mercoledì 13 novembre 2013

Sognando la rivoluzione.

ANTE SCRIPTUM

Caro  lettore , se credi puoi 

leggere  questo racconto seguendomi mentre lo scrivo: aiutami se vuoi a correggerne le bozze.

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1.      Il sogno. Versailles.

Quella notte Nicolas si svegliò nel cuore della notte preoccupato. Non l'aveva svegliato la prostata ingrossata che ma una forte preoccupazione.
Nicolas non si ricordava di solito quello che aveva sognato,  ma quel risveglio gli lasciava un ricordo  abbastanza preciso della situazione che aveva appena vissuto nella sua sfera onirica.
 Indossava un abito di velluto verde, due maniche a sbuffo uscivano dai polsini della giacca mettendo in bella evidenza dei pizzi raffinati.
La sua incipiente calvizie era scomparsa  nascosta da una parrucca tutta boccoli che gli incorniciavano il viso.
Si muoveva vezzosamente in un salone tutto specchi.
Attorno  a lui dame e gentiluomini che si prodigavano in rispettosi inchini al suo passaggio.
Era una mattinata gradevole quel cinque maggio 1789 a Versailles.
Una giornata  di quelle che avrebbero potuto cambiare i destini del Re della Francia e forse d'Europa.
Le grandi rivoluzioni giungono così inaspettate, le situazioni maturano, covano sotto la cenere poi qualcuno inizia a discutere di problemi che sembrano di modesta importanza discussioni destinate ad approdare a niente che poi per un o scherzo improvviso del destino acquistano la potenza del tuono, l'impeto delle piene, la potenza degli uragani e la forza distruttiva dei terremoti.
Così da un giorno all'altro ti capita di vivere in un altro pianeta con regole del tutto diverse .
In questi casi i cambiamenti non sono una semplice ammuina -fare ammuina» significa «agitarsi a vuoto, fare confusione, anche per attrarre la benevola attenzione dei superiori - sono, invece, sostanziali comportano lacrime e sangue sono momenti di crisi di una società che non riesce  a sopravvivere con le vecchie regole perché la maggioranza delle persone non ne può più.
Lui Nicolas è un membro dell'assemblea generale fa parte del gruppo dei nobili e deve difendere i loro privilegi.
"Questa poi che si voglia cambiare le cose in Francia mi sembra una pazzia!" dice al suo amico di sempre Sebastien che con lui si sta avviando verso la sede dell'assemblea degli  Stati Generali convocati quel giorno proprio lì a Versailles. 
"Ci sarà battaglia oggi, ma noi sappiano come ci si batte."
 Il salone era gremito tutti urlavano ognuno alzando al voce pensava di attribuirsi un pò di ragione.
Nicolas sbraitava più degli altri .
"E' inammissibile che si voglia votare per testa!"
I combattivi deputati del Terzo Stato, assai più numerosi di quelli degli altri due stati messi insieme Clero e Nobiltà, richiedono che si voti per testa secondo il principio un voto per ogni eletto.
Così forse potrebbero tentare, con qualche defezione degli altri raggruppamenti, di imporre le loro idee.
Clero e Nobiltà vogliono mantenere la tradizionale votazione per ordine, che consente loro di mantenere la supremazia nell'assemblea vincendo facilmente per due a uno.
La Francia sta vivendo un periodo di crisi dovuta al crescente indebitamento statale e alla perdita di prestigio della monarchia.
Le resistenze dei ceti nobiliari ad accettare una riduzione dei loro privilegi alimentavano un diffuso malcontento dell'opinione pubblica, che cominciava a mettere in discussione il sistema sociale dell'ancien régime, avanzando richieste di provvidenze economiche di rappresentanza politica.
Le sommosse, a causa della carestia, si ripetevano in quasi tutti i centri urbani ed in particolare a Marsiglia e ad Aix.
Gli echi della protesta nella capitale si sentivano sempre più assordanti.
Gli unici che non li sentivano erano i nobili impegnati a maneggi di Corte per ottenere qualche benemerenza in più presso il sovrano.
Quando la plebaglia si avvicinava ai cancelli a chiedere pane stupiti i nobili commentavano:
“ Cosa vogliono  questi?  Se non c’è più pane dategli delle brioche.”
Negli stabilimenti si verificano sempre più di frequente manifestazioni di protesta  nate spontaneamente e dovuta alla fame, alla carestia ed alla disoccupazione operaia particolarmente sentita nei popolari quartieri.
Le truppe inviate a sedare i tumulti spararono, senza esitazione, sulla folla provocando morti, feriti e altre arrestati.
Se qualche soldato esitava a sparare sulla folla ci pensavano gli ufficiali  a convincerlo minacciandolo spada alla mano .
Le proteste però continuano e la repressione invece di sedarle le aizza.
Il clima all'Assemblea generale è rovente.
Nicolas ed il suo amico Sebastien escono sconvolti dall'Assemblea che finisce senza  decidere neppure se bisogna votare per ordine o per testa 
A volte le persone chiamate  a decidere in momenti cruciali della storia hanno un compito ingrato di interpretare gli  avvenimenti.
Se non si percepisce lo svolgersi dei fatti e non se ne segue il corso le conseguenze possono essere disastrose. Non si può andare contro la logica della storia.
Nicolas era colpito dagli argomenti portati dai rappresentanti del Terzo Stato.
"Il popolo ha fame!" urlavano "voi volete mantenere i vostri privilegi. Avere le parrucche incipriate e  eleganti marsine e il popolo non ha vestiti . Mangiate brioche e il popolo non ha neanche un pezzo di pane


