martedì 5 novembre 2013

Ambiente Bonifica da parte dell’amministrazione.

Ambiente Bonifica da parte dell’amministrazione.

Il suindicato assetto normativo sul dovere di bonifica è stato confermato dal vigente D. Lgs. 3.4.2006 n. 152, che pone l'obbligo di bonifica in capo al responsabile dell'inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D. Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245).
Nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253).
Il complesso di questa disciplina, conforme al diritto comunitario, appare ispirata al cosiddetto principio del "chi inquina paga.
Detto principio del "chi inquina paga" consiste, in definitiva, nell'imputazione dei costi ambientali (c.d.ovvero costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell'impresa) al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (.
Ciò, sia nel quadro di una logica risarcitoria ex "post factum", che nel quadro di una logica preventiva dei fatti dannosi, poiché il principio esprime anche il tentativo di internalizzare detti costi sociali e di incentivare - per effetto del calcolo dei rischi di impresa - la loro generalizzata incorporazione nei prezzi delle merci.
Con specifico riguardo alla contaminazione dei siti, pare rilevante quanto stabilito dalla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, "sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale
 Quando l'autorità competente interviene direttamente o tramite terzi al posto di un operatore, detta autorità dovrebbe far sì che il costo da essa sostenuto sia a carico dell'operatore.
 È inoltre opportuno che gli operatori sostengano in via definitiva il costo della valutazione del danno ambientale ed eventualmente della valutazione della minaccia imminente di tale danno.
Va quindi precisato che l'imputabilità dell'inquinamento può avvenire per condotte attive ma anche per condotte omissive, e che la prova può essere data in via diretta od indiretta, ossia mediante "presunzioni semplici".
Ai sensi dell'art. 2727 c.c. (le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato), prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l'"id quod plerumque accidit", che sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori.
Ai sensi dell'art. 2729 del cod. civ. "le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti."
Né il difetto della prova testimoniale nel processo amministrativo ( arg. ex art. 2729 comma 2 cod. civ. ) esclude la possibilità per la pubblica amministrazione di ricorrere a presunzioni semplici, poiché il canone costituzionale dell'imparzialità della pubblica amministrazione e la previsione del sindacato giurisdizionale sugli atti della medesima (artt. 97 e 113 Cost.) nonché delle preventive garanzie procedimentali (artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990) sono sufficienti per ritenere che vi sia un sistema equilibrato di pesi e contrappesi, nel riconoscimento del potere (sindacabile) della p.a. di ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini dell'adozione di provvedimenti amministrativi sfavorevoli ai privati , anche a mezzo di presunzioni semplici ove ciò sia imposto dalla natura degli accertamenti da espletare.
Il che, nella specie, porta ad escludere che il legislatore abbia voluto introdurre una sorta di obbligazione "propter rem" di diritto pubblico (in quanto funzionale al pubblico interesse e coercibile da parte dell'amministrazione nell'ambito dei suoi poteri di polizia amministrativa) a carico del proprietario o del titolare di un diritto reale sul fondo (ed estesa anche ai titolari di un diritto personale di godimento, nel caso in cui il contenuto di questo conferisca al suo titolare i poteri di disposizione necessari per provvedere alla rimozione), con riferimento all'ipotesi in cui non sia stato accertato il responsabile del deposito abusivo di rifiuti, e, cioè, qualora non possa trovare applicazione la sanzione amministrativa ripristinatoria prevista.
Ed invero, soltanto nel caso in cui l'obbligazione ripristinatoria fosse connessa alla mera titolarità del diritto sul bene (in tal senso "propter rem"), a prescindere dalla sua responsabilità in ordine alla formazione di un deposito abusivo attraverso l'abbandono di rifiuti, si potrebbe pervenire alle conclusioni cui, nella specie, è pervenuto l'ente locale, ma, poiché il legislatore ha positivamente stabilito l'inserimento della colpa fra gli elementi costitutivi della fattispecie in discorso, se ne trae sicura conferma della non condivisibilità dell'esegesi seguita dal Comune intimato.
Né, al riguardo, vi è riferimento in atti o nel provvedimento impugnato ad eventuali acquisizioni istruttorie e/o valutazioni compiute dall'ente locale e dall'ARPA, anche ai fini della ricostruzione del nesso di causalità.
Infatti, nella specie, a fronte di inquinamenti conclamati ed indiscutibili, non risulta alcun accenno ad eventuali circostanze indiziarie, atte a far concludere per la sussistenza di un nesso causale fra la contaminazione rilevata ed una qualche condotta comunque ascrivibile alla ricorrente "A.N.A.S. spa", cui appartiene l'area interessata dall'inquinamento, con la conseguenza che, nella specie, la bonifica del sito potrà essere effettuata soltanto applicando correttamente il già indicato art. 250 del D. L.gvo n. 152 del 2006.
Ne consegue la condivisibilità delle doglianze svolte dalla parte ricorrente, particolarmente sotto il profilo dell'insufficiente istruttoria e del deficit motivazionale.
Risultano violate nella fattispecie le garanzie procedimentali, poiché l'Amministrazione ricorrente è stata resa edotta del procedimento neanche mediante la comunicazione ex art. 304 del D. L.gvo n. 152 del 2006, per cui va accolta anche la censura inerente la violazione delle regole del contraddittorio procedimentale.
In definitiva, il ricorso si appalesa fondato e merita accoglimento e, per l'effetto, va annullato l'impugnato provvedimento. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I 18/09/2012 n. 954.
Nell'ipotesi di mancata individuazione del responsabile del danno ambientale, le opere di recupero dell'ambiente sono eseguite dall'Amministrazione competente ai sensi dell'art. 250 del d.lg. n. 152 del 2006, fatta salva, a fronte delle spese sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo a tutela del credito. Consiglio di Stato, sez. VI, 18/07/2012, n. 2826.

In base all'interpretazione complessiva del disposto degli art. 244, 245, 250 e 253 del d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, si desume che, nell'ipotesi in cui il responsabile dell'inquinamento non esegua gli interventi di bonifica ambientale o lo stesso non sia individuabile da parte dell'Amministrazione pubblica, e sempre che non vi provvedano volontariamente né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati, le opere di bonifica ambientale devono essere eseguite dalla p.a. competente, che ha il diritto di rivalersi sul soggetto proprietario del sito nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi. T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 16/12/2011, n. 1239.

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