giovedì 7 novembre 2013

Codice ambiente. Parte II Titolo III VIA.


1           Codice ambiente. Parte II  Titolo III VIA.


2           Ambiente. Termovalorizzatore. VIA valutazione dell'impatto ambientale sostituisce permesso di costruire.


L'art. 26 comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, afferma che  il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o dell'impianto".
L'art. 17 della Legge regionale Emilia Romagna n. 9/2009, ribadisce che la valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) positiva per i progetti di cui all'art. 7 comprende e sostituisce tutte le intese, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i pareri, i nulla osta, gli assensi comunque denominati, necessari per la realizzazione del progetto in base alla vigente normativa."
Nella fattispecie il Comune sostiene che la VIA e l'espressione favorevole del parere in Conferenza dei servizi non abbiano integrato il rilascio del permesso di costruire, ma all'accoglimento di tale tesi osta in primo luogo il disposto normativo sopra citato e, in secondo luogo, dal testo in concreto adottato della deliberazione di VIA, che fa espresso riferimento al rilascio del permesso di costruire e al fatto che il Comune abbia dato parere positivo al progetto nel corso di tale procedimento.
Lo stesso Comune ha approvato, sempre nell'ambito della Conferenza dei Servizi anche il Rapporto sull'Impatto ambientale, per cui non può ritenersi che non abbia voluto rilasciare il permesso di costruire. Anche la Regione e la Provincia si sono espresse con l'approvazione, in particolare da parte della Provincia, degli atti finali della procedura di VIA.
Il fatto che vi fosse la necessità di approvare la variante di P.O.C. ai fini del rilascio del permesso di costruire come rilevato nel verbale della Conferenza dei servizi dal rappresentante del Comune di Parma, non implica l'assenza del permesso di costruire, ma soltanto che l'approvazione della variante di POC costituiva una condizione sospensiva della V.I.A. (e quindi del permesso di costruire implicito nell'approvazione di quest'ultima), per cui una volta approvata la variante di POC  il permesso di costruire si deve ritenere rilasciato.
E’ anomalo ritenere che l'opera in questione è priva del titolo edilizio dopo che il Comune ha partecipato a tutto l'iter approvativo ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica, ed ancora dopo la comunicazione di inizio dei lavori e a seguito della partecipazione alla Commissione Tecnico amministrativa deputata a esaminare il progetto esecutivo e la sua rispondenza a quanto realizzato.
In particolare, sotto quest'ultimo profilo si rileva che il testo della delibera di VIA prevede nella motivazione che vi sia un controllo congiunto, provinciale e comunale, per assicurare che i progetti esecutivi siano coerenti col progetto definitivo a base della V.I.A. i progetti devono essere inviati al Comune e alla Provincia al fine di verificare il rispetto di quanto autorizzato; il Comune ha asseverato la rispondenza dei progetti d'impianto al Piano urbanistico con determina dirigenziale, rilevando che essa è conforme agli strumenti della pianificazione urbanistica comunale.
La ricorrente ha comunicato al Comune di Pr l'inizio dei lavori e il Comune nulla ha obiettato nulla.
Nella vigenza delle disposizioni citate e alla luce dell'iter seguito dalle amministrazioni nell'ambito della Conferenza dei servizi, a cui il Comune ha attivamente partecipato, la conclusione positiva del procedimento con l'approvazione del progetto esecutivo e l'affermazione della sua conformità rispetto al progetto definitivo comporta non solo l'approvazione del progetto, ma anche il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione dell'impianto.
Nella fattispecie si è riconosciuto che il permesso di costruire è stato rilasciato nell'ambito della procedura autorizzativa e di VIA .
È stato dichiarato  illegittimo il provvedimento comunale di sospensione dei lavori di realizzazione di un termovalorizzatore per assenza di permesso di costruire, quando l’intervento sia stato positivamente valutato in sede di v.i.a. ai sensi degli art. 26 e 17 d. lg. n. 42 del 2004, a norma dei quali la v.i.a. positiva sostituisce e comprende anche le autorizzazioni e gli assensi necessari per la realizzazione del progetto. T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 25/01/2012, n. 41.


3           Ambiente. Domanda di V.I.A. e di autorizzazione per lo sviluppo dell'impianto di trattamento rifiuti. Procedimento legittimità.


