soggetto a normativa concorrente.
All'interno della materia della polizia mortuaria si riscontrano aspetti prettamente sanitari, assieme ad altri riconducibili all'ordine pubblico ed altri ancora relativi ad esigenze di giustizia e rispetto dell'ambiente.
Si tratta quindi di una materia multidisciplinare, che rientra nell'ambito della legislazione concorrente, fermo restando che la determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato, mentre per la normativa di attuazione e di dettaglio, le ultime leggi rinviano alle numerose riserve di leggi regionali. Anche gli enti locali, titolari da sempre della materia, come i Comuni, trovano adeguato riconoscimento e valorizzazione del proprio ruolo nella disciplina dei servizi relativi alla materia, nell'ambito del proprio territorio.
Alla Regione pertanto competono funzioni legislative di dettaglio e di programmazione, mentre i Comuni svolgono funzioni amministrative e regolamentari per disciplinare nel territorio le modalità operative dei servizi funerari.
Le Regioni, per valutare la legittimità delle loro intervento legislativo hanno usato il criterio empirico di lasciare decorrere infruttuosamente i termini per l'eventuale impugnazione da parte del Governo innanzi alla Corte Costituzionale.
In tal senso sono da considerarsi pienamente legittime le norme contenute nella L.R. Emilia Romagna n. 19/2004 in quanto espresse in ambiti e materie di competenza regionale.
La scadenza di detti termini ha consentito alla Regione di affermare la possibilità di applicare la normativa tempestivamente, ex all. 1, Del. Giunta Reg. Emilia Romagna 10 gennaio 2005, n. 10.
L'art. 2, comma 1, lettera a), della legge citata prevede, infatti, che la Regione eserciti funzioni di indirizzo, coordinamento e di alta vigilanza, al fine di garantire un trattamento adeguato, rispettoso e uniforme sul territorio regionale della persona defunta e delle ceneri derivanti da cremazione.
D’altro verso l’affermazione dei principi autonomistici espressa nella carta costituzionale può essere compromessa da una legislazione di dettaglio che, di fatto, nega l’attribuzione di una potestà legislativa concorrente regionale.
La dottrina ha, infatti, affermato che con il riconoscimento e la tutela delle autonomie locali si vuole in sostanza affermare la natura essenzialmente autonomistica del nostro ordinamento giuridico attuale attraverso una valorizzazione delle cosiddette società intermedie; ciascuna di esse è chiamata a gestire interessi super-individuali e a partecipare, sia pure in forme e con modalità diverse, al governo della comunità, attuando un decentramento non solo amministrativo, ma anche politico-amministrativo del potere.
Tutto ciò è stato realizzato nel tentativo di porre fine alla dissociazione tra paese legale e paese reale, rendendo i singoli cittadini partecipi delle scelte comunitarie (F. BASSI, Lezioni di diritto amministrativo 2000, 249).

3. Le prospettive future.

Il disegno di legge n. 4144 che disciplina delle attività nel settore funerario
è stato presentato dal Consiglio dei Ministri, su proposta dell’allora Ministro della salute, Sirchia, nella riunione del 19 giugno 2003 alla camera dei deputati.
Il provvedimento, che non è stato approvato, è il progetto più organico presentato, teso a innovare il settore funerario italiano non solo per gli aspetti igienico-sanitari, ma anche per quelli gestionali e di tutela dell’utenza.
I principi contenuti nel disegno di legge sono stati in parte recepiti dalla legislazione regionale, anche in carenza di approvazione da parte del Parlamento, anticipando in tale maniera gli stessi precetti suggeriti dal legislatore nazionale.
In tal caso il legislatore regionale si è mostrato più attento a detti problemi dello stesso legislatore nazionale.
La materia della polizia mortuaria comprende alcuni aspetti sanitari riconducibili al Ministero della salute, altri che sono riconducibili all’ordine pubblico e competono al Ministero dell’interno e altri principi ancora che sono relativi ad esigenze di giustizia e appartengono alla competenza del Ministero della giustizia.
E’ una materia multidisciplinare che non può essere facilmente sottoposta ad una singola competenza.
Il disegno di legge affida la definizione dei princìpi in materia allo Stato, fermo restando che i princìpi posti devono essere demandati alla legislazione regionale per la normativa di attuazione e di dettaglio.
Gli enti locali, storicamente titolari - unitamente al Ministero dell’interno - della materia della polizia mortuaria, trovano adeguato riconoscimento e valorizzazione del proprio ruolo nella disciplina di detti servizi nell’ambito del proprio territorio.
Lo Stato esprime i princìpi fondamentali cui deve ispirarsi la disciplina in materia funeraria, allo scopo di definire standard uniformi su tutto il territorio nazionale in tema di trattamento amministrativo del cadavere e dei resti umani.
Alle Regioni competono funzioni legislative di dettaglio e di programmazione, mentre i Comuni devono svolgere funzioni amministrative e regolamentari per disciplinare sul territorio le modalità operative dei singoli servizi funerari.
Resta ferma l’autorità del sindaco per l’ordine e la vigilanza in materia funeraria.
Il disegno di legge si caratterizza per l’affermazione, in detto settore, del principio di sussidiarietà, sempre più presente nel nostro ordinamento, anche a livello costituzionale.
Tutti i molteplici servizi attinenti alla materia funeraria devono poter essere gestiti in condizioni di pari opportunità tra operatori pubblici e privati.
In questa ottica il disegno di legge contempla la possibilità, con le dovute ed opportune garanzie, che operatori privati possano accedere alla gestione di un cimitero.
I cimiteri dunque continuano a far parte del demanio comunale e solo i Comuni possono erigere nuovi cimiteri.
I forni crematori devono continuare ad essere costruiti all’interno dei cimiteri, anche con il contributo degli enti morali senza scopo di lucro che hanno diffuso in Italia l’idea della cremazione.
I cimiteri comunali sono ancora considerati la più opportuna forma di conservazione della memoria e dei ricordi e la più coerente con la cultura e la tradizione del popolo italiano.
Essa vede ancora nel cimitero il luogo e la sintesi della propria storia sua come collettività - si pensi ai monumenti che ricordano i caduti di tutte le guerre - e come singolo individuo – si pensi alle tombe private.
Il disegno di legge tuttavia innova i metodi gestionali favorendo l’ingresso di operatori privati che portino nuova linfa all’edilizia cimiteriale per rendere i servizi adeguati alle esigenze della popolazione.
E’ previsto con favore lo strumento del project financing, già sperimentato in materia di realizzazione di opere pubbliche.
Il provvedimento valuta che l’ingresso degli operatori privati nel settore cimiteriale determinerà miglioramenti della qualità dei servizi offerti, così come è stato positivamente sperimentato in altri settori.
L’ente locale rimane comunque la struttura portante nella gestione dei cimiteri. Il disegno di legge si caratterizza, inoltre, per il fatto di rendere più agevole la costruzione e l’uso di cappelle private, eliminando quasi totalmente la zona di rispetto (limitata a soli 25 metri), in modo da rendere popolare e non più elitaria anche questa forma e modalità di sepoltura.
Il disegno di legge definisce in modo organico e compiuto il concetto di trasporto di cadavere, chiarendo che l’addetto a tale compito assume le vesti di incaricato di pubblico servizio.
Definisce altresì il concetto di attività funebre, in tutti i suoi molteplici aspetti e pone norme di salvaguardia etica del settore, sanzionando severamente chi, in ragione del suo ufficio, favorisce in modo irregolare lo svolgimento di un servizio funebre.
Questo disegno di legge, concepito e pensato in modo organico, coglie l’occasione per eliminare alcune discrasie normative, non sufficientemente coordinate con l’intero sistema.
Anche il trasporto funebre, storicamente assunto in esclusiva dai Comuni, trova adeguata disciplina, nel rispetto della pronuncia dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato - parere 2 luglio 1998 - e della recente giurisprudenza amministrativa, come attività libero imprenditoriale, autorizzata dal comune nel cui territorio ha sede l’impresa.
Il disegno di legge prevede la realizzazione di ambienti nei quali operatori, pubblici, privati o misti, possano svolgere i propri servizi per il commiato.
Con questo sistema si ritiene di alleggerire i servizi mortuari delle strutture ospedaliere, oggi molto congestionati, e di razionalizzare il mercato delle onoranze favorendo gli operatori seri, in grado di effettuare cospicui investimenti che si traducono, oltre che in nuovi posti occupazionali, in maggiori servizi per la popolazione.
Allo scopo di non creare situazioni di monopolio, con conseguenti distorsioni nel mercato delle onoranze funebri, si è introdotta una norma di salvaguardia che non consente ai soggetti gestori delle sale del commiato di convenzionarsi con strutture sanitarie pubbliche e private per la gestione dei rispettivi servizi mortuari.
Il disegno di legge introduce la tanatoprassi – definita come pratica volta alla momentanea conservazione e presentabilità del cadavere - e delinea la figura del profilo professionale del tanatoprattore, da attuare con legge, anche in ossequio al recente parere del Consiglio di Stato che lo ha suggerito espressamente, per armonia con il nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione (Cons. St. 18 aprile 2002).
Il disegno di legge contempla il cimitero per animali d’affezione.
L’animale d’affezione accompagna la vita delle persone dall’infanzia fino alla tarda età. Questo forte legame "uomo-animale", pur rescindendosi con l’evento morte, ha la possibilità di continuare con la realizzazione di un sito destinato a raccogliere le spoglie degli animali che hanno raccolto in vita il nostro affetto.
Il disegno di legge, pur non approvato, è stato presentato nella successiva legislatura.

