giovedì 7 novembre 2013

Codice ambiente. Parte II Titolo II VAS.

1           Codice ambiente. Parte II  Titolo II VAS.


2           Ambiente. Piani paesaggistici. V.A.S. Obbligatorietà.


La V.A.S. si realizza in fase di elaborazione del piano mediante la redazione di un rapporto ambientale che deve considerare lo stato dell'ambiente attuale del territorio interessato e le sue alterazioni in presenza e non del provvedimento da valutare, confrontato anche con possibili alternative strategiche, localizzative e tecnologiche.
L'art. 5 del D.Lgs. 152/2006 recante le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione del codice dell'ambiente afferma che "si intende per (...) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione, comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità' europea, nonché le loro modifiche" ( comma 1°, lettera e); il successivo art. 6 dispone: "1. La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale. 2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi: a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, (...), della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli (...)"; il comma 4°, inoltre, elenca espressamente i piani e programmi esclusi dal campo di applicazione delle norme del codice dell'ambiente (e quindi anche della V.A.S.), e tra questi non rientrano i piani paesaggistici: il solo dato letterale sarebbe quindi già sufficiente per ritenere il piano in questione sottoposto a V.A.S. È, in ogni caso determinante la circostanza che la valutazione ambientale strategica, quale strumento di tutela dell'ambiente, va effettuata in tutti i casi in cui i piani abbiano "impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale". Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalle associazioni ambientaliste, "l'impatto significativo" non è quello caratterizzato da connotazioni negative in termini di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello ricavabile dalla definizione di impatto ambientale contenuto alla lettera c) del'art. 5 citato quale " alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, (...)", per cui la valutazione ambientale strategica va eseguita in tutti i casi di interazione (anche positiva) tra l'attività pianificatoria e le componenti ambientali. Del resto, la V.A.S. è solo uno strumento rispetto al fine che è la sostenibilità ambientale delle scelte contenute negli atti di pianificazione ed indirizzo che guidano la trasformazione del territorio. In particolare la valutazione di tipo strategico si propone di verificare che gli obiettivi individuati nei piani siano coerenti con quelli propri dello sviluppo sostenibile, e che le azioni previste nella struttura degli stessi siano idonee al loro raggiungimento. Pertanto, a prescindere dalla qualificazione dell'atto di pianificazione in termini di piano urbanistico -territoriale o di piano paesaggistico, esso va comunque previamente assoggettato a valutazione ambientale strategica. Infine, la tesi difensiva sostenuta dall'amministrazione regionale secondo la quale il piano in questione non determina alcun impatto significativo sull'ambiente e sul patrimonio culturale essendo "preordinato a dettare un quadro conoscitivo e una normativa di riferimento per l'attività di tutela, eminentemente conservativa dei valori paesaggistici", non appare condivisibile alla luce di un provvedimento che è invece imperniato sulla rivisitazione critica del rapporto tra pianificazione paesistica e governo del territorio, sul parziale superamento della concezione solo conservativa del paesaggio e sul riconoscimento del paesaggio come risorsa per lo sviluppo (cfr. relazione generale e relazioni tematiche allegate al piano).Peraltro, ammettere che un piano preordinato alla tutela e allo sviluppo dei valori dell'ambiente del paesaggio (e che quindi necessariamente impone forme di tutela che incidono sull'assetto del territorio) non debba essere preceduto dalla verifica ambientale finirebbe per vanificare la finalità della disciplina sulla V.A.S. e di conseguenza di pregiudicare la corretta applicazione delle norme comunitarie, frustrando così gli scopi perseguiti dalla Comunità Europea con la direttiva 2001/42/CE, come quello di salvaguardia e promozione dello "sviluppo sostenibile", espressamente enunciato all'art. 1 della direttiva.
Per le ragioni che precedono e in applicazione della disposizione dell'art. 11, comma 5° del D.Lgs. 152/2006 (" La V.A.S. costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge"), l'omessa preventiva sottoposizione a V.A.S. del piano paesaggistico rende illegittimo il provvedimento di adozione impugnato con il ricorso in esame.
Sono illegittimi i piani paesaggistici per i quali non è stata svolta una previa valutazione ambientale strategica. Il comma 4 dell'art. 6 d.lg. n. 152 del 2006, infatti, nell'elencare espressamente i piani e i programmi esclusi dal campo di applicazione delle norme del codice dell'ambiente (e quindi anche dalla v.a.s.) non vi fa rientrare anche i piani paesaggistici. Inoltre, "l'impatto significativo" rilevante ai fini della sottoponibilità a v.a.s. di un piano non è quello caratterizzato da connotazioni negative in termini di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello ricavabile dalla definizione di impatto ambientale contenuta alla lett. c) dell'art. 5 d.lg. n. 152 del 2006, per cui la v.a.s. va eseguita in tutti I casi di interazione anche positiva tra l'attività pianificatoria e le componenti ambientali. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 01/09/2011, n. 2152.