Nella fattispecie in data è stata acquisita la domanda di V.I.A. e di autorizzazione ai sensi degli artt. 11 e 23 della legge regionale Veneto n. 10/99 presentata dalla società. per lo sviluppo e la razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti nel comune.
Conclusa favorevolmente l'istruttoria preliminare, la società proponente ha provveduto alla pubblicazione dell'annuncio dell'avvenuto deposito del progetto e del S.I.A. con il relativo riassunto non tecnico presso la Provincia, il Comune  e la Regione.
L'Ufficio V.I.A. ha rappresentato alla società che la Commissione regionale V.I.A., esaminato il progetto aveva riscontrato "carenze conoscitive ed applicazioni parziali delle metodologie di analisi", chiedendo, ai fini del prosieguo dell'istruttoria, integrazioni e chiarimenti, puntualmente indicati nella stessa nota.
Si precisa che, ai sensi dell'art. 18 della L.R. 10/99, la presente richiesta di integrazione sospende i termini per l'espressione del parere della Commissione Regionale V.I.A. fino alla data di ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Si precisa inoltre che nel caso non venga ottemperato alla presente richiesta entro 90 gg. dal suo ricevimento la domanda di V.I.A. e autorizzazione si intenderà decaduta".
Successivamente la Commissione V.I.A. ha fissato per la produzione dei chiarimenti ed integrazioni richiesti il termine del….
In tutti detti atti invero risulta espressamente indicato che per il progetto di sviluppo e razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti proposto dalla s.r.l. la procedura di V.I.A. e l'autorizzazione era disciplinata proprio dalla predetta legge regionale artt. 11 e 23.
In altri termini l'amministrazione regionale nel caso di specie ha espressamente esercitato il potere conferitole, non può negarsi che la legittimità del provvedimento impugnato, ed in particolare riguardo della proroga dei termini accordati, non poteva che essere valutata alla stregua della legge stessa, come hanno correttamente rilevato i primi giudici.
Al riguardo deve rilevarsi che il ricordato articolo 18 (rubricato "Parere della commissione VIA"), dopo aver stabilito al primo comma che la commissione esprime il proprio parere sull'impatto ambientale dell'impianto, opera o intervento, entro 135 giorni dalla data della pubblicazione dell'ultimo annuncio (sulla base: a) delle osservazioni di cui al comma 2 dell'articolo 16 e delle controdeduzioni di cui al comma 3 dell'art. 17; b) delle risultanze dell'eventuale inchiesta pubblica; c) dei pareri di cui all'articolo 17), prevede al secondo comma che, entro lo stesso termine di cui al comma 1 (135 giorni) e per una sola volta, possono essere richieste al proponente le integrazioni eventualmente necessarie, precisando che tale richiesta sospende i termini del procedimento che ricominciano a decorrere con la presentazione delle integrazioni richieste; il terzo comma aggiunge poi che, qualora entro novanta giorni dalla richiesta il soggetto proponente non produca le integrazioni richieste, la domanda di V.I.A. si intende decaduta.
E" lo stesso tenore letterale delle richiamate disposizioni ad escludere che il termine di novanta giorni possa essere considerato meramente ordinatorio e che possa quindi residuare in capo all'amministrazione procedente un ulteriore potere di concedere una proroga di detto termine: è sul punto inequivoca la previsione del terzo comma, secondo cui la mancata tempestiva produzione delle integrazioni richieste comporta la decadenza della domanda di V.I.A.