4. La legislazione regionale.

La materia di polizia mortuaria è stata regolata principalmente da disposizioni a livello comunale che hanno, di fatto, garantito un corretto esercizio della attività funebre, necroscopica, cimiteriale e di polizia mortuaria.
Solo recentemente le regioni hanno inteso avviare un processo di coordinamento ed omogeneizzazione della materia, emanando le prime disposizioni in materia di cremazione, dispersione delle ceneri e servizi cimiteriali.

4.1. La L. R. Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33.

L.R Lombardia 30/12/2009, n. 33, reca norme in materia di attività e servizi necroscopici, funebri e cimiteriali
L’art. 68  precisa che i  comuni assicurano spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di persone e lo svolgimento dell'orazione funebre nel rispetto delle volontà del defunto e dei suoi familiari.
Articolo 69  Adempimenti conseguenti al decesso
1. Per la dichiarazione o avviso di morte si osservano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'art. 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127).
2. Nei casi in cui non si proceda all'espianto di organi, il medico curante o il suo sostituto certifica la causa del decesso, secondo le procedure previste dalla normativa statale, ad esclusione dei casi di cui al comma 4.
3. L'accertamento di morte è effettuato, su richiesta dell'ufficiale di stato civile, da un medico incaricato dall'ASL delle funzioni di necroscopo.
4. In caso di decesso presso una struttura sanitaria pubblica o privata che eroghi prestazioni in regime di ricovero o in una struttura sociosanitaria, le certificazioni di cui ai commi 2 e 3 sono rilasciate dal direttore sanitario o da un medico delegato.
 Articolo 70 Osservazione e trattamenti sui cadaveri
1. I cadaveri non possono essere seppelliti né sottoposti ad alcuno dei trattamenti previsti dal comma 8 prima dell'accertamento di morte e, comunque, prima che siano trascorse ventiquattro ore dal decesso, ad eccezione dei casi di decapitazione, maciullamento, avanzato stato di decomposizione o putrefazione, ovvero dei casi in cui sia stata effettuata rilevazione elettrocardiografica della durata di venti minuti o ricorrano altre ragioni speciali a giudizio del medico incaricato delle funzioni di necroscopo.
2. Durante il periodo di cui al comma 1 i cadaveri sono posti in condizioni tali da non ostacolare e da rilevare eventuali manifestazioni di vita.
3. In caso di decesso di persona affetta da malattia infettiva e diffusiva, il medico necroscopo adotta le necessarie precauzioni a tutela della salute pubblica, compresa la chiusura del feretro prima delle ventiquattro ore dal decesso.
4. In caso di trasporto dal luogo del decesso ad altro luogo, sito anche in altro comune, per l'espletamento del periodo di osservazione o per altri accertamenti, la salma è riposta in un contenitore impermeabile non sigillato, in condizioni che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita e che comunque non siano di pregiudizio per la salute pubblica. Del trasporto è data preventiva comunicazione all'ufficiale di stato civile del comune in cui è avvenuto il decesso.
5. Oltre alle strutture comunali già esistenti, le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, che operano in regime di ricovero, ricevono, in aggiunta alle salme di persone ivi decedute e nei limiti delle proprie disponibilità , i cadaveri di persone decedute in luoghi pubblici o in abitazioni delle quali l'ASL abbia certificato l'antigienicità , per:
a) il periodo di osservazione di cui al comma 1;
b) l'effettuazione di riscontro diagnostico, autopsia o altro provvedimento disposto dall'autorità giudiziaria.
6. Su richiesta dei congiunti, le salme possono essere poste, per il periodo di osservazione, presso strutture gestite da operatori pubblici e privati, denominate sale del commiato.
7. Le sale del commiato possiedono le caratteristiche igienicosanitarie previste per le camere mortuarie dal d.P.R. 14 gennaio 1997.
8. Sono consentiti trattamenti di imbalsamazione secondo le modalità stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria).
     Articolo 71     
Prelievo di cornea a scopo di trapianto terapeutico e utilizzo di cadaveri per finalità di studio
1. Per consentire il prelievo di cornea presso l'abitazione in cui è avvenuto il decesso di persona che abbia dichiarato la volontà di donare gli organi, i congiunti o conviventi ne danno immediata comunicazione all'ASL.
2. Nel caso in cui la persona deceduta abbia disposto l'utilizzo del proprio cadavere per finalità di studio, ricerca e insegnamento, i congiunti o conviventi ne danno comunicazione al comune, che autorizza il trasporto, previo assenso e a spese dell'istituto ricevente.
l'autorizzazione alla cremazione che spetta all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso "è concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari attraverso una delle seguenti modalità:
1) la disposizione testamentaria del defunto, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione fatta in data successiva a quella della disposizione testamentaria stessa;
2) l'iscrizione, certificata dal rappresentante legale, ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto fatta in data successiva a quella dell'iscrizione all'associazione. L'iscrizione alle associazioni di cui al presente numero vale anche contro il parere dei familiari;
3) in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza (...);
4) la volontà manifestata dai legali rappresentanti per i minori e per le persone interdette".
6.3. Sulla base del disposto di cui all'art. 3, comma 1, n. 3), sopra richiamato, dunque, ai fini della autorizzazione in questione, assume ruolo centrale e decisivo la volontà del defunto in ragione della natura personalissima del diritto in questione, in quanto tale non disponibile da parte di altri soggetti. Volontà che può essere espressa o in forma scritta, mediante disposizione testamentaria, o per facta concludentia, mediante iscrizione ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati, ovvero in forma verbale, mediante qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto.
6.4. Solo subordinatamente al caso di "mancanza" di alcuna "espressione di volontà da parte del defunto", la legge assegna valore alla volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile.
6.5. Ebbene, a prescindere dal fatto che, per la natura del diritto alla cremazione - come evidenziato dalle stesse linee interpretative fornite dal Ministero dell'Interno (cfr. circolare 1 settembre 2004, n. 37) -, il coniuge o i parenti del de cuius non esprimono un personale atto di volontà, ma si fanno in ogni caso portatori del desiderio del defunto in merito alla cremazione della propria salma, dalla documentazione in atti emergono numerose dichiarazioni testimoniali rese da "familiari e conoscenti" della defunta dalla quali è possibile trarre univocamente e concordemente che la volontà espressa in vita da quest'ultima fosse nel senso di non voler essere cremata (cfr. doc. da 5 a 22 di parte ricorrente).
6.6. Tali dichiarazioni rese da soggetti del tutto disinteressati rispetto al tema della causa ed estranei ai rapporti fra i ricorrenti e il coniuge della defunta debbono essere ritenuti elementi senz'altro idonei per accertare la reale volontà (negativa) della defunta rispetto all'esercizio del diritto personalissimo alla cremazione.
6.7. Del resto, a smentire e/o a contrastare tale ricostruzione della volontà dell'interessata, non potrebbe in alcun modo esser fatta valere la dichiarazione del coniuge di non aver mai ricevuto dalla defunta un'espressa dichiarazione di "volontà di non essere cremata", poiché tale difetto non equivale certo a dimostrare, in positivo, che esistesse una siffatta volontà.
6.7. Pertanto l'ordinanza impugnata si fonda su un'errata applicazione dell'art. 3 della legge n. 130 del 2001, oltre che su una contraddittorietà intrinseca del provvedimento, poiché, da un lato, ha ritenuto la sussistenza di "dichiarazioni contrastanti" sulla reale volontà della defunta, pur non potendosi trarre da alcun elemento fra quelli acquisiti ed emersi in sede istruttoria che fosse stata espressa dall'interessata, in vita, una volontà positiva di essere cremata, dall'altro, sulla base di un presunto (quanto insussistente) contrasto fra dichiarazioni ha assegnato alla volontà del coniuge un valore preminente rispetto a quello espresso in vita dalla defunta così come emergente dalla dichiarazioni rese da familiari e conoscenti di quest'ultima.
7. Tanto considerato il ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente annullamento dell'ordinanza di autorizzazione alla cremazione impugnata.
Articolo 72    Trasporto funebre
1. Il trasporto e il seppellimento di cadaveri, resti mortali, ceneri, parti anatomiche, nati morti e prodotti abortivi sono soggetti ad autorizzazione.
2. I trasporti di salme, resti ossei o ceneri da o per l'estero sono autorizzati dal comune in cui è avvenuto il decesso.
3. L'addetto al trasporto di cadavere, in quanto incaricato di pubblico servizio, verifica, prima della partenza, che il feretro, in relazione alla destinazione e alla distanza da percorrere, sia stato adeguatamente confezionato. Per i trasporti all'estero la verifica è effettuata dall'ASL, che può disporre l'adozione di particolari misure igienico-sanitarie.
