mercoledì 13 novembre 2013

Comune . Consiglieri comunali. Ricorso contro gli atti del comune.

Comune . Consiglieri comunali. Ricorso contro gli atti del comune.
I consiglieri comunali sono legittimati a ricorrere avverso gli atti adottati dagli organi di appartenenza nei ristretti limiti tracciati dalla lesione dello "ius ad officium", limiti che non appaiono violati nel caso in cui emergono motivi di ricorso afferenti a meri profili di legittimità dell'azione amministrativa non incidenti sulla posizione giuridica del ricorrente consigliere. Solo la lesione diretta ed immediata del diritto all'ufficio del consigliere comunale può fare sorgere, quindi, la "legitimatio ad agendum", ovvero l'interesse personale al ricorso al fine del ripristino della situazione sostanziale lesa, attraverso la rimozione della situazione antigiuridica affidata all'organo giurisdizionale (in applicazione a questo principio è stata esclusa la legittimazione nel ricorso proposto da un consigliere, che faceva valere la difformità delle sedute della commissione consiliare permanente rispetto al modello legale: afferma il Tribunale che "quand'anche si ammetta che possa riverberarsi sulla successiva deliberazione consiliare, può essere fatta valere soltanto dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dalla difformità medesima, ma di certo essa non attiva la legittimazione del consigliere comunale rimasto estraneo alla commissione medesima. Ragionando diversamente, si dovrebbe riconoscere al consigliere comunale la titolarità di una azione popolare di diritto oggettivo, a tutela della conformità a legge delle delibere consiliari, che prescinde del tutto dall'interesse del ricorrente e che è, in quanto tale, inammissibile perché contraria ai principi del sistema di giustizia amministrativa").T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 24/04/2013, n. 1067
i consiglieri comunali siano legittimati a ricorrere avverso gli atti adottati dagli organi di appartenenza nei ristretti limiti tracciati dalla lesione dello ius ad officium, limiti che non appaiono violati nel caso in esame, in cui emergono motivi di ricorso afferenti a meri profili di legittimità dell'azione amministrativa non incidenti sulla posizione giuridica del ricorrente consigliere (cfr., ex pluribus, Cons. di Stato, sez. IV, 02-10-2012, n. 5184; Cons. Stato, Sez. V, 15-12-2005, n. 7122, Cons. St., sez. I, 30-07-2003 n. 2695).
Come rilevato da consolidata giurisprudenza, la giurisdizione amministrativa non è strutturata come giurisdizione di diritto oggettivo: essa non concerne un astratto sindacato sulla legalità dell'azione dei pubblici poteri, ma è giurisdizione di diritto soggettivo, richiedendosi per la sua attivazione la sussistenza di un interesse personale e diretto, oltre ché attuale (cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 826 del 19.2.2007).
Il giudizio amministrativo è volto alla risoluzione di controversie intersoggettive e non di contrasti tra organi o componenti di organi di una stessa amministrazione o ente (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 31 gennaio 2001, n. 358), sicché solo quando si concretizza un contrasto interno qualificato in ragione della lesione di un interesse personale rilevante per l'ordinamento, può dirsi sorta una posizione qualificata ed idonea a stimolare la funzione giurisdizionale, in quanto capace di rilevare all'esterno (così, da ultimo, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, Sent. 22-02-2013, n. 490; cfr. sullo stesso tema T.A.R. Milano, IV, 28-03-2012 n. 956; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 20 luglio 2006, n. 7613, nonché, id. 14 gennaio 2005, n. 127, per cui, deve escludersi una dilatazione della legittimazione dei consiglieri comunali per l'impugnazione in sede giurisdizionale delle delibere dell'organo di appartenenza, al di là della specifica area della denunzia dei vizi propri del subprocedimento di deliberazione, che si concretino in violazioni procedurali direttamente lesive del munus rivestito dal consigliere comunale, come ad es., quelle di irritualità della convocazione dell'organo, di violazione dell'ordine del giorno, di difetto di costituzione del collegio etc., interferenti sul corretto esercizio del mandato).
Solo la lesione diretta ed immediata del diritto all'ufficio del consigliere comunale può fare sorgere, quindi, la legitimatio ad agendum, ovvero l'interesse personale al ricorso al fine del ripristino della situazione sostanziale lesa, attraverso la rimozione della situazione antigiuridica affidata all'organo giurisdizionale (cfr. T.A.R. Lombarda, Brescia, 14-05-2002 n. 857; T.A.R. Napoli, 07-12-2001 n. 5301).
Ebbene, nel caso in esame, come correttamente rilevato da parte resistente, la difformità delle sedute della commissione consiliare permanente rispetto al modello legale, quand'anche si ammetta che possa riverberarsi sulla successiva deliberazione consiliare, può essere fatta valere soltanto dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dalla difformità medesima, ma di certo essa non attiva la legittimazione del consigliere comunale rimasto estraneo alla commissione medesima.
Ragionando diversamente, si dovrebbe riconoscere al consigliere comunale la titolarità di una azione popolare di diritto oggettivo, a tutela della conformità a legge delle delibere consiliari, che prescinde del tutto dall'interesse del ricorrente e che è, in quanto tale, inammissibile perché contraria ai principi del sistema di giustizia amministrativa come sopra delineati (cfr. Cons. di Stato, V, n. 2457/2010).

Di contro, va ribadito che non ogni violazione di forma o di sostanza nell'adozione di una deliberazione si traduce in una automatica lesione dello ius ad officium, ma solo quella che si sostanzia nella lesione del diritto-dovere della persona investita della carica di consigliere comunale di esercitare la propria funzione, tramite il proprio voto. Solo così, infatti, si crea un contrasto che non è suscettibile di risoluzione nella dialettica interna all'organo, atteso che proprio la lesione del munus impedisce l'attivazione dei meccanismi di responsabilità politica e rende necessario il ricorso all'autorità giurisdizionale per ripristinare il libero esercizio dello jus ad officium.

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