Tale previsione è del tutto coerente con i principi di imparzialità e di buon andamento, cui deve essere improntata l'azione amministrativa, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, sub specie dell'efficacia, efficienza, economicità e speditezza, non potendo riconoscersi, in mancanza di un'apposita previsione normativa, all'amministrazione un potere di differire, sia pur a richiesta dell'interessato, la propria decisione su questioni di particolare rilevanza, quali sono quelle in materia di V.I.A., sia per la molteplicità degli interessi pubblici che vengono in gioco, sia per il rischio che gli studi, le indagini, le analisi e le valutazioni poste a base dei progetti proposti possano risultare successivamente inattuali ed inadeguate a causa di eventuali sopravvenienze di fatto e di diritto, rendendo inutile l'attività istruttoria già svolta e/o compromettendo le stesse determinazioni dell'amministrazione.
Pertanto la Commissione V.I.A., in mancanza di un'apposita previsione normativa, non poteva accordare alla società proponente una proroga per la presentazione delle integrazioni richieste che, come avvenuto, superasse il termine di 90 giorni stabilito a tal fine dalla legge: del resto è agevole rilevare che, proprio per la pluralità e la delicatezza degli interessi pubblici che devono essere tutelati e contemperati proprio attraverso il procedimento V.I.A., il termine previsto dalla legge per la presentazione da parte del proponente dei richiesti chiarimenti e integrazioni non può considerarsi come posto a favore del proponente stesso, il che ne esclude, come puntualmente evidenziato dai primi giudici, la disponibilità da parte dell'amministrazione procedente.
Né può sostenersi che la sanzione della decadenza dalla domanda di V.I.A., di cui al terzo comma dell'articolo 18, sia ricollegabile esclusivamente ad un manifesto disinteresse del proponente in ordine alla richiesta istruttoria dell'amministrazione.
Una simile ricostruzione non solo non è supportata da alcun dato letterale o da qualche elemento sistematico della normativa, risolvendosi in una mera suggestiva prospettazione soggettiva, per quanto, a tutto voler concedere, non è stato fornito alcun elemento probatorio, neppure a livello di semplice indizio, circa l'impossibilità assoluta (oggettiva e non soggettiva) da parte della società di adempiere tempestivamente alle richieste istruttorie dell'amministrazione, né un simile decisivo profilo risulta approfondito e valutato dal contestato provvedimento di proroga (del termine), essendosi l'amministrazione limitata sostanzialmente ad una mera presa d'atto della richiesta della proponente. Consiglio di Stato, sez. V, 10/07/2012, n. 4068.
Commette il reato di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), d.lg. n. 152/2006 l'assessore comunale che autorizzi, mediante l'emanazione verbale di un'ordinanza contingibile e urgente, una società di smaltimento di rifiuti a utilizzare un'area del Comune per lo stoccaggio di rifiuti non compostabili, non trovando applicazione la scriminante dell'adempimento del dovere in quanto l'atto emesso era tanto macroscopicamente illegittimo da essere giuridicamente inesistente e comunque non riconducibile alla categoria delle ordinanze di necessità e urgenza. Cassazione penale, sez. III, 12/10/2011, n. 2683.