4. La vigilanza sui trasporti di cui ai commi 1 e 2 spetta al comune, che si avvale dell'ASL relativamente agli aspetti igienico-sanitari, compresa l'idoneità degli automezzi e delle rimesse dei carri funebri.
     Articolo 73     
Cremazione
1. L'autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri).
2. La dispersione delle ceneri avviene nei luoghi indicati dall'articolo 3, comma 1, lett. c) della legge 130/2001 o nel cinerario comune ed è eseguita dal coniuge o da altro familiare o dal personale a tal fine autorizzato dall'avente diritto, dall'esecutore testamentario o, in caso di iscrizione del defunto ad associazione che abbia tra i propri fini statutari la cremazione dei cadaveri degli associati, dal rappresentante legale dell'associazione stessa.
3. È autorizzato, in caso di cremazione, l'uso di feretri di legno dolce non verniciato, al fine di ridurre i fumi inquinanti e i tempi di cremazione.
4. Se il defunto non ha manifestato la volontà di far disperdere le sue ceneri, queste vengono riposte in un'urna sigillata, recante i dati anagrafici, per la tumulazione o l'affidamento ai familiari.
5. La consegna dell'urna cineraria è effettuata previa sottoscrizione di un documento nel quale i soggetti di cui al comma 2 dichiarano la destinazione finale dell'urna o delle ceneri; il documento, conservato in copia presso l'impianto di cremazione e presso il comune in cui è avvenuto il decesso, costituisce documento di accompagnamento obbligatorio nelle fasi di trasporto delle ceneri.
6. In caso di comprovata insufficienza delle sepolture, l'ufficiale di stato civile autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni, secondo le procedure previste per l'autorizzazione alla cremazione o, in caso di irreperibilità dei familiari, dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell'albo pretorio del comune di speci- fico avviso.
 Articolo 74      Attività funebre
1. Per attività funebre s'intende un servizio che comprende e assicura in forma congiunta le seguenti prestazioni: a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso, su mandato dei familiari;
b) vendita di casse e altri articoli funebri, in occasione del funerale;
c) trasporto di cadavere, inteso come trasferimento della salma dal luogo del decesso al luogo di osservazione, al luogo di onoranze, al cimitero o al crematorio.
2. L'attività funebre è svolta da ditte individuali, società o altre persone giuridiche in possesso dei requisiti di cui al comma 3.
3. Per poter svolgere l'attività funebre è necessaria l'autorizzazione del comune ove ha sede commerciale la ditta individuale, società , o altra persona giuridica, rilasciata sulla base del possesso dei requisiti stabiliti con il regolamento di cui all'articolo 76.
4. Il conferimento dell'incarico per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita di casse e articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale si svolge unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente, su richiesta degli interessati, presso altro luogo, purché non all'interno di strutture sanitarie di ricovero e cura pubbliche e private e locali di osservazione.
5. L'autorizzazione allo svolgimento di attività funebre non comprende funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie o l'accertamento di morte.
6. Gli addetti allo svolgimento della attività funebre possiedono i requisiti formativi previsti dal regolamento di cui all'articolo 76.
7. Il comune informa la cittadinanza sull'attività funebre, con particolare riguardo alle differenti forme di seppellimento, ai relativi profili economici e alle imprese operanti nel proprio territorio.
8. La Regione, d'intesa con le associazioni rappresentative dei comuni e di categoria, promuove l'adozione del codice deontologico delle ditte individuali, delle società e delle altre persone giuridiche che svolgono attività funebre.
   Articolo 75    Cimiteri
1. Il comune è tenuto a dare sepoltura:
a) ai cadaveri dei propri residenti e delle persone morte nel territorio del comune, anche se non residenti;
b) ai cadaveri di aventi diritto al seppellimento in sepoltura privata esistente nel comune stesso;
c) ai nati morti e prodotti del concepimento, il cui parto o aborto sia avvenuto in struttura sanitaria sita nel territorio comunale;
d) alle parti anatomiche riconoscibili, derivanti da interventi avvenuti in struttura sanitaria sita nel territorio comunale;
e) alle ossa, ai resti mortali e alle ceneri derivanti da cadaveri di cui alle lettere a), b), c) e d).
2. Ogni comune, nell'ambito della pianificazione urbanistica e territoriale, prevede aree cimiteriali in grado di rispondere alle necessità di sepoltura nell'arco dei venti anni successivi all'adozione degli strumenti urbanistici, tenuto conto degli obblighi di cui al comma 1, e con la finalità di favorire il ricorso alle forme di sepoltura di minor impatto sull'ambiente, quali l'inumazione e la cremazione.
3. La gestione e manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti pubblici o privati. Se il gestore del cimitero svolge anche attività funebre è obbligatoria la separazione societaria prevista dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
4. L'area cimiteriale è delimitata da idonea recinzione. L'area di rispetto lungo il perimetro cimiteriale è definita considerando:
a) la necessità di dotazione di parcheggi e servizi per i frequentatori; b) l'eventuale necessità di ampliamento, in relazione alle previsioni di cui al comma 2;
c) l'eventuale presenza di servizi o impianti tecnologici all'interno del cimitero e le conseguenti distanze di tutela;
d) il rispetto delle attività di culto dei dolenti.
5. Il comune, su richiesta di privati, associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all'interno del cimitero per sepolture private, nel rispetto dei requisiti tecnici e igienico-sanitari.
6. Il comune può altresì autorizzare:
a) la costruzione e l'uso di aree e spazi per la sepoltura di animali d'affezione, secondo le indicazioni tecniche dell'ASL e dell'ARPA;
b) la costruzione di cappelle private fuori dal cimitero, purché contornate da un'area di rispetto;
c) la tumulazione in luoghi al di fuori del cimitero, previo parere e secondo le indicazioni tecniche dell'ASL e dell'ARPA, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.
7. I comuni definiscono:
a) l'assetto interno di ciascun cimitero;
b) i turni di rotazione dei campi di inumazione o le procedure di trattamento del terreno atte a favorire i processi di mineralizzazione;
c) le modalità di concessione e le tariffe delle sepolture private;
d) l'ampiezza delle aree di rispetto di cui al comma 4 e al comma 6, lettera b).
8. Nei casi di cui al comma 7, lettere a) e d), è richiesto il previo parere dell'ASL e dell'ARPA, secondo le rispettive competenze.
9. Il comune autorizza la costruzione di nuovi cimiteri, l'ampliamento o la ristrutturazione di quelli esistenti, previo parere vincolante dell'ASL e dell'ARPA, secondo le rispettive competenze.
La soppressione di cimiteri è autorizzata dall'ASL.
Articolo 76     
Regolamento di attuazione
1. Con regolamento si definiscono:
a) i requisiti e le modalità per l'autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e per la gestione di sale del commiato;
b) le strutture destinate alle funzioni di deposito per l'osservazione dei cadaveri, cui i comuni debbono fare riferimento e i criteri per la ripartizione dei relativi oneri;
c) i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri, nonché le condizioni per la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;
d) le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi areati e non, delle sepolture private e delle strutture cimiteriali;
e) le caratteristiche e le modalità per la realizzazione di sepolture private fuori dai cimiteri;
f) l'ampiezza minima e massima delle aree di rispetto di cui all'articolo 75, comma 4 e comma 6, lettera b).
2. I contenuti di cui al comma 1, lettere c), d), e), f), sono definiti d'intesa con l'ANCI.
3. Con decreto del direttore generale della direzione competente in materia di sanità della Giunta regionale si definiscono:
a) le modalità e i casi in cui deve essere effettuata la rimozione di protesi su salme destinate alla cremazione;
b) le modalità di tenuta dei registri cimiteriali.
     Articolo 77      Sanzioni
1. Per le violazioni delle disposizioni del presente capo e del relativo regolamento, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni:
a) da € 500 a € 1.000 per le violazioni dell'articolo 70, comma 4, e delle relative norme regolamentari;
b) da € 2.000 a € 5.000 per le violazioni dell'articolo 70, comma 7, e delle relative norme regolamentari;
c) da € 1.000 a € 2.000 per le violazioni dell'articolo 70, comma 8;
d) da € 1.000 a € 2.000 per le violazioni dell'articolo 72 e delle relative norme regolamentari;
e) da € 3.000 a € 9.000 per le violazioni dell'articolo 74, comma 3, e delle relative norme regolamentari;
f) da € 3.000 a € 9.000 per le violazioni dell'articolo 74, comma 4.
2. Le somme riscosse a seguito dell'irrogazione delle sanzioni sono introitate dagli enti competenti per la loro applicazione, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, della legge 90/1983.
3. Per quanto non previsto dal presente capo, si osservano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).