3           Ambiente. Piano cave. V.A.S. Obbligatorietà.


L'art. 13 della direttiva 2001/42/Ce - norme transitorie - precisa che l'obbligo di v.a.s. si applica sia ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo al 21 luglio 2004, sia a quelli il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data ma sono stati approvati più di ventiquattro mesi dopo, a meno che gli stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione. Ne consegue che il piano cave della provincia di Bergamo, con "iter" avviato nel 2003 ed approvazione conclusa nel 2008, doveva essere assoggettato a v.a.s., tanto più che né Stato né Regione sono intervenuti per evitare motivatamente la sua applicazione. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 21/10/2011, n. 1447.
Nella fattispecie il Comune lamenta la violazione dei principi dettati dalla direttiva 2001/42/CE in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), poiché questa doveva essere compiuta inderogabilmente e con riguardo all'intero Piano.
Sostiene l'Ente locale che la norma comunitaria è stata recepita nel nostro ordinamento con il D. Lgs. 152/2006 e riguarda tutti i piani e programmi per il settore industriale e della pianificazione territoriale (i quali definiscono il quadro per l'approvazione o l'autorizzazione di progetti), e tra essi sono comprese le cave con superficie superiore a 25 ettari .
La Regione invoca i precedenti di questa Sezione ed in particolare le sentenze della sez. I n. 893/2009 e n. 618/2010. La Regione aggiunge altresì che l'art. 3 paragrafo 3 della direttiva disciplina i Piani aventi ad oggetto una porzione limitata e locale, come quello di cui si discorre, i quali sono sottoposti a VAS soltanto se gli Stati membri ritengono che possano avere effetti significativi sull'ambiente, e l'Italia non si è pronunciata in questo senso con determinazione espressa.
Osserva anzitutto il Collegio che la sentenza di questo Tribunale 4/5/2009 n. 893 è stata annullata dal Consiglio di Stato per lesione del principio del contraddittorio, con rinvio della causa al giudice di primo grado. La seconda pronuncia (n. 618 in data 8/2/2010) è stata appellata.
Non è condivisibile la posizione espressa dal ricorrente.
Il Collegio ritiene di disattendere tale percorso interprettivo in virtù delle considerazioni che seguono.
L'art. 3 paragrafo 2 della direttiva statuisce che "Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi" i quali (lett. a) "... sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE". L'allegato I della predetta direttiva 85/337/CE contempla, al punto 19, "Cave e attività minerarie a cielo aperto, con superficie del sito superiore a 25 ettari, oppure torbiere, con superficie del sito superiore a 150 ettari".
L'ATE di cui si discorre rientrerebbe in astratto nel raggio di operatività della norma, poiché la sua estensione supera i 40 ettari.
Peraltro parte ricorrente osserva che la VAS avrebbe dovuto essere effettuata per l'intero Piano cave, che interessa aree di ampiezza nettamente superiore. Questo rilievo consente di escludere l'applicazione del paragrafo 3 - nella parte in cui prevede la VAS soltanto previa indagine dello Stato membro sulla possibile incidenza dell'intervento sull'ambiente - che si riferisce a piani e programmi "che determinano l'uso di piccole aree a livello locale": la vastità di un Piano cave di un'intera Provincia  conduce ex se ad escludere la sua sussunzione tra le aree di esigue dimensioni, raggiungendo un'estensione complessiva consistente (le superfici totali coinvolte superano i 1.000 ettari) ed interferendo con un territorio di oltre 2.700 Kmq.
Non può essere invocato l'art. 11 comma 3 del D. Lgs. 152/2006 (nel testo in vigore nel 2008) per escludere la procedura di VAS in ragione dello stato di avanzamento della pianificazione. Oltre al chiaro dato letterale dell'art. 13 paragrafo 3 della direttiva (già illustrato al precedente paragrafo 2.3 dell'esposizione in diritto), la stessa disposizione invocata dalla Regione, nel testo per tempo vigente, statuisce che "La fase di valutazione è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua approvazione o all'avvio della relativa procedura legislativa". In coerenza con le disposizioni comunitarie la locuzione "fase preparatoria" deve intendersi correlata al complesso delle attività di impulso ed istruttorie, che hanno caratterizzato il Piano cave fino al segmento procedurale anteriore alla sua approvazione, tanto che è stato oggetto di modifiche ed aggiustamenti (anche sensibili) persino nel passaggio tra VI Commissione e Consiglio regionale.