4           Ambiente. V.I.A. Illegittimità.


L'art. 30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, dispone che "Nell'ambito dell'intero territorio dei comuni interessati dal Parco del Delta del Po ....: a) gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto ambientale".
La disposizione regionale citata, dettata in considerazione della specificità del territorio preso in considerazione e con un'evidente finalità quindi di protezione ambientale, nell'esercizio anche della competenza legislativa regionale in materia di "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" (art. 117 co. 3, Cost.), senza certo prescrivere in via esclusiva l'alimentazione a gas metano degli impianti di produzione di energia elettrica realizzabili, esprime una sicura opzione legislativa di preferibilità per gli impianti per l'appunto alimentati a gas metano, ammettendo una differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate "fonti alternative di pari o minore impatto ambientale".
Perché quindi -in applicazione della citata disposizione adottata dal legislatore della Regione Veneto- possa essere espressa una valutazione positiva di compatibilità ambientale di un impianto di produzione di energia elettrica diversamente alimentato è necessaria una quanto mai accurata istruttoria volta a comparare sul piano tecnico ed in concreto l'impatto ambientale potenzialmente correlato al funzionamento della centrale proposta con quello sempre potenzialmente derivante dall'esercizio di impianti che, a parità di energia prodotta, siano tuttavia alimentati a gas metano: adeguata valutazione comparativa di cui l'amministrazione preposta alla formulazione del parere di compatibilità ambientale è quindi tenuta a dare compiutamente atto nella parte motiva, responsabilmente prendendo in considerazione -nel condurre sul piano tecnico il raffronto- ciascuno dei fattori che assumono rilievo nel determinare l'impatto ambientale di una centrale elettrica, salvo successivamente a procedere ad una valutazione di tipo complessivo.
La valutazione delle alternative di progetto, già rientrante tra i compiti propri dell'amministrazione in generale deputata ad esprimersi in merito alla compatibilità ambientale, assume quindi connotati di particolare stringenza per effetto della specifica disciplina legislativa regionale richiamata.
Il Consiglio di Stato n. 3107 del 23 maggio 2011, riformando la sentenza di primo grado, ha sancito l'illegittimità del  decreto di VIA n. 873/2009.
Sostanzialmente, secondo il Consiglio di Stato, le Amministrazioni pubbliche competenti nella procedura in esame (in primis, la Commissione statale VIA-VAS, sulla base dei cui lavori è stato adottato il decreto ministeriale) non hanno svolto adeguatamente il proprio compito nel valutare motivatamente le alternative al progetto di riconversione a carbone proposto.
La necessità che il proponente descriva sommariamente «le principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale» e che l'autorità competente informi il pubblico, «tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico», è prevista a livello comunitario per tutti i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale (articoli 5, comma 3 e 9, comma 1 della direttiva 85/337/CE).
Secondo il Consiglio di Stato la valutazione comparativa delle alternative, nel caso delle centrali elettriche da realizzare nei Comuni del Parco, assumerebbe «connotati di particolare stringenza», in forza dell'articolo 30 della legge regionale 36/1997, poiché lo stesso richiede che «gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto ambientale ».
Nel caso di specie, invece, «non può sostenersi che sia stata svolta la dovuta comparazione analitica e motivata tra l'impatto ambientale potenzialmente proprio della centrale a carbone che si intende realizzare e quello correlato alla realizzazione e al funzionamento di centrale a gas metanoa». Il Tribunale ha quindi rilevato come nel corso del procedimento fossero «state anzi espresse perplessità in merito allo stesso studio di impatto ambientale presentato da ENEL proprio per quel attiene al “confronto tra la riconversione a carbone e le altre soluzioni alternative”». Tali perplessità, che emergerebbero sia nel parere n. 244 del 30 giugno 2009 reso dalla Commissione regionale VIA, sia nella nota n. 82234 del 29 giugno 2009 resa da ARPAV, Dipartimento di Rovigo, riguarderebbero proprio la metodologia seguita nel porre a confronto le emissioni potenzialmente correlate alle due tipologie di impianti .
Quanto infine all'articolo 5 bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (introdotto in sede di conversione con la legge 9 aprile 2009, n. 33), ad avviso del Consiglio di Stato esso dev'essere interpretato restrittivamente, nel senso che esso può trovare applicazione nei confronti delle sole leggi statali e regionali che prevedano limiti di localizzazione territoriale, ossia un divieto di localizzazione tale da determinare l'impossibilità dell'insediamento dell'impianto energetico e da non permettere una localizzazione alternativa (Corte Costituzionale, sentenza 22 luglio 2010, n. 278) .
Così interpretato, la deroga dell'articolo 5 bis del D.L. 5/2009 non potrebbe trovare operatività nei confronti dell'articolo 30 della legge regionale Veneto 36/1997, il quale «lungi dal precludere la localizzazione e l'insediamento di impianti di produzione di energia elettrica, si limita ad esprimere — in considerazione delle esigenze di protezione che la specifità del territorio considerato evidentemente pone — una opzione del legislatore regionale di preferibilità per gli impianti alimentati a gas metano, ammettendo una differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate “fonti alternative” di pari o minore impatto ambientale» .
L'art. 30 l. reg. Veneto 8 settembre 1997 n. 36, nella formulazione successiva alla novella di cui alla l. reg. 22 febbraio 1999 n. 7, non prevede più l'obbligo dell'alimentazione a gas metano o con altre fonti alternative non inquinanti, limitandosi a prescrivere che nell'ambito dell'intero territorio dei comuni interessati dal Parco del Delta del Po "gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto ambientale.
La valutazione di "pari o minore impatto ambientale" dell'impianto a carbone proposto rispetto all'impianto alimentato a gas deve essere svolta dall'Amministrazione in modo analitico, tenendo senz'altro anche conto dell'attitudine inquinante che le centrali a confronto presentano sotto i diversi aspetti che vengono in rilievo.

Ebbene, l'apprezzamento comparativo in questione non può non essere condotto in modo ancor più rigoroso allorché nel corso del procedimento amministrativo, ed in particolare nella sua fase finale, emergano, come registratosi nel caso di specie, perplessità espresse da organi tecnici dell'Amministrazione (il che è mancato nel caso di specie).  Consiglio di Stato, sez. VI, 23/05/2011, n. 3107.

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