giovedì 7 novembre 2013

Codice ambiente. Parte III Titolo V Capo II Sanzioni penali.

1           Codice ambiente. Parte III  Titolo V Capo II  Sanzioni penali.


2           Ambiente. Reato di scarico senza autorizzazione.


Configura il reato di scarico senza autorizzazione (art. 137 d.lg. 3 aprile 2006 n. 152) la condotta di un odontoiatra che faccia confluire i reflui provenienti dalla sua attività dentistica nel canale di raccolta delle acque piovane, atteso che detti reflui, per la loro particolare natura, non sono assimilabili alle acque reflue domestiche ma a quelli derivanti da attività produttiva. Cassazione penale, sez. III, 07/11/2012, n. 2340.
LA Cass. pen. sez. 3, 5 febbraio 2009, n. 12865, afferma che ai fini della tutela penale dall'inquinamento idrico nella nozione di acque reflue industriali ex art. 74, comma 1, lett. h, del suddetto decreto (come modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) rientrano tutti i tipi di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive, in quanto detti reflui non attengano prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue domestiche, come definite dall'art. 74, comma 1, lett. g). Per determinare, quindi, le acque che derivano dalle attività produttive occorre procedere a contrario, vale a dire escludere le acque ricollegabili al metabolismo umano e provenienti dalla realtà domestica (cfr. sez. 3, 27 novembre 2003-20 gennaio 2004 n. 978; conformi sez. 3, 1 luglio 2004 n. 35870 e sez. 3, 24 ottobre 2002 n. 42932). Attività produttive, d'altronde, che non necessitano per essere tali di un vero e proprio stabilimento, ma il cui insediamento può essere effettuato anche in un edificio che non abbia complessivamente destinazione industriale (cfr., a proposito di un'attività produttiva espletata in un locale situato in un condominio, i cui reflui erano scaricati nella pubblica fognatura mediante la tubazione condominiale, sez. 3, 7 luglio 2011 n. 36982, che ancora evidenzia, come discrimen, il fatto che le acque abbiano "caratteristiche qualitative diverse da quelle delle acque reflue domestiche").
Il che significa che non dalla natura della struttura in cui sono prodotte (insediamento industriale o meno) bensì dalla natura delle acque stesse scaturisce l'applicabilità della tutela penale dall'inquinamento idrico. Che gli studi odontoiatrici producano acque reflue provenienti da attività domestiche è insostenibile alla luce del notorio: i reflui prodotti provengono da una attività che effettua servizi terapeutici, e quindi non qualificabili domestici, e a ben guardare che è anche fornitrice di beni ai clienti (si pensi alle protesi dentarie). In applicazione, quindi, dell'art. 74, comma 1, nel combinato disposto delle lett. g) e h) - che, come sopra si è già osservato, si pongono in rapporto di reciproca esclusione nel loro dettato definitorio -, deve ritenersi che il giudice di merito abbia correttamente applicato la normativa di settore, trattandosi di acque reflue per cui è configurabile la contravvenzione ex D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1, avendo l'imputato effettuato scarichi senza autorizzazione di tali reflui nella raccolta delle acque piovane
La condotta del legale rappresentante di una società autorizzata allo scarico nelle acque superficiali di reflui misti industriali e domestici che collega lo scarico dei reflui di condensa dei compressori alla conduttura delle acque bianche meteoriche, costituisce effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali in violazione delle prescrizioni del provvedimento autorizzatorio e integra il reato di cui all'art. 137, comma 1 del d.lg. 3 aprile 2006 n. 152. Cassazione penale, sez. III, 24/10/2012, n. 513.
Integra il reato di scarico non autorizzato di acque reflue industriali di cui all'articolo 137, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la gestione di uno scarico di acque industriali dopo la scadenza dell'autorizzazione. Cassazione penale, sez. III, 17/10/2012, n. 44903.