2.      L’ambasciatore americano.


Quel maggio era particolarmente dolce il 2089 si era preannunciato fin dai primi giorni di gennaio particolarmente mite. Il sole tiepido una leggera brezza rendeva l’aria frizzante.
Nicolas si pose al posto di guida della sua Europa elettrica M89.
Europa era la casa automobilistica che aveva il monopolio della produzione della macchine nel continente.
Gli piaceva che non ci fosse più concorrenza fra le case automobilistiche.
Ogni continente faceva la sua produzione programmata.
La concorrenza la facevano le ditte nel produrre i prototipi fissati da Europa.
Era questa l’azienda di stato che disegnava i modelli e fissava le loro compatibilità in materia di ambiente sicurezza, confort.
I vari modelli venivano messi all'asta fra gli operatori del settore e chi offriva il prezzo di vendita più basso poteva ottenere l’esclusiva per la produzione e vendita per cinque anni.
Gli operatori non europei potevano benissimo concorrere bastava  costituire una società europea, pagare gli stipendi europei e pagare le tasse in Europa.
I paradisi fiscali erano aboliti nessuno faceva utili in Italia o in Francia e poi pagava le tasse sugli utili in qualche paradiso fiscale.
Il suo ufficio distava pochi chilometri.
Introdusse la sua personal cart e confermò sul computer di bordo la destinazione usuale.
Cliccò sul display casa - ufficio e la macchina docilmente si introdusse nella linea di traffico programmata.
Nicolas aveva un appuntamento quel giorno con il manager di una ditta americana.
Si dovevano valutare la possibilità di fare business in Italia e quali finanziamenti  erano possibili.
Il lavoro di Nicolas era sicuramente di prestigio e delicato perché per decidere un piano di intervento l’operatore estero voleva sapere un sacco di cose e Nicolas doveva  compilare un dossier complicato perché l’operatore voleva sapere un sacco di cose.
Mister Ted era un americano grande e grosso.
Ex giocatore di basket di due metri d’altezza per cento dieci chili di muscoli; era un instancabile lavoratore che non mollava mai l’osso fino a quando non era soddisfatto di avere ricevuto tutte le risposte ai suoi innumerevoli quesiti.
“Quanto costa e quanto tempo ci vuole per realizzare questo intervento.” disse Mister Ted  stendendosi con i piedi sotto il tavolo dirigenziale e sprofondando nella poltrona morbida di vera pelle nera .
Quando gli chiedevano i tempi per la realizzazione di un progetto a Nicolas diventavano subito rosse le guance,  i pochi capelli sembravano rizzarsi in testa stupiti di un simile domanda andava subito in crisi e poteva rispondere attraverso un risposta standard elaborata per tamponare immediatamente a questo suo subitaneo malessere.
Dopo anni di semplificazioni normative di leggi fatte per accelerare i tempi di risposta delle pubbliche amministrazioni  nessuno in Italia era in grado di prevedere dei tempi certi.
Si poteva rispondere senza tema di smentite solo in ordine ai tempi burocratici e lì Nicolas era un maestro sapeva tutto.
Alla fine poneva sempre il suo salvagente “ per prudenza , era solito dire , possiamo fare una assicurazione sui tempi  che paghi i danni da ritardo.”
Quando era certo di avere risolto tutti i dubbio dell’americano venne fuori la domanda fatale:
“Ma in Italia c’è pericolo per le istituzioni  c’è tranquillità sociale. Le tensioni del nord Africa  e quelle del Medio Oriente possono avere delle ripercussioni nel vostro paese. C’è pericolo di una rivoluzione?”
“ Ma cosa ti salta in mente “ voleva urlargli allo USA “ Rivoluzioni in Italia? Qui  non cambia mai niente siamo imperturbabili a tutto, ma perché ti vai a porre problemi complicati fai le tue cose normali e basta!”
Non poteva però  andare contro le sacre aspettative di un cliente importante e tanto valeva assecondarlo senza porti troppi problemi.
Non ti arrabbiare mai neanche per le cose più stupide sorridi e dai risposte brevi e accomodanti Si adeguò subito al suo motto.
Dopo quell'incontro Nicolas tornò a casa veramente stanco con una parola in testa Rivoluzione?
Mangiò poco e se ne andò a dormire presto sempre con quella parola che gli ronzava in testa come una mosca noiosa che non riusciva  scacciare.
Gli si appoggiava sul viso e gli si adagiava sulle dita delle mani a perseguitarlo .

