Il danno ambientale. L.6.6.2013, n.97, art. 25.
L’art. 300, D.L.vo 3
aprile 2006, n. 152, definisce danno ambientale qualsiasi deterioramento
significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o
dell’utilità assicurata da quest’ultima.
Il secondo comma
dell’art. 300, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, contiene un vero e proprio elenco
degli ambiti che possono essere oggetto di deterioramento ambientale che
restringe apparentemente i fatti che possono essere lesivi dell’ambiente.
La norma afferma che
costituisce danno ambientale, in particolare, il deterioramento, in confronto
alle condizioni originarie, provocato:
a)
alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e
comunitaria di cui alla L. 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la
protezione della fauna selvatica, e di cui al D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357,
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette
di cui alla L. 6 dicembre 1991, n. 394;
b) alle acque interne,
mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato
ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque
interessate;
c) alle acque costiere
ed a quelle comprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche
se svolte in acque internazionali;
d)
al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo
di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito
dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati,
organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.
Tale elenco è da
considerarsi esemplificativo e non tassativo. Nicola Centofanti e Paolo Cento
fanti, Formulario del diritto amministrativo, 2013, 492.
E’ evidente, infatti,
che sono lesive dell’ambiente tutte le fattispecie di interventi realizzati
senza la cosiddetta autorizzazione ambientale, mentre il legislatore fa
specifico riferimento a fattispecie definite dalla Direttiva 2004/35/CE.
Esula dal concetto di
danno ambientale l'impugnativa di atti di pianificazione del territorio. T.A.R. Toscana, sez. I, 25 maggio
2005, n. 2576, in Foro amm. TAR, 2005, f. 5,1463.
Non è consentita
un'opposizione di merito alla scelta dell'Amministrazione di intervento in una
zona della città che, comunque, è idoneo ad incidere sulla morfologia
paesaggistico-ambientale della zona nonché sull'assetto urbanistico e
architettonico del centro come negli anni consolidatosi, sostituendo così i
propri apprezzamenti estetici e funzionali a quelli che, secondo la legge,
sono, invece, riservati all'Amministrazione comunale.
Provoca danno ambientale, secondo detta disposizione, un qualunque fatto doloso o colposo, in violazione di disposizioni di leggi o di provvedimenti adottati in base a legge, che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto od in parte.
Provoca danno ambientale, secondo detta disposizione, un qualunque fatto doloso o colposo, in violazione di disposizioni di leggi o di provvedimenti adottati in base a legge, che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto od in parte.
Il nuovo art. 298 bis della L.97/2013, estende il danno
ambientale a tutte le attività antropiche in presenza di comportamenti dolosi o
colposi.
La disciplina si applica
infatti, al danno ambientale causato da una delle attività professionali
elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia
imminente di tale danno derivante dalle suddette attività.
In particolare la normativa si
applica al funzionamento di di impianti soggetti ad autorizzazione, ad
operazioni di gestione dei rifiuti, a tutti gli scarichi di acque interne
superficiali.
La disciplina relativa al
danno ambientale si applica,
inoltre, qualora questo sia causato da un'attività diversa da quelle elencate
nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di
tale danno derivante dalle suddette attività, in caso di comportamento doloso o
colposo. S. Campilongo , Guida Diritto, 2013, dossier, 7, 88.
L’art. 301, D.L.vo 3
aprile 2006, n. 152, introduce il principio di precauzione in applicazione
dell’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE.
Detto principio di
precauzione prevede che in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la
salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di
protezione.
E’ l’operatore
interessato che ha la responsabilità diretta, quando emerga il rischio
suddetto, di informarne senza indugio - indicando tutti gli aspetti pertinenti
alla situazione - il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma
nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo nonché il Prefetto della
provincia che, nelle ventiquattro ore successive, deve informare il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio.
Il Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio in quanto ultima autorità ad essere informata, in
applicazione del principio di precauzione, ha la facoltà di adottare in
qualsiasi momento misure di prevenzione.
L’azione di prevenzione
deve essere eseguita quando il danno ambientale non si è ancora verificato, ma
esiste una minaccia imminente che si verifichi, ex art. 304, D.L.vo 3
aprile 2006, n. 152.
In questo caso il
soggetto abilitato o l’operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a
proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.
Gli interventi non
devono essere sottoposti ad alcuna autorizzazione amministrativa; essi devono
essere preceduti da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla
regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento
lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore
successive informa il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.
Tale comunicazione deve
avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in
particolare le generalità dell’operatore, le caratteristiche del sito
interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione
degli interventi da eseguire.