4.1.1. La sepoltura dei feti nel Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1.

Il Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, ha previsto che i prodotti abortivi anche di poche settimane (del peso quindi di pochi grammi) possano essere consegnati ai genitori, se lo richiedono, e da questi essere trasferiti ad un cimitero per la sepoltura.
La direzione sanitaria dell'ospedale dove avviene l'aborto deve informare i genitori della possibilità di ritirare l'embrione e di provvedere alla sua sepoltura.
Le direzioni sanitarie devono informare tutti gli utenti dei diritti: la carta dei servizi garantisce all'utente il diritto a tutte le informazioni sanitarie.
Lo smaltimento degli aborti avviene anche in mancanza di richiesta di sepoltura da parte dei genitori.
In questo caso l'aborto è equiparato dall’art. 11, comma 1 quater, Reg. R. Lombardia 6/2004, come mod. dall’art. 1, lett. c), Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, alle parti anatomiche riconoscibili, come per esempio gli arti amputati per cancrena, che vengono da sempre inviate al cimitero in apposite cassette di legno per l'inumazione invece che all'incenerimento presso le aziende abilitate al trattamento dei rifiuti speciali ospedalieri (parti anatomiche non riconoscibili).
La legge considera l'aborto una parte anatomica riconoscibile ai fini di regolamentarne lo smaltimento dal punto di vista tecnico-sanitario.
Già una circolare del Ministero della Sanità del 1989 rilevava l’inopportunità di smaltire gli aborti inferiori alle venti settimane come rifiuti speciali. La norma è stata criticata poiché si è affermato che la Regione Lombardia attraverso questo nuovo regolamento vuole imporre il concetto che ogni feto abortito ha diritto ad una sepoltura.
Questo significa che anche alle donne che si rivolgono alle strutture ospedaliere per interrompere volontariamente la gravidanza verrà richiesto se vogliono seppellire il feto.
Il solo fatto di imporre detta scelta è visto come ammissione di aver ucciso qualcuno.
L’art. 1, lett. l), Reg. R. Lombardia 6 febbraio 2007, n. 1, modificando l’art. 32, Reg. R. Lombardia 6/2004, mette anche ordine all’attività delle agenzie funebri operanti nella regione.
Queste ditte per continuare la loro attività non devono avere più almeno quattro dipendenti a tempo indeterminato – la regola precedente penalizzava le realtà più piccole – ma devono assicurare la continuità nel servizio servendosi anche di altri tipi di contratto di lavoro. Esso può essere stipulato direttamente con il richiedente l’autorizzazione o con altro soggetto di cui questo si avvale in forza di un formale contratto nel rispetto della normativa in materia di impresa e mercato del lavoro.