Cosa voleva sapere quella mosca della rivoluzione?
O meglio c'era possibilità di una rivoluzione in Italia?

3.      Il Consiglio della Corona.

 

 “El me scusa sior illustrissimo se me presento: Son Antonio Cappello ambasador venetian in Parigi, so che lu parla italian , posso farghe qualche domanda?”
Nicolas conosceva di vista l’ambasciatore l’aveva visto nei salotti buoni che frequentava ed aveva scambiato con lui impressioni sulla situazione internazionale che ora sembra va improvvisamente esplodere.
L’ambasciatore veneziano era venuto a conoscenza del Consiglio della Corona che si era riunito il 21 Giugno 1789 per studiare i provvedimenti da adottare contro l'Assemblea Nazionale.
Lui sapeva che i falchi governativi che volevano rilanciare la linea dura avevano avuto la meglio la colomba ancora una volta era stata messa a tacere.
Il piano di riappacificazione proposto da Necker viene deriso per poco il ministro viene arrestato per tradimento e lesa maestà; si opta per una linea dura.
Necker è sostituito.
Il sovrano,  la regina, il ministro degli- Interni, degli  Affari Esterni, della  Giustizia, della  Guerra e della Marina avevano messo all’angolo Necker. Sorpresa, stupore, sorrisi sarcastici avevano accolto le sue ragionevoli proposte di non opprimere ulteriormente con gabelle la povera gente orami ridotta alla fame.
“Bisogna ridurre  le spese di Corte , limitare i compensi agli alti funzionari, introdurre una minima tassazione per le rendite fondiarie”
“Che eresie ! come si permette di fare delle proposte che minano alle radici il nostro sistema che ha dato lustro finora alla Francia!” urlava il Ministro della Marina.
“ Lei è un rivoluzionario! “ esclamava  muovendo vorticosamente le braccia il ministro della Guerra con fare minaccioso.
 Il Re lo guardava disgustato.
“ Ho covato una serpe in seno, senza accorge mene!” disse senza neppure guardarlo.
Lui che aveva fatto una proposta timida di riconciliazione si ritrasse con un inchino
“Mi scusino monsignori mi ritiro conscio che le mie proposte risultano inopportune!”
Mai ritirata fu più strategica perché una parola di troppo e il ministro delle Finanze  avrebbe rischiato la Bastiglia.
E’ il destino dei moderati quello di essere derisi anche se la loro linea è quella vincente.
Sono i falchi senza idee, se non quelle di difendere i loro privilegi, ad avere di solito la meglio.
I discorsi di convenienza fanno piacere al principe che non ammette di potere sbagliare.
I potenti difendono questi uccelli rapaci che meglio sembrano rispondere all’esigenza dei potenti di avere degli esecutori fedeli ai loro ordini.
L’ingordigia però è cattiva consigliera e quando monta la legittima furia popolare non la si può più arginare.
Allora non cadono solo i privilegi ma anche le teste.
L’ambasciatore che veniva da una rinomata scuola diplomatica già sapeva e da buon servitore della Repubblica serenissima era sì interessato alla situazione interna della Francia ma ancora più era desideroso di captare i possibili riscontri internazionali.
Questi fermenti  popolari questo profumo di rivoluzione si sarebbe sentito anche al di fuori dei confini del reame.
Nicolas sapeva benissimo che l’ambasciatore sapeva già tutto. Il re aveva tenuto un atteggiamento duro, sprezzante e minaccioso. Voleva- l'annullamento delle decisioni prese, negli ultimi giorni, dalla Assemblea Nazionale; la riunione dei tre Ordini in sale separate come avvenuto all'apertura degli Stati Generali; il voto per Ordine e non pro-capite.
