venerdì 13 dicembre 2013

Servizi pubblici - Gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica - Modello in house . Requisiti

Servizi pubblici - Gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica - Modello in house . Requisiti

E’ venuto meno il principio, con tali disposizioni perseguito, della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, stante l'abrogazione referendaria dell'art. 23 bis d.l. n. 112/2008 e la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 4, d.l. n. 138/2011, e le ragioni del quesito referendario (lasciare maggiore scelta agli enti locali sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, anche mediante internalizzazione e società in house.
Si deve ritenere che la scelta dell'ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali, e in particolare la opzione tra modello in house e ricorso al mercato, debba basarsi sui consueti parametri di esercizio delle scelte discrezionali, vale a dire: valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti; individuazione del modello più efficiente ed economico; adeguata istruttoria e motivazione. Trattandosi di scelta discrezionale, la stessa è sindacabile se appaia priva di istruttoria e motivazione, viziata da travisamento dei fatti, palesemente illogica o irrazionale. Consiglio di Stato, sez. VI, 11/02/2013, n. 762.
Secondo la giurisprudenza comunitaria il "controllo analogo" dei soci pubblici sulla società in house costituisce un "potere assoluto" di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato, e che riguarda l'insieme dei più importanti atti di gestione del medesimo.
In presenza di tale "assoluto potere", l'amministrazione può prescindere dall'applicazione delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, non in virtù di apposite clausole di esclusione contenute nelle rispettive normative di settore, ma, piuttosto, perché si è in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica (Commissione europea, nota 26 giugno 2002).
Si è ritenuto che ove le decisioni relative alle attività di una società cooperativa intercomunale detenuta esclusivamente da autorità pubbliche sono adottate da organi statutari di detta società composti da rappresentanti delle autorità pubbliche associate, il controllo esercitato su tali decisioni dalle autorità pubbliche in parola può essere considerato tale da consentire loro di esercitare sulla società di cui trattasi un controllo analogo a quello che esercitano sui propri servizi (peraltro, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio dei fatti attinenti al margine di autonomia di cui fruisce la società in causa, in circostanze come quelle di cui alla causa principale) (C. giust. CE, 13 novembre 2008 C324/07).
La giurisprudenza comunitaria si è soffermata anche sulle modalità di esercizio del controllo analogo in caso di pluralità di soci pubblici, affrontando il tema se il controllo debba essere individuale o possa essere congiunto, e addivenendo alla seconda soluzione.
Si è concluso che qualora un'autorità pubblica si associ ad una società cooperativa intercomunale i cui soci sono tutti autorità pubbliche, al fine di trasferirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità associate a detta società esercitano su quest'ultima, per poter essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, può essere esercitato congiuntamente dalle stesse, deliberando, eventualmente, a maggioranza (C. giust. CE, 13 novembre 2008 C324/07,).
In positivo, il controllo analogo deve importare un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e le decisioni importanti, e può essere attuato con poteri di direttiva, di nomina e revoca degli amministratori, e con poteri di vigilanza e ispettivi.
E" stato ad esempio escluso il controllo analogo in un'ipotesi in cui "lo statuto, in atti, è quello di una normale società per azioni, nella quale i poteri appartengono agli organi sociali, e non è previsto nessun raccordo tra gli enti pubblici territoriali e la costituzione degli anzidetti organi: il presidente del consiglio d'amministrazione e il direttore sono eletti dal consiglio d'amministrazione, il quale a sua volta è nominato dall'assemblea senza vincoli di provenienza o di proposta, e la stessa assemblea è composta "dai soci" senza ulteriori specificazioni; del collegio sindacale è previsto solo che si compone di tre sindaci elettivi e due supplenti, che durano in carica tre anni e sono rieleggibili. Gli enti pubblici soci, a parte la possibilità di alienare le azioni, non sono neppure menzionati, e anzi lo statuto stabilisce che "il consiglio di amministrazione è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società ed ha facoltà di compiere tutti gli atti che ritenga opportuni per l'attuazione ed il raggiungimento degli scopi sociali, fatta eccezione soltanto per gli atti che a norma di legge e del presente statuto sono di competenza dell'assemblea"" (Cons. St., sez. V, 8 gennaio 2007 n. 5).
Nle caso di specie, l'art. 3 l.p. Bolzano n. 12/2007 - relativo all'"Affidamento a società a capitale interamente pubblico" fornisce una puntuale descrizione del controllo analogo, in linea con le prescrizioni della giurisprudenza nazionale e comunitaria, prevedendosi i poteri di nomina e revoca di amministratori e sindaci della società, lo svolgimento di funzioni di indirizzo e direttiva, il controllo gestionale e finanziario, mediante sopralluoghi e ispezioni e l'esame di reports periodici.
Passando all'esame delle disposizioni statutarie della società va osservato quanto segue.
L'art. 7 dello statuto dispone che questa sia "costituita da soli enti pubblici", "stante l'interesse pubblico perseguito dallo scopo sociale".
Il potere di controllo analogo, previsto dallo statuto, è esattamente corrispondente a quello richiesto dall'art. 3, comma secondo, l.p. n. 12/2007, da parte della Comunità affidante sulla affidataria   e soddisfa i requisiti del controllo analogo perché i soci hanno pregnanti poteri di controllo mediante la nomina e revoca degli amministrativi, poteri di indirizzo e direttiva, poteri di ispezione, sopralluogo, verifica dei reports periodici.
Secondo quanto osservato dalla Corte costituzionale (Corte cost. 20 luglio 2012 n. 199) la disciplina sopravvenuta da un lato, rende ancor più remota l'ipotesi dell'affidamento diretto dei servizi, in quanto non solo limita, in via generale, "l'attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità" (comma 1), analogamente a quanto disposto dall'art. 23bis (comma 3) del d.l. n. 112 del 2008, ma la ancora anche al rispetto di una soglia commisurata al valore dei servizi stessi, il superamento della quale (900.000 euro, nel testo originariamente adottato; ora 200.000 euro, nel testo vigente del comma 13) determina automaticamente l'esclusione della possibilità di affidamenti diretti. Tale effetto si verifica a prescindere da qualsivoglia valutazione dell'ente locale, oltre che della Regione, ed anche - in linea con l'abrogato art. 23bis - in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa comunitaria, che consente, anche se non impone (sentenza n. 325 del 2010), la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell'ente locale, allorquando l'applicazione delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la "speciale missione" dell'ente pubblico (art. 106 TFUE), alle sole condizioni del capitale totalmente pubblico della società affidataria, del cosiddetto controllo "analogo" (il controllo esercitato dall'aggiudicante sull'affidatario deve essere di "contenuto analogo" a quello esercitato dall'aggiudicante sui propri uffici) ed infine dello svolgimento della parte più importante dell'attività dell'affidatario in favore dell'aggiudicante. Consiglio di Stato, sez. VI, 11/02/2013, n. 762.


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