4           Ambiente Intervento di social housing.V.A.S. Obbligatorietà.


I comuni sono  Autorità competenti  per la v.a.s. dei rispettivi piani e varianti. Tale valutazione di compatibilità ambientale ha finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile. Né può prescindersi da tale v.a.s., visto che, ai sensi dell'art. 11 comma ultimo, d.lg. n. 152 del 2006 (come modificato dal d.lg. n. 4 del 2008), « i provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge ». T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 07/02/2013, n. 772.
Nel caso di specie la società  proponeva un programma di intervento di social housing da realizzarsi su suoli di proprietà siti nel Comune e classificati come aree a destinazione agricola dal vigente P.R.G..
La Regione invitava il Comune e la s.r.l. presso i propri uffici per la prosecuzione di tale procedura negoziata e per la determinazione dei contenuti progettuali definitivi della proposta.
La Regione rappresentava inoltre che avrebbe dovuto stipulare le intese con i Comuni interessati per la definitiva approvazione dei progetti ed il tempestivo avvio dei lavori.
Pertanto, con la precitata nota la Regione invitava la ricorrente a trasmettere il progetto definitivo entro 45 giorni aggiungendo altresì che "Nello stesso termine andranno parimenti risolte eventuali problematiche di carattere urbanistico e/o ambientale".
Tuttavia il Comune esprimeva il proprio diniego sulle proposte di edilizia residenziale presentate dalla società.
In particolare, trattandosi di interventi da realizzare in aree classificate come agricole dal vigente strumento urbanistico, il Comune preferiva risolvere le problematiche residenziali nell'ambito della pianificazione urbanistica generale (avendo in corso la redazione del Piano Urbanistico Comunale - PUC) ritenuta più idonea e più adeguata in relazione all'interesse pubblico al corretto ed armonico utilizzo del territorio.
Con un unico articolato motivo di diritto parte ricorrente lamenta che, con l'impugnata delibera, il Comune avrebbe espresso un diniego illegittimo alla prosecuzione dell'iter procedimentale di attuazione del programma di housing sociale che aveva già registrato l'assenso dello Stato e della Regione Campania.
Secondo tale prospettazione, la motivazione ostativa opposta dall'amministrazione locale non sarebbe condivisibile per due ragioni:
I) in primo luogo, in quanto il carattere straordinario del piano nazionale abitativo consentirebbe il ricorso alle procedure di variante urbanistica semplificata, tenuto anche conto che i programmi integrati di social housing assumono rilevanza strategica nazionale ai sensi dell'art. 11, undicesimo comma, D.L. 112/2008;
II) inoltre, vi sarebbe piena coerenza tra la soluzione localizzativa proposta dalla società ricorrente e le scelte del PUC in corso di redazione, visto che il Comune avrebbe destinato le aree de quibus a funzioni residenziali sociali.
Il ricorso è infondato.Non è sostenibile la prima deduzione svolta dalla ricorrente che, invero, tende a dequotare l'apporto procedimentale dei Comuni nelle procedure di evidenza pubblica che hanno ad oggetto gli interventi di social housing.
Secondo tale impostazione, il Comune dovrebbe semplicemente prendere atto delle determinazioni d'intesa Stato - Regione recependone le scelte quanto alla localizzazione degli insediamenti edilizi, anche qualora la realizzazione di tali programmi di edilizia comporti la necessità di procedere a varianti urbanistiche.
Tuttavia, tale opzione ermeneutica si pone in rapporto di insanabile contrasto con i principi generali in materia di urbanistica e governo del territorio, oltre che con il descritto quadro normativo in tema di social housing.
Con riguardo al primo profilo, la giurisprudenza ( Consiglio di Stato, Sez. IV, 1 dicembre 2011 n. 6349) ha da tempo rilevato che nella redazione dello strumento urbanistico generale il ruolo del Comune è, in linea di principio, preponderante, in quanto ad esso spetta l'iniziativa e la formulazione di una compiuta proposta, mediante l'adozione del progetto di piano, competendo alla distinta autorità provinciale l'approvazione del medesimo (cfr. per il PUC, l'art. 24 L. Reg. 22 dicembre 2004 n. 16).
Tale conclusione è peraltro coerente con l'art. 13 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, laddove si dispone che "Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze".
Si aggiunga che, nel caso in esame, l'apporto procedimentale del Comune si appalesa necessario anche in considerazione delle implicazioni di carattere ambientale conseguenti alla variante urbanistica richiesta dall'intervento di social housing.
Come noto, tale valutazione di compatibilità ambientale ha finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.
Né può prescindersi da tale V.A.S. (che, come si è visto, appartiene al Comune), visto che, ai sensi dell'art. 11, ultimo comma, del D.Lgs. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. 4/2008) "I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge".
Sotto altro aspetto, dall'analisi delle disposizioni di settore emerge che la scelta delle proposte di social housing da ammettere a finanziamento non può prescindere dall'assenso dei Comuni interessati, il cui apporto procedimentale è indispensabile al fine di concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa nei singoli contesti, rapportati alla dimensione fisica e demografica del territorio di riferimento (art. 11, quarto comma, D.L. 112/2008; art. 4, primo comma, D.P.C.M. 16 luglio 2009), specie allorquando tali programmi di intervento richiedano l'adeguamento degli strumenti urbanistici vigenti (art. 8, terzo comma, D.P.C.M. 16 luglio 2009 che, come si è visto, prevede apposita conferenza di servizi qualora sia necessaria la contestuale definizione o variazione di atti di "pianificazione territoriale di competenza di amministrazioni diverse").
Non pare pertinente il richiamo all'art. 81 D.P.R. 616/1977 e all'art. 3 del D.P.R. 383/1994 in base ai quali, secondo la prospettazione di parte ricorrente, l'accordo di programma Stato - Regione del 19 ottobre 2011 avrebbe definitivamente superato la procedura ordinaria urbanistica e subordinato la sottoscrizione della convenzione ad una semplice verifica di coerenza con il progetto preliminare oggetto di finanziamento.
Parte ricorrente trascura di considerare che, ai sensi dell'art. 4 del predetto accordo di programma (versato agli atti di causa dall'amministrazione statale), tale verifica di coerenza riguardava, a ben vedere, i "progetti definitivi" ed il relativo quadro economico generale con le singole proposte di intervento.
Nel caso in esame, la mancata conclusione della conferenza di servizi e la mancata ratifica del Comune impedisce di ritenere perfezionato l'iter procedimentale delineato, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 8 menzionato decreto regionale, la proposta di housing avanzata dalla ricorrente andava esclusa dall'elenco degli interventi ammessi al programma regionale di edilizia residenziale.


