mercoledì 6 novembre 2013

Ambiente. Obbligo gestore discarica.

1           Ambiente. Obbligo gestore discarica.

La responsabilità del gestore della discarica per l'accettazione e la ricezione di rifiuti in violazione delle prescrizioni autorizzative e dei requisiti d'ammissibilità previsti dal D.M. 3 agosto 2005 (recante "Definizione dei criteri d'ammissibilità dei rifiuti in discarica"), emanato in attuazione D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, va valutata con riferimento alle regole vigenti al momento del conferimento.Cassazione penale, sez. III, 02/05/2013, n. 21146.
 Il D.M. 3 agosto 2005, recante la definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, è stato emanato in attuazione di quanto disposto dal D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 7, comma 5, (attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti) che demanda ad un apposito decreto la definizione dei criteri di ammissibilità in discarica dei rifiuti ed era vigente all'epoca dei fatti, essendo stato abrogato solo con l'entrata in vigore del D.M. 27 settembre 2010, secondo quanto stabilito dall'art. 11 del Decreto medesimo.
Il testo del provvedimento è inequivoco e contempla i criteri e le procedure di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche, prevedendo la caratterizzazione di base del rifiuto da eseguire prima del conferimento in discarica, ovvero dopo l'ultimo trattamento effettuato e la verifica del rifiuto al fine di stabilire il possesso delle caratteristiche della relativa categoria ed il rispetto dei criteri di ammissibilità previsti.
Con specifico riferimento alle discariche di rifiuti inerti, quale è quella gestita dal ricorrente, il D.M., art. 5 individua due diverse tipologie di rifiuti. La prima è costituita dai rifiuti elencati nella tabella 1, che non richiede alcun accertamento analitico, trattandosi di rifiuti considerati già conformi ai criteri specificati nella definizione di rifiuti inerti di cui al D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, art. 2, comma 1, lett. c) ed ai criteri di ammissibilità stabiliti dal decreto ministeriale. Si deve tuttavia trattare di una singola tipologia di rifiuti, proveniente da un unico processo produttivo, anche se sono ammesse, insieme, diverse tipologie di rifiuti elencati nella tabella 1, purchè provenienti dallo stesso processo produttivo, La seconda categoria contempla, invece, i rifiuti inerti che, a seguito della caratterizzazione di base di cui all'art. 2, sottoposti a test di cessione di cui all'allegato 3 al decreto, presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate nella tabella 2 o che non contengono contaminanti organici in concentrazioni superiori a quelle indicate nella tabella 3 del Decreto.
Risulta pertanto evidente, come pure ritenuto dai giudici del merito, che le disposizioni che individuano i criteri di ammissibilità dei rifiuti In discarica hanno, come finalità esclusiva, quella di verificare la conferibllità in discarica del singolo rifiuto previo accertamento delle caratteristiche e della loro rispondenza ai requisiti normativamente fissati, il che non consente di estenderne l'ambito di applicazione In momenti successivi a quello del conferimento.
Del resto, anche il D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 7, comma 5 che prevede l'emanazione del decreto ministeriale, fa espresso ed esclusivo riferimento ai criteri di ammissione in discarica dei rifiuti.
Tali disposizioni, peraltro, non prevedono alcuna sanzione di nullità o inutilizzabilltà in caso di Inosservanza ed hanno pertanto carattere ordinatorio.
Deve inoltre ritenersi possibile che la verifica circa l'ammissione, in una discarica di inerti, di rifiuti che non soddisfano i criteri normativamente individuati possa essere effettuata, dopo il conferimento, non soltanto mediante accertamento analitico, ma anche attraverso l'utilizzazione di ogni elemento di prova valutabile dal giudice.
Nella fattispecie, la Corte territoriale, dopo aver proceduto all'individuazione dell'ambito di operatività del citato decreto ministeriale in maniera che il Collegio ritiene giuridicamente corretta per le ragioni appena esposte, ha puntualmente analizzato l'ulteriore, rilevante, aspetto della rappresentatività dei campioni prelevati, con accertamento in fatto ancora una volta assistito da tenuta logica e coerenza strutturale e fondato sulle risultanze dell'istruzione dibattimentale e sulla verifica delle metodiche utilizzate, ritenute corrette.
Tale verifica costituisce, peraltro, idonea, ancorchè implicita, confutazione delle diverse considerazioni sviluppate dal consulente di parte richiamate nel terzo motivo di ricorso attraverso l'inammissibile prospettazione di una valutazione alternativa degli elementi già esaminati dai giudici del merito.
La giurisprudenza di questa Corte abbia già avuto modo di precisare che sul gestore della discarica grava l'obbligo di verificare la caratterizzazione dei rifiuti effettuata dai produttori o dai detentori che li conferiscono al fine di determinare l'ammissibilità dei rifiuti stessi (Sez. 3 n. 37559, 3 ottobre 2008) e che tale obbligo va assolto con tutti i mezzi idonei, non potendo essere limitato ad una comparazione meramente visiva (Sez. 3 n. 36818, 12 ottobre 2011).

Si tratta, invero, di un obbligo chiaramente individuato anche dal D.M. 3 agosto 2005 ripetutamente richiamato dal ricorrente, laddove impone al gestore della discarica non soltanto un sommario esame documentale e visivo come affermato in ricorso, quanto, piuttosto, un accertamento sicuramente accurato, come emerge dal tenore complessivo delle disposizioni che richiamano espressamente i doveri del gestore con riferimento ad attività di "verifica" ed "ispezione".

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