4.2. La L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.

La L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19, detta la disciplina in materia funeraria e di polizia mortuaria.
La legge disciplina il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo il rispetto della dignità e dei diritti dei cittadini, con la finalità di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri e di informare le attività pubbliche a principi di evidenza scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni.
In particolare, la legge:
a) definisce le funzioni della Regione e degli Enti locali ed individua in modo speciale i compiti dei Comuni e le modalità di svolgimento delle loro funzioni e servizi;
b) disciplina, per quanto attiene ai profili igienico-sanitari, le procedure relative alla polizia mortuaria, con particolare riguardo alle norme da osservarsi in materia di cremazione e dispersione delle ceneri;
c) regolamenta le condizioni e i requisiti per assicurare che l'esercizio dell'attività funebre da parte di soggetti pubblici e privati sia svolta nel rispetto delle finalità e delle garanzie perseguite dalla legge.
La Regione esercita funzioni di indirizzo, coordinamento e di alta vigilanza, anche attraverso l'emanazione di apposite direttive agli Enti locali e alle Aziende sanitarie, che sono tenuti a fornire alla Regione le necessarie informazioni.
Essa deve adottare i poteri sostitutivi in relazione alla mancata approvazione degli atti di competenza degli Enti locali.
L'art. 30, L. R. 24 marzo 2004, n. 6, prevede che l’Ente locale debba essere diffidato e solo una volta che sia trascorso un termine perentorio indicato nella diffida la Regione può procedere con il procedimento sostitutivo.
La Regione definisce, d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie Locali, le tariffe per il servizio pubblico di cremazione dei cadaveri, secondo modalità che tengano conto dei costi di gestione dei singoli impianti e può approvare, d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie Locali, uno schema di regolamento-tipo di polizia mortuaria.
Le Province valutano il fabbisogno di crematori nell'ambito del proprio territorio, tenendo conto della popolazione residente, della distanza chilometrica e della necessità di consentire il pieno esercizio di libera scelta della modalità di sepoltura o della cremazione di ciascun cittadino e individuano, d'intesa con i Comuni interessati, la localizzazione dei nuovi impianti. Le Province possono garantire l'accessibilità e la fruibilità del servizio di cremazione per i cittadini anche attraverso opportune forme di collaborazione con crematori situati in ambiti territoriali contigui, ex art. 3, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
I Comuni, singoli od associati, hanno il compito di realizzare i cimiteri e i crematori.
I cimiteri sono di norma collocati alla distanza di almeno duecento metri dal centro abitato. È vietato costruire nuovi edifici entro tale fascia di rispetto. Il Comune può autorizzare l'eventuale ampliamento degli edifici esistenti entro la fascia di rispetto, sentita l'Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio.
Nei casi di reale necessità il Comune può approvare, sentita l'Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio, la costruzione di nuovi cimiteri, l'ampliamento di quelli esistenti o la costruzione di crematori a una distanza inferiore ai duecento metri dal centro abitato, purché la fascia di rispetto non scenda in nessun caso al di sotto dei cinquanta metri e sia adottato un piano cimiteriale che valuti la necessità di future sepolture per non meno di vent'anni.
I crematori devono essere realizzati all'interno delle aree cimiteriali esistenti o di ampliamenti delle stesse. Non è consentito l'utilizzo di crematori mobili.
Ogni Comune deve allestire sul proprio territorio almeno una camera mortuaria con annessa struttura per il commiato, collocata in uno dei cimiteri del territorio, al fine di consentire, in situazione di sicurezza igienico-sanitaria, la custodia provvisoria delle salme, in attesa di sepoltura e/o cremazione, ex art. 4, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
Il Reg. R. Emilia Romagna 23 maggio 2006, n. 4, in materia di piani cimiteriali comunali e di inumazione e tumulazione,
dà esecuzione alle norme disposte dalla L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.
In particolare, la norma regolamenta la redazione dei piani cimiteriali comunali.
Il Comune deve pianificare l’assetto interno dei cimiteri esistenti e delle relative aree di rispetto attraverso il Piano cimiteriale, al fine di rispondere alle necessità di sepoltura della popolazione residente nell’arco dei venti anni successivi all’approvazione del piano stesso, tenendo conto degli obblighi di legge e della programmazione in materia di crematori.
Gli elementi da considerare per la redazione dei piani cimiteriali sono:
a) l’andamento medio della mortalità nell’area di propria competenza territoriale sulla base di dati statistici dell’ultimo decennio e di adeguate proiezioni locali;
b) la recettività delle strutture esistenti, distinguendo i posti per sepolture a sistema di inumazione e di tumulazione, in rapporto anche alla durata delle concessioni;
c) l’evoluzione attesa della domanda delle diverse tipologie di sepoltura e di pratica funebre e relativi fabbisogni;
d) la necessità di creare maggiori disponibilità di sepoltura nei cimiteri esistenti a seguito, ove possibile, di una più razionale utilizzazione delle aree e dei manufatti, del recupero di tombe abbandonate, dell’applicazione delle deroghe ai criteri di utilizzo di manufatti individuate nel presente regolamento e della realizzazione di loculi aerati;
e) l’opportunità di prevedere la conservazione o il restauro dei monumenti funerari di pregio nonché delle zone cimiteriali soggette a vincolo paesaggistico o tutela monumentale;
f) la necessità di ridurre o abbattere le barriere architettoniche e favorire la sicurezza dei visitatori nonché di prevedere la disponibilità di un congruo numero di impianti idrici e di servizi igienici;
g) la necessità di adeguamento delle strutture cimiteriali ai contenuti dello stesso regolamento, ex art. 1, Reg. R. Emilia Romagna 23 maggio 2006, n. 4.
Il Comune approva i piani cimiteriali comunali, sentita l’Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio, e procede al loro periodico aggiornamento.
Per i cimiteri storici e monumentali il Comune, sentita l’Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio in merito alle condizioni igienico-sanitarie, individua specifiche soluzioni atte a conservare i beni storici e artistici e permettere la fruizione degli spazi sepolcrali. Le zone e i criteri di individuazione delle tombe di interesse storico o artistico devono essere contenuti nei piani cimiteriali.
Il Comune deve approvare i singoli progetti di costruzione di sepolture private.
I concessionari di sepolture private nei cimiteri devono mantenere a proprie spese, per tutto il periodo della concessione, i manufatti in buono stato di conservazione, pena la decadenza della concessione.
Le concessioni si estinguono alla loro naturale scadenza se non rinnovate. Con l’estinzione della concessione il Comune acquisisce la disponibilità delle opere e delle aree.
Il Comune può pronunciare la decadenza della concessione decorsi venti anni dalla morte dell’ultimo concessionario avente diritto.
Pronunciata la decadenza della concessione, il Comune provvede a proprie spese alla traslazione delle salme, dei resti mortali, delle ossa o delle ceneri in sepoltura comunale.
Il Comune, previa diffida a provvedere, può pronunciare la decadenza della concessione privata abbandonata per incuria e può disporre la rimozione del manufatto o il suo ripristino, se la sepoltura è di interesse storico o artistico.
Il Comune, inoltre, promuove la realizzazione e il funzionamento di strutture per il commiato.
Nell'ambito di queste strutture, su istanza del familiare del defunto, possono tenersi riti per il commiato.
Tali strutture possono essere utilizzate anche per la custodia e l'esposizione delle salme.
Le strutture per il commiato, realizzate da soggetti pubblici o privati, sono in ogni caso fruibili da chiunque ne faccia richiesta, senza discriminazioni di alcun tipo in ordine all'accesso.
Le strutture devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste dalle norme nazionali e regionali per i servizi mortuari delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate.
Le strutture per il commiato non possono essere collocate nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, né di strutture socio-sanitarie o di vita collettiva, ma possono essere collocate nella zona di rispetto cimiteriale.
L'adeguata presenza sul territorio regionale di strutture per il commiato è favorita, con appositi strumenti regionali incentivanti, ex art. 14, L. R. Emilia Romagna 29 luglio 2004, n. 19.