La comunicazione, non
appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l’operatore alla
realizzazione degli interventi.
La mancata attivazione
dell’operatore comporta la irrogazione di una sanzione amministrativa non
inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo.
La sanzione presuppone
l’accertamento della situazione di pericolo e la documentata inerzia
dell’operatore di fronte all’emergenza.
Il codice dell’ambiente
ignora ogni intervento cautelare delle amministrazioni locali prevedendo invece
un intervento cautelare del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio che ha facoltà di chiedere all’operatore di fornire informazioni su
qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale, di ordinare all’operatore di
adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie e di
adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.
Il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio ha facoltà di adottare egli stesso
le misure necessarie per la prevenzione del danno in caso di inottemperanza,
addebitando le relative spese.
Anche in tale
fattispecie c’è da chiedersi se possa intendersi abrogato il potere attribuito
dal comma 3, art. 54, D.L.vo 267 del 2000, di adottare ordinanze contingibili
ed urgenti conferito al sindaco.
La risposta non può che
essere negativa poiché detto potere è conferito per fare fronte ad una
situazione di imminente pericolo per l'igiene e l'incolumità pubblica alla
quale non possa farsi fronte con i normali rimedi apprestati dall'ordinamento
giuridico e cioè nel caso in cui, in mancanza di altra norma che autorizzi a
provvedere altrimenti, ci si trovi di fronte ad evenienze di carattere
eccezionale ed imprevedibile che determinano, per la sicurezza o l'igiene
pubblica, una situazione di pericolo che occorre eliminare immediatamente.
T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 19 ottobre 2005, n. 19451, in Foro amm. TAR,
2005, 10, 3267.
L’art. 303 del D.L.v0 152/2006 disciplina le cosiddette
esclusioni affermando che la parte sesta del presente decreto non riguarda il
danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati fra l’altro da
atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile,
insurrezione; fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e
incontrollabili; da rischi nucleari relativi all'ambiente né alla minaccia
imminente di tale danno causati da attività disciplinate dal Trattato
istitutivo della Comunità europea dell'energia atomica; ,da attività svolte in
condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la
sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali.
L'articolo 25, comma 1,
lettera e), della Legge 6 agosto 2013, n. 97, ha abrogato la precedente
esclusione relativa alle situazioni di inquinamento per le quali siano
effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata
o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia.
Le situazioni di
inquinamento devono essere riparate.
L’art. 305, D.L.vo 3
aprile 2006, n. 152, definisce le modalità di esecuzione dell’azione di
ripristino ambientale.
L’operatore, nel caso
del verificarsi di un danno ambientale, deve comunicare senza indugio tutti gli
aspetti pertinenti della situazione alle autorità.
L’operatore ha inoltre
l’obbligo di adottare immediatamente tutte le iniziative praticabili per
controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto
immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare
ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o
ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni
formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione
necessarie da adottare. L’operatore ha inoltre l’obbligo di adottare le
necessarie misure di ripristino.
Il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio può controllare le misure adottate
dall’operatore; Il ministro può ordinare all’operatore di adottare tutte le
iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in
altro modo qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori
pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori
deterioramenti ai servizi.
Nell’ambito di detto
potere è compresa la possibilità di ordinare all’operatore di prendere le
misure di ripristino necessarie con il relativo potere sostitutivo in caso di
inottemperanza con diritto a rivalsa.
Se la precedente
situazione non è ripristinata e non sono eliminati completamente i danni
all’ambiente il D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, consente al Ministero
dell’ambiente una particolare azione di rimessione in pristino.
L’art. 311, D.L.vo 3
aprile 2006, n. 152, prevede che il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio agisca, anche esercitando l’azione civile in sede penale, per il
risarcimento del danno ambientale in forma specifica.
L'articolo 25, comma 1, lettera f), della Legge 6 agosto
2013, n. 97, ha affermato che le misure di riparazione non possono essere
sostituite d risarcimenti pecuniari.
Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli
operatori gli stessi sono obbligati all'adozione delle misure di riparazione,
da effettuare entro il termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2, del
presente decreto.
Ai medesimi obblighi è tenuto chiunque altro cagioni un danno
ambientale con dolo o colpa. Solo quando l'adozione delle misure di riparazione
anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo
incompleto o difforme dai termini e modalità prescritti, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività
necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei
confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme
corrispondenti.