3           Ambiente . Scarico industriale. Differenza acque reflue domestiche.


Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche; ne consegue che sono da considerare scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi, quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque domestiche.
 La definizione di acque reflue domestiche, contenuta nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74, comma 1, lett. g), quali acque provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, è tale da non ricomprendere (ai sensi del successivo art. 101, comma 7, lett. c) le acque reflue non aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche (ex plurimis, sez. 3, 15 dicembre 2010, n. 2313, Rv. 249532; sez. 3, 18 giugno 2009, n. 35137, Rv. 244587). In particolare, la natura del refluo scaricato costituisce il criterio di discrimine tra la tutela punitiva di tipo amministrativo e quella strettamente penale: nel caso in cui lo scarico abusivo abbia ad oggetto acque reflue domestiche, potrà configurarsi l'illecito amministrativo, ex D.Lgs. n. 156 del 2006, art. 133, comma 2; mentre si avrà il reato di cui all'art. 137, comma 1, del richiamato decreto, qualora lo scarico riguardi acque reflue industriali, definite dall'art. 74, lett. h), come qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti. Pertanto nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, cioè non collegati alla presenza umana, alla coabitazione ed alla convivenza di persone; con la conseguenza che sono da considerare scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi, quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque domestiche, come nel caso delle acque reflue provenienti da laboratori diretti alla produzione di alimenti (sez. 3, 7 luglio 2011, n. 36982).
Nella specie, il titolare di un bar/pasticceria effettuava lo scarico delle acque reflue, provenienti dal ciclo produttivo del suo esercizio, direttamente nella rete cittadina, attraverso le tubazioni condominiali, senza esservi autorizzato. Cassazione penale, sez. III, 14/11/2012, n. 4844.


4           Ambiente. Ordinanza di allacciamento alla rete fognaria.


L'art. 74 comma 1 lett. n), d.lg. n. 152 del 2006 ("Norme in materia ambientale", cd. Codice dell'ambiente), qualifica come "agglomerato", l'area in cui le attività umane sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile la raccolta delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o un punto di recapito finale.
La decisione di estendere la rete fognaria pubblica, portando la stessa sino ad una zona, non appare certo illogica o arbitraria, tenuto conto che la raccolta delle acque reflue attraverso gli impianti fognari pubblici contribuisce senza dubbio alla finalità di tutela e preservazione delle acque e del suolo dall'inquinamento, finalità indicate chiaramente dall'art. 73, d.lg. n. 152 del 2006.
Nel successivo art. 100 del medesimo decreto legislativo (articolo rubricato "Reti fognarie"), viene manifestata un'evidente preferenza del legislatore per lo smaltimento dei reflui attraverso la rete fognaria, essendo gli altri metodi di smaltimento reputati, tutto sommato, eccezionali e circoscritti agli insediamenti isolati.
Sussiste un obbligo generalizzato per gli enti locali di realizzare una rete fognaria pubblica, da considerarsi non solo un mezzo di raccolta delle acque ma anche uno strumento primario di tutela ambientale.  Gli articoli 4, comma 4° e 7, comma 4° del  regolamento regionale sugli scarichi delle acque n. 3 del 24.3.2006, affermano che gli scarichi devono essere allacciati alla pubblica fognatura entro il termine di due anni dal completamento delle reti nelle zone ove insiste una fognatura pubblica. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 14/11/2012, n. 2752
È legittima l'ordinanza che impone ai privati la realizzazione sul loro terreno delle opere di allacciamento, dal momento che anche l'eventuale distanza eccessiva può essere ridotta, attraverso la costituzione di servitù coattiva di scarico ai sensi dell'art. 1043 comma 2, c.c.

Sono legittime le ordinanze di allacciamento alla fognatura anche laddove specificano che le acque meteoriche non possono essere convogliate in fognatura ma devono essere disperse tramite idonei sistemi. Tale prescrizione impone la separazione fra acque nere e meteoriche in ossequio a precise disposizioni regolamentari e tecniche.

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