4.3. La L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3.

L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3, detta norme in materia di attività e servizi necroscopici funebri e cimiteriali.
La legge disciplina le attività e i servizi correlati al decesso di ogni cittadino, nel rispetto della dignità e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ciascuna persona, con le finalità di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri, anche tramite una corretta informazione, e di improntare le attività di vigilanza sanitaria a principi di efficacia e di efficienza.
Ogni Comune deve prevedere aree cimiteriali in grado di rispondere alle necessità di sepoltura nell'arco dei venti anni successivi all'adozione degli strumenti urbanistici attraverso la redazione di appositi piani cimiteriali, ex art. 9, L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
Il regolamento regionale deve prevedere i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri, nonché le condizioni per la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;
b) le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi, delle sepolture private, delle strutture cimiteriali e di quelle per la cremazione, tenendo conto delle diverse convinzioni culturali e religiose del defunto;
c) le caratteristiche e le modalità per la realizzazione di sepolture private fuori dai cimiteri.
Il Comune, su richiesta di privati o associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all'interno del cimitero per sepolture private nel rispetto dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente.
Il Comune può altresì autorizzare al di fuori dell'area cimiteriale: a) la costruzione di cappelle private, purché contornate da un'area di rispetto;
b) la tumulazione in luoghi diversi dal cimitero, previo parere e secondo le indicazioni tecniche dell'ASUR e dell'ARPAM, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.
La L.R. si preoccupa di assicurare attraverso l’intervento dei comuni idonei spazi per i funerali civili, garantisce l’istituzione delle sale di commiato, regola la costruzione dei piani cimiteriali.
I Comuni assicurano spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di persone e lo svolgimento dell'orazione funebre nel rispetto delle volontà del defunto e dei suoi familiari.
L’art. 3, L. R. Marche 3/2005, consente alle strutture pubbliche e private accreditate - che operano in regime di ricovero – di istituire le sale del commiato.
Queste possono ricevere, oltre alle salme di persone ivi decedute, i cadaveri di persone decedute in luoghi pubblici o in abitazioni anche a richiesta dei congiunti per:
a) il periodo di osservazione previsto dalla normativa vigente;
b) l'effettuazione di riscontro diagnostico, autopsia o altro provvedimento disposto dall'autorità giudiziaria.
Le sale del commiato devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie, previste per la camera mortuaria, ed autorizzate ai sensi della
L. R. Marche 16 marzo 2000, n. 20.
La legge inoltre consente di realizzare trattamenti di imbalsamazione e tanatoprassi nei limiti e secondo le modalità stabilite dalla normativa nazionale.
La disciplina delle modalità per l’esercizio dell’attività funebre è dettata dall’art. 7, L. R. Marche 1 febbraio 2005, n. 3.
Detto servizio comprende ed assicura in forma congiunta le seguenti prestazioni:
a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso, su mandato dei familiari;
b) vendita di casse ed altri articoli funebri, in occasione del funerale;
c) trasporto di cadavere, inteso come trasferimento della salma dal luogo del decesso al luogo di osservazione, al luogo di onoranze, al cimitero o crematorio.
L'attività funebre è svolta da ditte individuali, società o altre persone giuridiche in possesso dell'autorizzazione del Comune ove ha sede rilasciata sulla base dei requisiti stabiliti con il regolamento regionale.
L'autorizzazione comunale allo svolgimento di attività funebre non può comprendere funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie o l'accertamento di morte.
Gli addetti che svolgono attività funebre devono essere in possesso dei requisiti professionali previsti dal regolamento regionale.
Il Comune ha la funzione di informare la cittadinanza sull'attività funebre, con particolare riguardo alle differenti forme di seppellimento e relativi profili economici ed alle imprese operanti nel proprio territorio.
La Regione ha invece, d'intesa con le associazioni rappresentative dei comuni e di categoria, la funzione di promuovere l'adozione del codice deontologico delle ditte individuali, società ed altre persone giuridiche che svolgono attività funebre, ai fini della tutela dei cittadini e della concorrenza.
La gestione dei servizi cimiteriali è incompatibile con l'attività funebre.
Il Comune può autorizzare, ex art. 10, L. R. Marche 3/2005, al di fuori dell'area cimiteriale la realizzazione e l'uso di aree e spazi per l'inumazione e l'eventuale cremazione di animali da affezione.
La legge rinvia al regolamento regionale, fra l’altro, la definizione dei requisiti e delle modalità per l'autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e la gestione delle sale di commiato.


5. I rapporti tra lo Statuto comunale e il regolamento di polizia mortuaria.

Le leggi generali dello Stato fissano i principi nell’ambito dei quali i comuni esercitano la loro autonomia.
Essi trovano attuazione con la disciplina stabilita nel regolamento comunale, ex art. 62, D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Nell’ambito di tali principi lo statuto fa assumere a ciascun Comune il ruolo che esso intende svolgere per la cura degli interessi e lo sviluppo del suo territorio.
La dottrina sottolinea lo scarso utilizzo che finora è stato fatto della potestà statutaria (E. BALBONI, G. FORTUNATO, E.M. MARENGHI, S. MERUSI, A. PIRAINO, Il governo locale oggi, 1999, 16).
Si deve notare, comunque, che gli statuti comunali previsti dall’art. 4 della L. 142/1990, sost. dall’art. 6, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, nel disciplinare la partecipazione ai provvedimenti di amministrazione per gli atti generali, ad esclusione di quelli regolamentari, possono dettare norme per favorire l'accesso della popolazione residente alle informazioni necessarie alla fruibilità dei servizi pubblici e privati in ambito funerario, con particolare riferimento ai profili economici e alle diverse pratiche funerarie previste dall'ordinamento.
Tale obbligo da parte del Comune nella specifica materia è dettato dall’art. 5, L.R. Emilia Romagna n. 19/2004
Lo statuto può rinviare al relativo Regolamento le disposizioni di attuazione della normativa statale.


6. Il regolamento comunale di polizia mortuaria.

L’art. 7 del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, riconosce l’attribuzione della potestà regolamentare ai comuni.
Si tratta di un potere regolamentare generale che riguarda l’intera zona di azione dell’attività amministrativa dell’ente locale nelle materie di competenza In particolare i regolamenti comunali disciplinano l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, il funzionamento degli organi e degli uffici e l'esercizio delle funzioni attribuite all’ente locale.
Il regolamento di polizia mortuaria è classificato fra i regolamenti esecutivi o di attuazione.
Per la dottrina i regolamenti comunali hanno la natura di regolamenti liberi ossia di norme primarie di secondo grado detti regolamenti delegati. (S. ROSA, Cimitero, in Enc. dir., VI, 1960, 997).
Essi possono modificare, in relazione alle condizioni locali, le norme generali.
In caso contrario si deve ritenere che la potestà regolamentare comunale sia praticamente nulla.
La materia è, infatti, regolata minuziosamente dal t.u. leggi sanitarie e dal regolamento statale di polizia mortuaria.
Il regolamento trova applicazione nell’ambito di una materia sottoposta a riserva assoluta di legge.
Esso ha il compito di attuare, specificare e a volte integrare il precetto contenuto nella norma di carattere primario cui è subordinato.
Il regolamento ha il compito precipuo di puntualizzare e rendere operativa la disposizione di carattere generale.
Nel sistema delle fonti il regolamento comunale si trova in una posizione subordinata alle leggi dello Stato e allo statuto comunale (R. GALLI, Corso di diritto amministrativo 1996, 35).
Nel sistema delle fonti la disposizione regolamentare non può essere in contrasto con le disposizioni statutarie; in caso di antinomia fra una disposizione dello statuto comunale ed una disposizione contenuta in un regolamento dello stesso comune, occorre dare prevalenza alla disposizione statutaria e disapplicare quella regolamentare (Cons. St., sez. V, 25 gennaio 2005, n. 148, in Riv. corte conti, 2005, 1, 302).
La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall'art. 4 disp. prel. c.c.
La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è venuta a trovarsi in contrasto con la disposizione di cui all'art. 92, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al D.P.R. n. 803 del 1975, l'esercizio del potere di revoca nell'interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti: il superamento di 50 anni dall'ultima tumulazione e la grave insufficienza del cimitero.
Entrambe le condizioni devono concorrere per la legittimità del provvedimento di revoca.
La decadenza viene consentita rispetto all'inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l'atto di concessione o con la convenzione che sovente l'accompagna.
Con l'entrata in vigore del D.P.R. n. 803 del 1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione ogni trentennio e deve, pertanto, ritenersi illegittimo il provvedimento di decadenza fondato sulla persistenza della vigenza di tali disposizioni comunali. (Cons. St., sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505, in Com. It., 2002, 1682).
La giurisprudenza si è posta il problema della legittimità delle norme del regolamento comunale che limitano il diritto di sepoltura ai soggetti morti o residenti nel comune.
Alla domanda è stata data risposta affermativa.
È stato, pertanto, dichiarato legittimo il regolamento di polizia mortuaria che limita la sepoltura nel cimitero comunale solo a coloro che sono morti nel territorio del Comune o che, all'atto del decesso, erano residenti nel Comune stesso (T.A.R. Campania Napoli, 3 settembre 1997, n. 2262, in T.A.R., 1997, I, 4063).
Le conclusioni di tale teoria appaiono aberranti poiché in tal caso si nega un diritto ai componenti di una stessa famiglia di riposare insieme nello stesso cimitero.


