mercoledì 6 novembre 2013

Ambiente. Traffico illecito di rifiuti . Cina.

Ambiente. Traffico illecito di rifiuti . Cina.

Il mancato rispetto, in caso di spedizioni transfrontaliere di rifiuti, delle garanzie e delle formalità previste dagli Stati riceventi, quand'anche non membri Ocse (nella specie la Repubblica Popolare cinese), in quanto recepite nei regolamenti comunitari che regolano la materia a norma dell'art. 194 d.lg.. n. 152 del 2006, integra il carattere abusivo dell'esportazione con conseguente configurabilità, nella ricorrenza dei restanti presupposti, del reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti. Cassazione penale, sez. III, 26/06/2012, n. 27413.
Il rinvio operato dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 194 alle regole che discendono "dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all'art. 19 del regolamento (CEE) 1 febbraio 1993, n. 259" deve intendersi esteso ai regolamenti della Comunità o dell'Unione che hanno integrato o modificato tale disciplina, a partire dal regolamento (CE) 2006/1013 del Parlamento e del Consiglio in data 14/6/2006 (GUE 14/7/2006) per arrivare al regolamento (CE) 2007/1418 del 29/11/2007 (GUE 4/12/2007), al regolamento (CE) 2009/967 del 29/11/2007 (GUE 4/12/2007) e, limitatamente alla valenza interpretativa del meccanismo di formazione della legge, al regolamento (UE) 2010/837 del 23/9/2010 (GU dell'Unione Europea del 24/9/2010), successivo alla cessazione delle condotte contestate al ricorrente;
La normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti è integrata da quella adottata dall'istituzione Europea mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva e dagli accordi bilaterali perfezionatisi ai sensi dell'art. 19 del regolamento 1993/259 e ai sensi dei regolamenti successivi;
La struttura dei regolamenti Europei comporta il recepimento delle risposte che gli stati non OCSE hanno fornito al questionario loro inviato e ai periodici aggiornamenti di tali risposte, avendo l'istituzione Europea ritenuto di fare proprie su base pattizia la determinazione e la disciplina che il singolo Stato non membro intende applicare ai rifiuti non pericolosi inclusi nella lista verde provenienti dall'area comunitaria, rifiuti soggetti in via generale a procedure semplificate;
Tale impostazione emerge con chiarezza dal contenuto degli artt. 35, 36 e 37 del regolamento n. 1013/2006, cui deve farsi riferimento anche nella vigenza delle integrazioni successive, nonchè dai principi generali contenuti nel successivo art. 49, disposizione che fa obbligo a tutti i privati coinvolti nelle spedizioni di operare nel rispetto dei principi di trasparenza e tracciabilità e nei rispetto della salubrità delle operazioni, e fa carico all'istituzione Europea e ai singoli Paesi membri di adoperarsi per garantire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni e di assicurarsi del rispetto di detti principi, anche avendo riguardo alle caratteristiche dell'impianto estero di destinazione che curerà il recupero, fino a vietare i trasporti ove le garanzie necessarie non siano assicurate.
5. Deve, dunque, concludersi che sono manifestamente infondati i rilievi del ricorrente con riferimento alla carente indicazione delle fonti normative da cui discenderebbero gli obblighi che le ordinanze assumono violati, essendo chiaro, soprattutto a persone che operano professionalmente nel settore, che: a) la disciplina ricavabile dal contenuto degli allegati ai regolamenti e dalle risposte dei Paesi non membri ai questionai integra la disciplina dei medesimi regolamenti, aventi efficacia immediata nel nostro ordinamento, sulla base del meccanismo disegnato e attuato col regolamento base, (CE) 2006/1013, in relazione a quanto previsto anche dall'art. 19 del regolamento (CE) 1993/259; b) il contenuto delle risposte ai questionari, ivi comprese le indicazioni dei rifiuti la cui importazione è vietata o soggetta a restrizioni e controlli e le indicazioni circa le regole che ogni Paese non membro chiede siano rispettate, è reso pubblico periodicamente dall'istituzione Europea e dunque conoscibile da qualsiasi operatore e rappresenta il riferimento normativo per valutare la regolarità delle operazioni di spedizione dei rifiuti;c) tale disciplina è recepita dall'ordinamento italiano sulla base del rinvio alla disciplina Europea contenuto nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 194, così che le disposizioni vigenti nel nostro Paese sono integrate e specificate dal complesso delle disposizioni sopra richiamate e concorrono a definire in modo coerente gli obblighi cui debbono sottostare gli esportatori e i presupposti delle violazioni penalmente rilevanti;
Così individuate le fonti degli obblighi che si assumono violati, occorre procedere all'esame specifico del loro contenuto per verificare se risulti fondata l'impostazione con cui il ricorrente esclude che le operazioni di spedizione cui egli ha concorso violino la disciplina esistente. A questo proposito la Corte osserva quanto segue:
Le indicazioni provenienti dalla Repubblica popolare cinese includono i rifiuti aventi codice internazione B3010 tra quelli oggetto di attenzione: avendo riguardo al prospetto allegato ai regolamenti, alcuni di essi, e cioè le resine, sono presenti nella colonna a), relativa ai prodotti di cui è vietata l'importazione, altri, e cioè quelli qualificabili come polimeri o come polimerizzati, sono presenti nella colonna d), relativa ai prodotti importabili nel territorio della Repubblica popolare cinese nel rispetto dei previsti adempimenti;