Non si rendeva conto che oramai tutto questo apparteneva al passato e che bisognava trattare su contenuti nuovi
“Se vuole conoscere le mie personali previsioni per quanto possano valere  non le nascondo le mie perplessità per una situazione che rischia di degenerare.
Non penso che questo abbia effetto fuori dei confini della Francia perché spero che  il Terzo stato assuma un atteggiamento più ragionevole.”
L’ambasciatore non credette  ad una sola di quelle parole considerò Nicolas un bugiardo o un male informato.
Pensò anche che era un uomo dabbene e quindi poteva anche non avere colto quello che si prevedeva negli ambienti più informati.
Luigi XVI non era l’uomo adatto ad affrontare situazioni complicate.
Era convinto che a Versailles non potesse mai splendere un luce diversa di quella magnificente della sua grandezza.
Il re era convinto, vivendo esclusivamente al centro della sua corte di adulatori di essere in qualche maniera gradito ai francesi; quanto meno non considerava la plebe in grado di porsi alla sua altezza e di combatterlo.
In ogni caso sapeva che il suo esercito era ben armato e devoto.
La sua parentela con i nobili di mezza Europa lo rassicurava.
Il sovrano era  certo che il popolo sarebbe stato costretto a  sopportarlo per almeno un altro secolo.
Nicolas era un convinto lealista che però non vedeva o non voleva rendersi conto che la situazione stava precipitando.
Chi poteva sostenere le nuove gabelle? un popolo che stava morendo di fame senza prospettive senza orgoglio di appartenere ad una nazione che apprestava e che voleva risolvere almeno i suoi bisogni elementari , senza speranza di un futuro migliore per i suoi figli.
Tanto valeva morire sulle barricate.

4.      La situazione internazionale


La situazione internazionale  si faceva invece complicata e l’ambasciatore aveva colto queste preoccupazioni che derivavano anche da quello che si diceva negli ambienti più
Giacobini.
Si sapeva che se il re non trovava un accordo con il terzo stato i regnanti delle  potenze europee legate a Luigi XVI da vincoli di parentela non lo avrebbero lasciato solo.
I problemi internazionali erano delicati ed è per questo che l’ambasciatore aveva inviato a Venezia un rapporto preoccupatissimo sulla necessità che in questo frangente la repubblica non si trovasse isolata perché l’Europa rischiava di esplodere.
La cosa più strana è col profilarsi di una situazione interna non del tutto felice gli ambienti Giacobini avevano mire espansionistiche .
La Francia mirava addirittura a fare un sol boccone dell’Italia.
Il primo e fondamentale motivo era quello che un popolo affamato ha bisogno di credere in una nazione forte che con le sue mire espansionistiche sia in grado di dare un futuro ai suoi figli che in patria non trovavano immediate e ragionevoli prospettive di sviluppo. Negli equilibri strategici europei la debole Italia avrebbe costretto l’imperatore austriaco a ritirare le sue truppe dal Reno indebolendo quindi il confine francese. L’Italia era poi un paese vicino da conquistare con poca fatica.
Le idea giacobine libertà eguaglianza e fraternità erano un detonatore formidabile per mettere in crisi società vecchie, stanche di nuove fatiche, desiderose di quiete, dominate da una classe dirigente arroccata sui suoi privilegi, pronta solo a difendere le sue rendite di posizione. 

(SEGUE)

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