mercoledì 23 ottobre 2013

Risarcimento del danno da attività medica. Attore l'onere .

Risarcimento del danno da attività medica. Attore l'onere .
Nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l'attore ha l'onere di allegare e di provare l'esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l'onere di allegare, ma non di provare, la colpa del medico; quest'ultimo, invece, ha l'onere di provare che l'eventuale insuccesso dell'intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a sé non imputabile. Pertanto, è il danneggiato che agisce per l'affermazione della responsabilità del medico che ha l'onere di provare la sussistenza di un valido nesso causale tra fatto del sanitario e danno; solo fornita tale prova in merito al nesso di causalità, è onere del medico, ai sensi dell'art. 1218 c.c., dimostrare la scusabilità della propria condotta.
Il consolidato orientamento della  S. C. afferma che  nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l'attore ha l'onere di allegare e di provare l'esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l'onere di allegare (ma non di provare) la colpa del medico; quest'ultimo, invece, ha l'onere di provare che l'eventuale insuccesso dell'intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a sè non imputabile (Cass. n. 17143/2012).
Pertanto, è il danneggiato che agisce per l'affermazione della responsabilità del medico, che ha l'onere di provare la sussistenza di un valido nesso causale tra fatto del sanitario e danno. Solo fornita tale prova in merito al nesso di causalità, è onere del medico, ai sensi dell'art. 1218 c.c., dimostrare la scusabilità della propria condotta (Cass. n. 12686/2011).
Nel caso di specie, i Giudici territoriali hanno dato atto della mancata dimostrazione del nesso intercorrente tra fatto del personale sanitario e danno patito dal bambino, essendosi ammessa dai consulenti d'ufficio l'esistenza di pregresse cause della patologia in modo da non poter ricollegare la stessa alla condotta dei soggetti professionali che hanno assistito al parto. Cassazione civile, sez. III, 31/07/2013, n. 18341.

Va, altresì, ribadito che i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove effettuato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e le conclusioni, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonchè Cass. n. 26886/08 e 21062/09, in motivazione). Nel caso in esame, infatti, in primo luogo, proprio con riferimento a quanto evidenziato dai consulenti, che hanno prospettato, con riferimento ai fatti di causa, una responsabilità soltanto eventuale dei sanitari, i Giudici territoriali hanno fatto discendere la mancanza del nesso causale tra condotta e danno. La motivazione sul punto, così come sulla decisione di non poter ricollegare esclusivamente l'evento dannoso al fatto dei sanitari non può dirsi omessa, avendo la Corte d'appello fondato tale conclusione sulla possibilità di ascrivere l'evento danno ad altre cause, quindi ostativa alla possibilità di imputarlo al fatto dei sanitari.

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