lunedì 8 settembre 2014

Giustizia amministrativa. il dispositivo è atto immediatamente impugnabile?

Il rito speciale appalti - disciplinato dagli artt. 119 e ss. c.p.a. - prevede nel giudizio di primo grado come obbligatoria la pubblicazione del dispositivo del provvedimento che definisce il giudizio entro i termine di sette giorni dalla sua deliberazione (art. 120, comma 9, c.p.a.), cui segue la pubblicazione della sentenza entro il termine dimidiato decorrente dalla deliberazione.
Ai sensi dell’art. 119, comma 6, c.p.a. il dispositivo è atto immediatamente impugnabile. L’impugnazione si atteggia come facoltativa ed è finalizzata ad ottenere in via cautelare la sospensione del dispositivo.
La parte che si avvale della facoltà di impugnare immediatamente il dispositivo deve fare riserva dei motivi che poi proporrà entro i consueti termini decorrenti dalla notificazione o pubblicazione della sentenza completa.
La Sezione remittente pone il problema del rapporto tra appello contro il dispositivo e appello (o motivi aggiunti) contro la sentenza completa: se si tratti cioè di appelli autonomi l’uno dall’altro o di un unico appello costituito da una fattispecie a formazione progressiva.
All’accoglimento dell’una o dell’altra tesi seguono importanti implicazioni in ordine alla forma e al contenuto del secondo appello, quello avverso la sentenza. Se, infatti, il rapporto è di autonomia, il secondo atto deve avere la forma o quantomeno la sostanza di appello autonomo contenente l’esposizione completa dei fatti e dei motivi, senza possibilità di fare rinvio all’appello avverso il dispositivo; se il rapporto è in termini di fattispecie a formazione progressiva, il secondo appello può operare unarelatio agli elementi contenutistici all’appello avverso il dispositivo.
La questione assume rilevanza nel caso di specie. L’appello avverso la sentenza non presenta, infatti, struttura di appello autonomo, né sul piano formale né su quello sostanziale: sul piano formale invero ha la forma dei “motivi aggiunti” rispetto all’appello avverso il dispositivo; sul piano sostanziale non reca l’esposizione dei fatti di causa, operando un espresso rinvio all’appello avverso il dispositivo.
La questione si riflette anche sui poteri di cognizione del giudice del merito, e cioè se il suo esame debba investire in ogni caso entrambi gli appelli (il che rileva se si propongono censure diverse), o se l’esame debba essere circoscritto all’appello avverso la sentenza, dovendosi ritenere improcedibile o assorbito l’appello avverso il dispositivo.
L’esatta delimitazione della materia del contendere, cui si riconduce l’ambito della cognizione del giudice è a sua volta rilevante negli ulteriori profili inerenti alle esigenze di economia processuale e di sinteticità, nonché al completo esame delle censure di parte, senza incorrere in vizi revocatori di omessa pronuncia.
Il collegio remittente propende per la tesi dell’autonomia dei due appelli.
L’indirizzo interpretativo che suggerisce in via primaria l’ordinanza di remissione valorizza due aspetti muovendo dal dato testuale dell’art. 119, comma 6, c.p.a.:
- il ricorso avverso il dispositivo è un mezzo di tutela funzionalmente preordinato ad ottenere la sospensione dell’esecutività del dispositivo;
- sul piano del contenuto formale esso si caratterizza per la riserva dei motivi che andranno articolati nei termini di legge una volta pubblicata la sentenza completa della motivazione;
Da detta impostazione segue che l’atto di appello con articolazioni dei motivi deve essere assistito dal contenuto essenziale esemplificato all’art. 101 (esposizione sommaria dei fatti e specificazione delle censure, restando escluso per ragioni di certezza dell’oggetto del contendere e del perimetro delle contestazioni ogni rinvio “ob relationem” al contenuto del’appello contro dispositivo).
Stabilisce l’art. 119, comma 6, c.p.a. che: “la parte può chiedere al Consiglio di Stato la sospensione dell’esecutività del dispositivo, proponendo appello entro trenta giorni dalla relativa pubblicazione, con riserva dei motivi da proporre entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero entro tre mesi dalla sua pubblicazione. La mancata richiesta di sospensione dell’esecutività del dispositivo non preclude la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza dopo la pubblicazione dei motivi”.
Dal dato testuale della regola processuale emerge il riferimento unitario al mezzo di impugnazione che trova disciplina negli artt. 91 e seguenti c.p.a.
Esso, in relazione alla peculiarità delle materie oggetto del contendere ed in vista dell’esigenza di assicurare la più celere tutela in sede giudiziale, può essere introdotto con immediatezza fin dalla pubblicazione del dispositivo della sentenza, salvo la definitiva determinazione del thema decidendum ad avventa pubblicazione della sentenza completa della motivazione.
Su un piano sistematico non emerge che l’art. 119, comma 6, c.p.a. abbia inteso enucleare un mezzo di impugnazione tipizzato nell’ambito della generale disciplina dell’appello dettata agli artt. 100 e segg. c.p.a.
Non si determina, quindi, una scissione dell’azione impugnatoria nei due momenti in cui ne è ammesso l’esercizio, prima avverso il dispositivo e poi contro al sentenza. Si versa a fronte di due momenti che sono espressione del medesimo potere di impugnazione della parte, cui segue l’effetto devolutivo della controversia in un primo tratto limitatamente all’emissione di misure cautelari, nel secondo con effetto di cognizione piena del merito della controversia in relazione ai motivi di impugnativa che il ricorrente è posto in condizione di articolare.

L’impostazione suindicata permette di superare ogni questione meramente formale sugli elementi contenutistici del primo e del secondo atto di appello e dei limiti dell’effetto devolutivo in caso di parziale corrispondenza del secondo atto rispetto al primo.

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