5           Ambiente. V.A.S. eventuale. Obbligatorietà.  Tutela.


la V.A.S. è stata introdotta nell'ordinamento comunitario dalla Direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001, recepita in Italia con la Parte II, Titolo II (artt. 11 e seguenti) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, c.d. Codice dell'Ambiente, modificato e integrato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 e dal D.Lgs. 29 giugno 2010 n. 128.
Lo scopo della V.A.S. consiste nella verifica degli impatti derivanti sull'ambiente naturale da strumenti urbanistici generali: in particolare, l'aggettivo "strategica" evidenzia l'aspetto caratterizzante dell'istituto, costituito dalla significativa anticipazione della valutazione delle possibili conseguenze ambientali negative dell'azione amministrativa conseguenti alla progettazione ed adozione di piani e dei programmi.
La V.A.S. si distingue dalla V.I.A. quanto all'oggetto e alla funzione.
Sotto un primo profilo, la Valutazione Ambientale Strategica, a differenza della Valutazione di Impatto Ambientale, non si riferisce ai progetti delle singole opere, bensì agli strumenti di programmazione e di pianificazione nel loro complesso (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2009 n. 7651).
Inoltre, la V.A.S. trova la propria ragione giustificatrice nella inidoneità della V.I.A. a cogliere le implicazioni sul sistema ambientale causate dal sommarsi sul territorio di singoli interventi puntuali pur sottoposti a valutazione ambientale positiva.
Tale valutazione ha quindi la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile. Assicura inoltre che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica.
La V.A.S. costituisce parte integrante dei procedimenti di adozione ed approvazione dei piani e programmi, come espressamente disposto dall'art. 11, quinto comma, del Codice dell'Ambiente.
La, norma che riproduce l'analoga formulazione dettata dall'art. 4, paragrafo 1 della Direttiva 2001/42/CE secondo cui "La valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa".
Tenuto conto che l'iter di formazione degli strumenti urbanistici si articola, di regola, nelle diverse fasi dell'adozione ed approvazione, si ritiene che il giudizio di compatibilità ambientale debba essere compiuto nella fase preparatoria dello strumento di pianificazione e, in ogni caso, prima della relativa approvazione.
T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 19/12/2012, n. 5256 .
A sostegno di tale opzione ermeneutica milita il disposto dell'art. 11, ultimo comma, del Codice dell'Ambiente (come modificato dal D.Lgs. 4/2008) secondo cui "I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge".
Circa l'ambito di applicazione del giudizio di compatibilità paesaggistica si distingue tra V.A.S. obbligatoria e V.A.S. eventuale.
Nella prima categoria rientrano i piani e i programmi (intesi come provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati ex art. 5 lett. 'e' del D.Lgs. 152/2006) previsti dall'art. 6 secondo comma, del D.Lgs. 152/2006 e, segnatamente quelli:
- elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, del turismo, della pianificazione territoriale e della destinazione dei suoli e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del decreto;
- per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici (ZPS ai sensi della Direttiva c.d. "Uccelli" 79/409/CEE) e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica (SIC previsti dalla Direttiva c.d. "Habitat" 92/43/CEE), si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357.
Viceversa, si procede a "V.A.S. eventuale" (art. 6, commi 3 e 3 bis) se sussistono congiuntamente le seguenti condizioni:
a) si tratti di provvedimenti di pianificazione che riguardano l'uso di piccole aree a livello locale ovvero hanno ad oggetto modifiche minori dei piani e dei programmi di cui all'art. 6 secondo comma (soggetti a V.A.S. obbligatoria) o che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti con effetti significativi sull'ambiente;
b) l'Autorità competente valuti all'esito di una specifica verifica preventiva (c.d. "screening") che detti piani e programmi potrebbero avere impatti significativi sull'ambiente secondo le disposizioni contenute nell'art. 12.
Tale ultima disposizione disciplina la valutazione di assoggettabilità che è definita dall'art. 5 lett. m bis) come la "verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano aver effetti significativi sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate".