Sempre sulla base delle indicazioni provenienti dalla Repubblica popolare cinese, come rinvenibili nella documentazione pubblicata sul sito della Direzione generale per il commercio della Commissione Europea i cui dati essenziali confluiscono negli allegati ai regolamenti, quanto meno a far data dalla risposta al questionario del 2007 gli adempimenti relativi ai rifiuti non pericolosi consistono nella sottoposizione delle spedizioni ai controlli preventivi CCIC (certificato di ispezione pre-spedizione) e nel rispetto di quanto previsto delle autorizzazioni / licenze SEPA e AQSIQ. Si tratta di previsioni ben note agli operatori del settore e allo stesso ricorrente, come emerge dagli elementi indiziar ricordati nell'ordinanza cautelare, tanto che il ricorso provvede a fornire una specifica (e diversa) lettura delle disposizioni operanti per la Repubblica popolare cinese muovendo nella sostanza dalle medesime fonti;
Tali adempimenti, che rispondono alla disciplina cinese operante nell'anno 2007 e che sono stati confermati nella risposta al questionario operante dall'anno 2008, prevedono che "ogni spedizione di rifiuti deve essere accompagnata dai seguenti documenti", tra i quali sono specificamente indicate la licenza MEP (del Ministero della protezione ambientale della Cina), essendo competente l'Amministrazione per la protezione statale dell'ambiente (SEPA); la licenza AQSIQ (della Amministrazione generale di supervisione della qualità, ispezione e quarantena della Cina), il certificato CCIC (certificato di ispezione pre-spedizione rilasciato dalla specifica autorità operante per conto delle autorità cinese presso alcune sedi Europee);
L'esame della documentazione in parola consente, altresì, di rilevare che le autorità cinesi, ribadita la necessità delle licenze e dei certificati ora citati, considerano che nel modello Europeo che deve accompagnare i prodotti durante la spedizione colui che viene definito "consignee" (casella due) coincide con l "importatore" (casella uno della licenza di importazione SEPA); che l'impianto di ricezione (casella otto del modello Europeo) deve coincidere con l'impianto che opera il riciclaggio (casella tre della licenza SEPA); che il notificatore/esportatore (casella uno del modello Europeo) deve coincidere con il possessore delle licenze e dei certificati richiesti dalla normativa cinese, con ciò rendendo evidente che sia i mittenti sia gli importatori sia gli impianti di riciclo debbono essere in possesso della licenza quale garanzia dell'affidabilità del soggetto operante, affidabilità che risponde a specifiche esigenze quali emergenti dalla complessa modulistica che dette autorità richiedono a coloro che intendono ottenere la licenza AQSIQ; 5. L'esame dei regolamenti e della documentazione presso la citata Direzione generale del Commercio impone, poi, di rilevare che la disciplina comunicata dalle autorità della Repubblica popolare cinese non coincide con quella comunicata dalle autorità di Hong Kong, così che deve ritenersi manifestamente infondata la proposizione del ricorrente allorchè prospetta la coincidenza delle due discipline in forza della appartenenza di Hong Kong alla medesima Repubblica e l'assenza di ragioni men che lecite nella indicazione di una impresa con sede in Hong Kong quale destinataria delle spedizioni. Per quanto concerne Hong Kong, infatti, a differenza di quanto si è visto per la Repubblica popolare cinese la specifica risposta al questionario chiarisce che l'importazione e l'esportazione di rifiuti non pericolosi della "lista verde" - consistenti in carta, plastica solida e gomma destinati al riciclaggio - non sono soggette a controlli sulla base di legislazione in materia ambientale (mentre lo sono quelli destinati allo smaltimento, che devono rispettare la Ordinanza Smaltimento Rifiuti, WDOLD, sorretta dall'applicazione di sanzioni penali).
Inoltre, le autorità di Hong Kong (Dipartimento per la protezione ambientale, EPD) offrono indicazioni ai soggetti interessati a far proseguire i rifiuti nella Repubblica popolare cinese circa la necessità che i rifiuti spediti a Hong Kong con ulteriore prosecuzione "in terraferma" siano rispettosi degli obblighi e delle forme che le autorità di detta Repubblica richiedono nei termini sopra sintetizzati.
La Corte ritiene che i trasporti di rifiuti plastici non pericolosi destinati a impianti di recupero operanti all'interno della Repubblica popolare cinese debbono rispettare le formalità e le garanzie sopra indicate, con conseguente illiceità anche per l'ordinamento italiano delle relative violazioni. Da ciò può concludersi che, considerati gli accertamenti in fatto compiuti dal Giudice delle indagini preliminari e dal tribunale del riesame, le esportazioni cui il sig. A. ha concorso debbono ritenersi operate in modo "abusivo" e riconducibile alla sfera di applicabilità del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 260, in forza del carattere organizzato delle operazioni, della quantità ingente del rifiuti complessivamente movimentati e della finalità di ingiusto profitto (sull'interpretazione dell'art. 260 con riferimento a tali profili si rinvia a Sez. 3, n. 47870 del 19/10/2011, Giommi e altri).

Ad analoga conclusione deve giungersi considerando un diverso profilo di "abusività" delle attività svolte collegato alla presentazione di documenti ideologicamente falsi in sede di dichiarazioni per l'esportazione. La circostanza, negata dal ricorrente, è stata, invece, ritenuta provata sia dal Giudice delle indagini preliminari che ha emesso la misura sia dal Tribunale di Lecce, i quali affermano, con valutazione attinente la ricostruzione fattuale e non censurabile dalla Corte sulla base di censure generiche, che i documenti in parola recavano l'indicazione di un inesistente impianto di recupero con sede in Hong Kong e omettevano di indicare il reale destinatario dei rifiuti  così da non far emergere le carenze della pre-ispezione e della licenza ASQIQ in capo ai responsabili della spedizione e ai soggetti coinvolti nelle operazioni .

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