La L. 349 del 1986
ribadisce che per la determinazione del danno deve essere preso in considerazione
il costo del ripristino delle risorse naturali, il profitto indebito conseguito
dall’autore del danno e del grado della colpa dell’agente.
La giurisprudenza
ammette che, in mancanza di misurazioni qualitative e quantitative
dell'inquinamento, il danno ambientale sia liquidato dal giudice penale sulla
scorta dei criteri equitativi dettati dall'art. 18, L. 349 del 1986, e che il
suo ammontare, fermo restando il costo di ripristino delle risorse naturali,
vari in funzione del grado della colpa e del profitto indebito conseguito dal
trasgressore. Trib. Venezia, 27 novembre 2002, in Riv. giur. Amb., 2003,
163.
La dottrina invoca una
organizzazione amministrativa capace di raccordare l'attività del Ministero
dell'ambiente (di per sé privo di qualsiasi struttura periferica in grado di
raccogliere, ordinare e valutare tutti gli elementi e le conoscenze
indispensabili all'utile esercizio dell'azione con riferimento alla singola
condotta lesiva dell'ambiente) con i compiti della locale Avvocatura distrettuale
dello Stato, organo tecnico esclusivo titolare della rappresentanza
dell'Amministrazione statale nel processo e responsabile delle scelte difensive
di volta in volta da compiere.
L’art. 311, comma 3,
D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, dà una definizione più compiuta dei criteri per
determinare il risarcimento.
Detta disposizione
normativa precisa, infatti, che alla quantificazione del risarcimento per
equivalente patrimoniale il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio provvede in applicazione dei criteri enunciati negli Allegati 3 e 4
al D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152.
Il risarcimento di
danni provocati da impianti i cui progetti sono sottoposti a VIA, all. 3, deve
essere quantificato tenendo in evidenza gli elementi di verifica richiesti per
l'assoggettamento a VIA di quei progetti con particolare riferimento alle
caratteristiche dei progetti, alla loro localizzazione e alle caratteristiche
del loro impatto potenziale.
Per la giurisprudenza
il responsabile del disastro ambientale deve risarcire il danno morale ai
residenti nell'area in quanto soggetti a rischio.
Deve essere ristorata
la lesione costituita dalla paura di ammalarsi come conseguenza del reato ex
art. 449 c.p.
Nella specie, la Corte
ha confermato il risarcimento per i cittadini di un paese che, in seguito alla
fuoriuscita di diossina da una fabbrica, erano stati ripetutamente sottoposti a
controlli sanitari e a un regime di vigilanza; a detta della Corte, il danno
non patrimoniale da risarcire andava ravvisato nel patema d'animo indotto in
ognuno dei cittadini dalla preoccupazione per il proprio stato di salute, dopo
la consumazione del reato di disastro ambientale. Cass.
civ., sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059.
Gli attori, residenti
nelle zone confinanti a quelle oggetto di danno ambientale devono sottoporsi,
in quanto soggetti a rischio, a ripetuti controlli sanitari, sia
nell'immediatezza dell'evento sia successivamente, per parecchi anni.
Il fatto nel patema d'animo indotto in ognuno dalla preoccupazione per il proprio stato di salute ha indotto il giudice civile a configurare il danno non patrimoniale in capo agli attori.
Il fatto nel patema d'animo indotto in ognuno dalla preoccupazione per il proprio stato di salute ha indotto il giudice civile a configurare il danno non patrimoniale in capo agli attori.
Il fatto deve essere
provato con idonea documentazione.
Il danno non
patrimoniale consistente nel patema d'animo e nella sofferenza interna ben può
essere provato per presunzioni. Il danno è stato quantificato in euro 5.000
liquidato in via equitativa in favore di ciascuno degli attori sulla base di
una valutazione prudenziale, se non addirittura minima del danno morale.
L’articolo 313, D.L.vo
152/2006, è, infine, stato modificato dall’art. 25, comma 1, lettera i), della
Legge 6 agosto 2013, n. 97.
La norma dispone che qualora all'esito dell'istruttoria sia
stato accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile
non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte
quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304e seguenti, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, con ordinanza
immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto
accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a
titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.
Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno
ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto
o all'adozione delle misure di riparazione nei termini e modalità prescritti,
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i
costi delle attività necessarie a conseguire la completa attuazione delle
misure anzidette e, al fine di procedere alla realizzazione delle stesse, con
ordinanza ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla
notifica, delle somme corrispondenti.
Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica,
l'ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché,
in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del
danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio
sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere
economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le
attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori
dalle norme applicabili.
L'ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta
giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio
dell'istruttoria.
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