Nella fattispecie si controverte di V.A.S. eventuale e non obbligatoria, tanto che oggetto del contenzioso è proprio il giudizio espresso dalla Regione Campania (nella qualità di Autorità competente) ai sensi dell'art. 12 D.Lgs. 152/2006 all'esito della procedura di "screening".
In altri termini, pur non ricorrendo i presupposti per l'attivazione della procedura di V.A.S. obbligatoria, l'Autorità competente ha ritenuto nel caso in esame che sussistessero le ragioni per sottoporre ugualmente alla verifica di compatibilità paesaggistica il piano attuativo presentato dalla Edil Strade.
Ritiene tuttavia il Collegio che, fermi restando i profili di discrezionalità tecnica connessi al giudizio di assoggettamento a V.A.S.. l'amministrazione non abbia sufficientemente adempiuto l'onere motivazionale, con particolare riferimento alla specificazione degli impatti significativi dell'ambiente conseguenti al piano presentato dalla società ricorrente.
Orbene, ritiene il Collegio che l'amministrazione non abbia compiutamente esternato le ragioni logico - giuridiche occorrenti per ritenere applicabile la disciplina di cui agli artt. 12 e seguenti del D.Lgs. 152/2006.
Tale conclusione si impone tenuto conto sia della omessa specificazione dell'impatto sull'ambiente derivante dal P.U.A., sia della mancata ponderazione dei criteri appositamente individuati dal legislatore (Allegato I al Codice dell'Ambiente) sia infine della mancata valutazione dei chiarimenti forniti dalla ricorrente circa le concrete caratteristiche del piano.
In dettaglio, la decisione di assoggettare a V.A.S. il piano attuativo si è fondata esclusivamente sulle caratteristiche del medesimo (es. superficie, numero di lotti edificabili, vigenza di un Programma di Fabbricazione nel Comune interessato, incongruenze documentali) ma non è stato svolto alcun riferimento in ordine alla ricorrenza delle condizioni che giustificano l'assoggettamento alla valutazione ambientale ai sensi dell'art. 6 del Codice dell'Ambiente a tenore del quale "La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale" tenuto anche conto "del livello di sensibilità ambientale" delle aree interessate ex art. 5, lett. m-bis) del Codice dell'Ambiente.
Difatti, l'atto non contiene alcuna valutazione circa l'impatto sull'ambiente e sul patrimonio culturale del P.U.A. nonché alle caratteristiche dell'area oggetto di intervento: non vi è infatti alcun riferimento ad eventuali problemi ambientali pertinenti al piano o al programma, alla probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli impatti, al carattere cumulativo degli stessi e ad eventuali rischi per la salute umana o per l'ambiente.
A corroborare tali argomentazioni vi è pure l'ulteriore considerazione che, sui suoli de quibus, non insiste alcun vincolo paesaggistico ed ambientale, così come riferito nella perizia di parte .
Inoltre, benché il Comune di Galluccio sia sottoposto a tutela SIC (sito di importanza comunitaria), l'area oggetto del piano di lottizzazione non ricade all'interno e, in ogni caso, non sono presenti ZPS (zone di protezione speciale - cfr. perizia dell'Ing. Pe., pag. 6).
Al fine di chiarire le nozioni di sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale, occorre precisare che la Direttiva c.d. "Uccelli" 79/409/CEE del 2 aprile 1979, concernente la conservazione di tutte le specie di uccelli selvatici, impone agli Stati membri dell'Unione Europea di adottare le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire una varietà ed una superficie di habitat per tutte le specie di uccelli tutelate (art. 3) anche mediante l'istituzione di aree tutelate denominate zone di protezione speciale (c.d. ZPS). In Italia è stata data attuazione a tale direttiva con la L. 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
La Direttiva c.d. "Habitat" 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli ambienti naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche, finalizzata alla tutela della diversità biologica, degli habitat e di specie animali e vegetali particolarmente rare, prevede che gli Stati dell´Unione Europea contribuiscano alla costituzione della rete ecologica europea individuando aree di particolare pregio ambientale denominate siti di importanza comunitaria (SIC) e zone speciali di conservazione, intese queste ultime come SIC in cui sono applicate misure di conservazione necessarie al mantenimento e al ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle specie animali.