6.1. I regolamenti comunali alla luce della L. Cost. n. 3 del 2001.

L'art. 117, comma 2, lett. p), Cost. e l'art. 4, L. 5 giugno 2003, n. 131, hanno confermato un esteso ambito di intervento della legge statale - istituzionalmente titolare della regolazione dell'esercizio delle funzioni amministrative - per la disciplina delle competenze degli organi di governo e dello svolgimento delle funzioni locali.
E’ stata ribadita dalla giurisprudenza la necessità che i contenuti degli statuti comunali, siano conformi alla disciplina legislativa in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali.
La pretesa che lo statuto comunale possa costituire fonte esclusiva dell'ordinamento locale si pone in contrasto frontale con il principio di legalità che costituisce tuttora il fondamento dello Stato di diritto nel sistema costituzionale delle fonti di diritto (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 6 maggio 2004, n. 1622)
Nella decisione citata è stata confutata la tesi che la riforma costituzionale del titolo V attuata con la L. Cost. n. 3 del 2001 abbia esaltato l'autonomia normativa degli enti locali, al punto che il fondamento della potestà statutaria deve essere individuato direttamente nella Costituzione e trova nei principi da essa desumibili l'unico limite alla sua esplicazione.
Di conseguenza le disposizioni statutarie possono legittimamente derogare alle leggi ordinarie dello Stato, non aventi valore di principio.
La tesi, per quanto non del tutto priva di riscontri nei primi commenti alla riforma costituzionale, non pare in linea con le regole che presiedono al sistema delle fonti dell'ordinamento giuridico italiano, fondato, com'è noto, sul principio di tassatività delle fonti normative primarie e, per le fonti di rango secondario, su quello di legalità, il quale implica che il potere di emanare norme giuridiche, comunque innovative dell'ordinamento, richiede l'interposizione di apposita copertura legislativa.
Il sistema vigente, per intuibili esigenze di unitarietà, non riconosce alle fonti di autonomia locale alcuna riserva di competenza in materia di assetto e competenze degli organi comunali.
La L. cost. n. 3 del 2001 pur ispirandosi al rafforzamento del sistema delle autonomie territoriali e al correlativo depotenziamento del centralismo che ha costituito una decisiva tappa del processo di trasformazione dello Stato nazionale post-unitario, ha modificato, per quel che qui interessa, l'art. 117 Cost. riservando comunque alla legislazione esclusiva dello Stato, in base al 2° comma, lett. p), la materia relativa alle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
Nella stessa direzione, l'art. 4, comma 4, della L. 5 giugno 2003 n. 131, affida alla fonte statutaria la funzione di stabilire i principi di organizzazione e funzionamento dell'ente.
La norma prevede tuttavia che detta disciplina debba svolgersi nell'ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli artt. 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.
In tal modo, come è incontestabile allorquando vi sia concorrenza di disciplina sul medesimo oggetto, la previsione conferisce quindi agli statuti una posizione secondaria rispetto alla legge statale in materia di organizzazione pubblica.
Ne discende che, per la disciplina delle competenze degli organi di governo e dello svolgimento delle funzioni locali, la riforma ha confermato un esteso ambito di intervento della legge statale, istituzionalmente titolare della regolazione dell'esercizio delle funzioni amministrative; da qui la necessità che i contenuti degli Statuti comunali, i quali per i profili qui considerati conservano la loro natura di fonti secondarie, siano conformi alla disciplina legislativa in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali.
In tale quadro la pretesa che lo Statuto comunale possa costituire fonte esclusiva dell'ordinamento locale si pone in contrasto frontale con il principio di legalità che costituisce tuttora il fondamento dello Stato di diritto nel sistema costituzionale delle fonti di diritto.
Il valore imperativo del principio di legalità, sancito dall'art. 97 della Costituzione, nel pretendere, in armonia con i principi di imparzialità e buona amministrazione, che la fonte del potere pubblico debba sempre e solo rinvenirsi nella legge, non può consentire che un organo pubblico, nei casi non previsti dalla normativa di rango primario, si arroghi il potere di trasferire le proprie funzioni istituzionali ad un diverso soggetto, così risolvendosi a non esercitare le competenze, e a non assumere le corrispondenti responsabilità, che l'ordinamento gli attribuisce.
La dottrina auspica che la valorizzazione dell’autonomia statutaria sia riaffermata nella delega legislativa alla redazione del nuovo T.U.E.L.
Il problema è quello di fissare i limiti delle funzioni attribuite agli enti locali che non possono più essere risolti in principi indicati in modo generico senza una loro precisa detereminazione. Questi limiti sono ora costituiti dia livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali fissati da leggi di principio che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ex art. 19, L. 15/2005 (V. ITALIA, Considerazioni sul nuovo T.U.E.L., in Nuova Rass., 2006, 2217).


7. Il cimitero come bene del demanio comunale specifico.

I beni del demanio comunale si distinguono in due categorie.
La prima comprende il demanio necessario che è costituito dai beni i quali non possono che appartenere che allo Stato e detti beni non possono essere che demaniali.
I cimiteri costruiti dai comuni appartengono al demanio necessario comunale (P. VIRGA, Diritto amministrativo. I principi, I, 1995, 370).
La seconda comprende il demanio accidentale (A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1964, 86).
Per quanto riguarda in particolare l'area del cimitero, l'art. 824, 2º co., c.c., ha sciolto ogni dubbio circa la natura giuridica della stessa, dichiarando che i cimiteri sono soggetti al regime dei beni demaniali e che quindi, come tali, in base all'art. 823, c.c., sono inalienabili e non suscettibili di esecuzione forzata mediante pignoramento.
Prima dell’entrata in vigore del vigente c.c. la dottrina negava la demanialità dei cimiteri, in quanto non sono destinati direttamente all’uso pubblico né all’esercizio di una pubblica funzione, ma solo all’esplicazione di un pubblico servizio (S. ROSA, Cimitero, in Enc. dir., VI, 1960, 993).
La dottrina afferma l'impignorabilità assoluta dell'area cimiteriale sottostante al sepolcro privato, riconosciuta come bene demaniale, ex art. 824, comma 2, c.c.
I beni del demanio comunale si distinguono in due categorie.
La prima comprende quella specie di beni che, pur potendo appartenere a soggetti diversi dai Comuni, rivestono carattere demaniale solo se appartenenti ai Comuni, ex art. 824, comma 2, c.c.
Si parla in tal caso di demanio specifico.
A tale categoria appartengono per dizione espressa del legislatore i cimiteri e i mercati.
Ci possono essere beni del demanio specifico che appartengono a soggetti privati, come le tombe private (A.M. SANDULLI, op. cit., 1964, 86).


