venerdì 28 febbraio 2014

Servizi pubblici - locali - affidamento in house - requisito del controllo analogo - condizioni

Servizi pubblici - locali - affidamento in house - requisito del controllo analogo - condizioni

Per quanto riguarda il requisito del controllo analogo, la giurisprudenza comunitaria sembra ammettere la deroga al principio della procedura a evidenza pubblica ogni volta che un soggetto economico corrisponda al modello comunitario dell'in house. In sintesi, il modello viene rispettato se sussiste il requisito del controllo analogo ("quando l'entità di cui trattasi è assoggettata a un controllo che consente all'amministrazione aggiudicatrice di influenzare le decisioni dell'entità medesima" - v. C.Giust. Sez. III 29 novembre 2012 C-182/11 e C-183/11, Econord, punto 27), e se la parte più importante dell'attività viene svolta con gli enti che detengono il controllo (v. C.Giust. Sez. II 17 luglio 2008 C-371/05, Commissione/Italia, punti 31-32).
Si può ritenere sussistente il controllo analogo anche nel caso di comuni con partecipazione sociali minime, in presenza di norme statutarie che da un lato attribuiscono rilievo direttamente alla popolazione e dall'altro (attraverso il patto parasociale) assicurano a ciascun comune il ruolo di dominus nelle decisioni circa il frammento di gestione relativo al proprio territorio. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 23/09/2013, n. 780
LA giurisprudenza comunitaria ha precisato che  i soggetti che beneficiano di sovvenzioni pubbliche, e quindi anche i soggetti in house, possono certamente partecipare alle gare, come del resto possono partecipare in qualità di imprenditori gli stessi enti pubblici (v. C.Giust. Sez. IV 23 dicembre 2009 C-305/08, Conisma, punto 40; C.Giust. Sez. VI 7 dicembre 2000 C-94/99, Arge, punti 28-32).
 Una parziale traduzione nel diritto interno dei principi comunitari è stata effettuata dall'art. 34 commi 20 e 21 del DL 179/2012.
La prima norma (comma 20) stabilisce che la scelta della modalità di affidamento dei servizi pubblici (qualsiasi modalità: gara, in house, società mista, partenariato) deve essere motivata per dimostrarne la conformità al diritto comunitario.
La seconda norma (comma 21) prevede una verifica sugli affidamenti in essere e l'adeguamento degli stessi ai principi comunitari entro il termine del 31 dicembre 2013, a pena di decadenza.
Dal confronto tra i principi comunitari e la (ancora frammentaria) normativa interna, la giurisprudenza ha desunto le  seguenti indicazioni: (a) l'affidamento in house nel rispetto dello schema comunitario è sempre legittimo; (b) anche la partecipazione alle gare da parte di soggetti in house è legittima, come pure lo svolgimento di attività a favore di terzi, ma espone al rischio di fuoriuscire dallo schema comunitario (se la parte più importante dell'attività non è più svolta con gli enti che detengono il controllo).
I soggetti che si sentono danneggiati dalla restrizione degli spazi di mercato conseguente alla proliferazione degli affidamenti in house non possono quindi trovare tutela immediata contro i suddetti affidamenti, ma possono eventualmente ottenere che sia dichiarata la contrarietà al diritto comunitario (v. art. 106 par. 1 TFUE), e quindi la sopravvenuta inefficacia, degli affidamenti diretti attribuiti a operatori economici che nel tempo abbiano perso la caratteristica di soggetti in house secondo lo schema comunitario. In definitiva, un argine contro gli affidamenti in house è rinvenibile unicamente nell'equilibrio che gli operatori economici devono mantenere nella loro attività per rispettare i principi diritto comunitario. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 23/09/2013, n. 780.

Con l'espunzione dall'ordinamento nazionale dell'art. 23-bis, d.l. n. 112 del 2008 per effetto del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011, e poi con la cancellazione dell'art. 4, d.l. n. 138 del 2011 per intervento della Corte Costituzionale, è venuta meno la possibilità di imporre agli enti locali un percorso ordinato (e scandito da tempi certi) verso la liberalizzazione dei servizi pubblici. Il vuoto normativo provocato dal referendum e dalla sentenza n. 199 del 2012 non è stato colmato dalla reviviscenza di norme anteriori ma dall'estensione dei principi comunitari. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 23/09/2013, n. 780.

Nessun commento:

Posta un commento