6           Ambiente – Localizzazione  impianto di termovalorizzazione


I provvedimenti preliminari all'individuazione delle aree idonee alla localizzazione di un impianto di termovalorizzazione, pur costituendo il presupposto logico-giuridico degli atti di concreta localizzazione del sito e dì realizzazione dell'impianto, non sono soggetti agli obblighi di partecipazione di cui agli art. 7 e 8 l. n. 241 del 1990, in quanto hanno carattere sostanzialmente programmatorio e, pertanto, troverà applicazione l'art. 13 della medesima legge che lascia ferme le particolari norme che regolano la formazione degli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione.
Non è illegittima la scelta operata dall'amministrazione provinciale di realizzare un nuovo impianto di termovalorizzazione eccedente il fabbisogno regionale indicato nel piano provinciale per la gestione dei rifiuti, in quanto è volta alla predisposizione di un sistema di sicurezza idoneo a garantire la governabilità del ciclo dei rifiuti anche laddove le previsioni in ordine alla percentuale di rifiuti da avviare allo smaltimento ed alla raccolta differenziata risultassero poi smentite. T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 01/12/2007, n. 3607

Sussiste la legittimazione ad impugnarne gli atti in capo alle aziende situate nella c.d. area di influenza (avente un raggio di due chilometri dal sito) in quanto la stessa previsione dì misure di compensazione ambientale conferma il presumibile impatto negativo dell'intervento sulle attività esistenti.

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