8. I cimiteri di guerra.

I cimiteri, gli ossari e i sacrari destinati a raccogliere le salme dei caduti in guerra e nella lotta di liberazione costituiscono i cimiteri o i sepolcreti di guerra.
Essi sono definitivamente sistemati nel territorio nazionale e fanno parte, con le loro dipendenze, del patrimonio dello Stato.
Essi, previa iscrizione negli inventari tenuti dall'amministrazione finanziaria, sono dati in consegna, ove possibile, a cura del Commissariato generale e mediante stipula di regolari atti, ai Comuni nel cui territorio si trovano con l'obbligo di mantenerli e custodirli in perpetuo.
L'obbligo dell'iscrizione negli inventari tenuti dall'Amministrazione finanziaria si riferisce anche ai diritti di uso costituito a favore dello Stato su sepolcreti di guerra esistenti o sistemati a cura dei Comuni o di altri Enti locali.
A richiesta dei Comuni interessati e mediante apposite convenzioni che devono essere approvate da parte del Ministro per la difesa, di concerto con i Ministri per l'interno e per il tesoro, su proposta del Commissario generale, sono stabilite le somme da corrispondere dallo Stato a titolo di contributo per le spese di manutenzione e custodia delle opere date in consegna.
Le salme dei caduti in guerra e nella lotta di liberazione, sepolte nei cimiteri civili, sono esenti dai normali turni di esumazione previsti dall'art. 61 del regolamento di polizia mortuaria ed i Comuni interessati hanno l'obbligo di conservarle fino a quando tali salme non saranno definitivamente sistemate negli ossari o sacrari all'uopo costruiti, ex art. 7, L. 9 gennaio 1951, n. 204, mod. art. 2, L. 2 marzo 1985, n. 60.
Al Commissario generale spetta di provvedere:
a) alla completa sistemazione, manutenzione e custodia dei cimiteri di guerra esistenti in Italia nonché di quelli esistenti all'estero contenenti salme di Caduti italiani;
b) alla sistemazione delle salme degli italiani appartenenti a forze armate operanti al servizio della sedicente Repubblica sociale italiana, deceduti in conseguenza della guerra;
c) alla sistemazione provvisoria delle salme dei militari appartenenti alle Forze armate delle Nazioni Unite deceduti in Italia durante la guerra 1940-45, ove non vi abbiano provveduto direttamente i rispettivi Stati e ferme restando, per quanto riguarda l'impianto di cimiteri destinati all'inumazione dei militari delle Forze armate delle Nazioni Unite caduti in territorio italiano, le disposizioni del D.L.vo 5 luglio 1945, n. 429, mod. dal D.L.vo 29 ottobre 1947, n. 1354.
d) alla sistemazione delle salme dei militari degli eserciti nemici caduti in Italia, nei limiti dell'art. 4 della Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929 e di quanto altro stabilito nei trattati di pace.
È in facoltà del Commissario generale abolire i cimiteri di guerra che per l'ubicazione, per ragioni tecniche e per altri motivi non offrano la possibilità di uno stabile assetto.
I resti mortali esistenti nei cimiteri soppressi verranno raccolti nei cimiteri viciniori o in appositi sacrari costruiti in località opportunamente prescelte, ex art. 3, L. 9 gennaio 1951, n. 204.
Nei cimiteri di guerra apposite aree sono destinate a raccogliere le spoglie mortali di soldati di altre Nazioni caduti sul suolo italiano.
I rapporti - di solito di reciprocità con gli altri Stati che dettano analoghe disposizioni per raccogliere le salme di caduti italiani nel loro territorio - sono regolati da convenzioni internazionali.
La L. 28 aprile 1976, n. 400, approva e dà esecuzione alla convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle sepolture di guerra, firmata a Parigi il 2 dicembre 1970.
La L. 30 luglio 1973, n. 485, ratifica e dà esecuzione allo scambio di note tra l'Italia e la Jugoslavia, effettuato a Roma il 30 luglio 1971, relativo alla esenzione da ogni imposizione fiscale dei materiali destinati alla costruzione, sistemazione e manutenzione dei cimiteri, ossari, cripte e sacrari dei Caduti dei due Paesi.
La L. 12 agosto 1957, n. 801, ratifica e dà esecuzione all'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania sulle tombe di guerra con annessi scambi di Note, concluso in Bonn il 22 dicembre 1955.
La L. 2 febbraio 1955, n. 262, approva e dà esecuzione all'Accordo tra l'Italia ed i Paesi del Commonwealth britannico per i cimiteri di guerra con Protocollo e scambi di Note relativi, firmati a Roma il 27 agosto 1953.


9. I reparti speciali.

L’art. 100, D.P.R. 295/1990, sancisce il principio dell’unicità del luogo delle sepolture. E’ ribadito il principio affermato dall’art. 340, R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, che vieta di seppellire un cadavere in luogo diverso dal cimitero.
La norma parte dal concetto che le inumazioni seguano il rito cattolico e, pertanto, consente la possibilità di destinare appositi spazi per i professanti di altri culti.
I piani regolatori cimiteriali possono prevedere reparti speciali e separati per la sepoltura di cadaveri di persone professanti un culto diverso da quello cattolico.
I reparti speciali possono inoltre riguardare anche gli appartenenti di comunità straniere.
I rappresentanti di dette comunità devono fare domanda di avere un reparto proprio per la sepoltura delle salme dei loro connazionali.
A seconda del numero degli appartenenti alla comunità può parimenti essere data dal Sindaco in concessione un'area adeguata nel cimitero.
La norma non ammette letteralmente la possibilità di istituire dei cimiteri speciali ma solo dei reparti speciali nell’ambito dei cimiteri tradizionali.
Il divieto sembra più formale che reale in quanto l’esigenza di eventuali ampliamenti può evidentemente consentire di identificare altri cimieri che possono essere destinati a comunità o a culti che abbiano un consistente numero di seguaci.


10. Le cappelle private fuori dai cimiteri.

L’unica eccezione al principio sancito dall’art. 340, R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, che vieta di seppellire un cadavere in luogo diverso dal cimitero, è la possibilità di tumulare i cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri.
L’art. 101, D.P.R. 295/1990, afferma che per la costruzione delle cappelle private fuori dal cimitero destinate ad accogliere salme o resti mortali occorre l'autorizzazione del Sindaco, previa deliberazione del Consiglio comunale, sentito il coordinatore sanitario dell'Azienda sanitaria locale.
Il richiedente deve fare eseguire a proprie spese apposita ispezione tecnica.
Le cappelle private costruite fuori dal cimitero devono rispondere a tutti i requisiti tecnici prescritti dal regolamento per le sepolture private esistenti nei cimiteri.
La loro costruzione ed il loro uso sono consentiti soltanto quando siano attorniate per un raggio di metri 200 da fondi di proprietà delle famiglie che ne chiedano la concessione e sui quali gli stessi assumano il vincolo di inalienabilità e di inedificabilità.
Il vincolo deve essere trascritto nella conservatoria dei registri immobiliari, ex art 2658 c.c.
La successiva perdita delle condizioni di fatto previste regolamento comporta per i titolari delle concessioni la decadenza dal diritto di uso delle cappelle.
L'autorità comunale ha la vigilanza sulle cappelle private costruite fuori dal cimitero, nonché cimiteri particolari, preesistenti alla data di entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, ex art. 104, D.P.R. 295/1990.
Detta vigilanza si articola in particolare nel momento in cui il concessionario chieda di eseguire una tumulazione all’interno della cappella.
Per la tumulazione nelle cappelle private oltre l'autorizzazione dell’ufficiale di stato civile occorre, infatti, il nulla osta del Sindaco.
Il Sindaco deve accertare oltre che l’idoneità della cappella a ricevere le nuove inumazioni anche il diritto al sepolcro ossia deve verificare che il defunto aveva diritto a ricevere sepoltura nella cappella, ex art. 102, D.P.R., 295/1990.
I Comuni non possono imporre tasse di concessione per la deposizione di salme nelle cappelle private superiori a quelle previste per le sepolture private esistenti nei cimiteri, ex art. 103, D.P.R. 295/1990.


Nessun commento:

Posta un commento