mercoledì 6 novembre 2013

Ambiente Fertirrigazione. Requisiti.

1           Ambiente Fertirrigazione. Requisiti.

 

La pratica della "fertirrigazione", la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, presuppone l'effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze e la compatibilità di condizioni e modalità di utilizzazione delle stesse con tale pratica. Cassazione penale, sez. III, 22/01/2013, n. 15043.
Risulta accertato, nel caso in esame, che il fatto addebitato all'indagato consiste nell'avere abbandonato, quale titolare di azienda agricola, i liquami prodotti dall'allevamento di suini che, dalla vasca di stoccaggio in c.a., mediante condotte, venivano successivamente abbandonati attraverso condotte sul nudo terreno nell'area circostante, e poi si riversavano tramite ruscellamento nel corso d'acqua sottostante alla vasca.
La modalità di trattamento del liquame non rientra dunque nel concetto di scarico, perchè - come chiaramente dispone il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74 ff) per scarico si intende "qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore, acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'art. 114".
Di conseguenza, nel caso di specie, mancando, come si è visto, un sistema stabile di collegamento senza soluzione di continuità tra ciclo di produzione del refluo e corpo ricettore, non si è in presenza di uno scarico, e quindi non trova applicazione la disciplina dello scarico senza autorizzazione di reflui provenienti da attività d'allevamento del bestiame di cui al citato D.Lgs., art. 133 (che prevede solo una sanzione amministrativa), ma quella sui rifiuti atteso che in tale accezione l'all. D alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152 del 2006, (così come, in precedenza, l'all. A al previgente D.Lgs. n. 22 del 1997) include, con il codice CER 02 01 06, "reo animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito".
Il ricorrente afferma che i reflui vengono utilizzati per fertirrigazione legittimamente praticata, ma non vi è prova di una tale attività.
Come affermato di recente da questa Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 5039 del 17/01/2012 Ud. dep. 09/02/2012 Rv. 251973), presupposto imprescindibile per l'effettuazione della pratica della fertirrigazione è l'effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che l'attività sia di una qualche utilità per l'attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica. In altre parole, deve trattarsi di un'attività la cui finalità sia effettivamente il recupero dette sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli effluenti e non può risolversi nel mero smaltimento delle deiezioni animali.
Da ciò consegue la necessità che, in primo luogo, vi sia l'esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, la quantità e qualità degli effluenti sia adeguata al tipo di coltivazione, i tempi e le modalità di distribuzione siano compatibili ai fabbisogni delle colture e, in secondo luogo, che siano assenti dati fattuali sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta, effettuato a fine ciclo vegetativo, oppure senza tener conto delle capacità di assorbimento del terreno con conseguente ristagno.
Alla luce delle considerazioni dianzi esposte va pertanto riaffermato il principio secondo il quale la pratica della "fertirrigazione", la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, rispetto alla quale è autonoma ed indipendente e non richiede che gli effluenti provengano da attività agricola e siano riutilizzati nella stessa attività agricola, presuppone l'effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che essa sia di una qualche utilità per l'attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica, con la conseguenza che, in difetto, essa resta sottoposta alla disciplina generale sui rifiuti.

In considerazione dei dati fattuali esaminati dal Tribunale e delle disposizioni in precedenza richiamate, l'ordinanza impugnata appare corretta in ordine all'accertamento del fumus del reato contravvenzionale di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata), poiché risulta del tutto mancante la prova dell'applicabilità, nella fattispecie, tanto della deroga prevista per le materie fecali dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 185, quanto di quella prevista dalla disciplina della pratica della fertirrigazione.

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