Diritto
Amministrativo. Risarcimento. Omessa tutela.
L'omessa
introduzione o coltivazione da parte dell'istante degli strumenti giuridici
apprestati dall'ordinamento per evitare od attenuare i prospettati danni
conseguenti all'attività della pubblica amministrazione è un dato valutabile,
nel complessivo comportamento delle parti, ai fini della risarcibilità dei
danni medesimi. Nicola Centofanti e Paolo Centofanti, Formulario del diritto
amministrativo, 2013, 170.
L'art.
30 comma 3 c.p.a., pur non evocando in modo esplicito il disposto dell'art.
1227 comma 2 c.c., porta a considerare che l'omessa attivazione degli strumenti
di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle
parti, elemento di cui tenere conto alla stregua del canone di buona fede e del
principio di solidarietà ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno
evitabile con l'ordinaria diligenza; e, dunque, è sancita la regola secondo cui
la tenuta da parte del danneggiato di una condotta, attiva od omissiva,
contraria al principio di buona fede ed al parametro di diligenza, che consenta
la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone
della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa, recide, in tutto
o in parte, il nesso causale che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., deve legare la
condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili.
Nella
fattispecie la tutela cautelare chiesta dalla società ricorrente in tutti i
ricorsi non è stata coltivata, avendo la ricorrente medesima espressamente
rinunciato nella Camera di Consiglio.
L'A.P.
n. 3 del 23/3/2011, ha avuto modo di affermare che l'omessa introduzione o
coltivazione da parte dell'istante degli strumenti giuridici apprestati
dall'ordinamento per evitare od attenuare i prospettati danni conseguenti
all'attività della P.A. è un dato valutabile, nel complessivo comportamento
delle parti, ai fini della risarcibilità dei danni medesimi. (Cons. di Stato -
Sez. V - 31/10/2012 n. 5556).
È
stato osservato che l'art. 30 comma 3 del c.p.a. dispone che "il giudice
valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti
e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare
usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di
tutela previsti", e che tale norma, pur non evocando in modo esplicito il
disposto dell'art. 1227 comma 2 c.c., porta a considerare che l'omessa
attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del
comportamento complessivo delle parti, elemento di cui tenere conto alla
stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà ai fini
dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria
diligenza; e, dunque, è sancita la regola secondo cui la tenuta da parte del
danneggiato di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di
buona fede ed al parametro di diligenza, che consenta la produzione di danni
che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile
imperniato sulla probabilità relativa, recide, in tutto o in parte, il nesso
causale che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., deve legare la condotta
antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili ( Cass. Civ., sez. III, 12.3.
2010, n. 6045).
Ne
deriva, pertanto, la rilevanza, sul versante causale, dell'omessa attivazione
di tutti i rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno come fatto che
preclude la risarcibilità di pregiudizi che sarebbero stati presumibilmente
evitati e della necessità di valutare anche l'omissione di ogni comportamento
esigibile in quanto non eccedente la soglia del sacrificio significativo
sopportabile dal danneggiato da una condotta illecita alla stregua del canone
di buona fede di cui all'art. 1175 c.c.
Nel
caso in esame, in definitiva, l'omessa coltivazione dell'introdotta tutela
cautelare è senza dubbio comportamento di parte che conduce ex se alla
recisione della risarcibilità del danno, osservandosi pure che, nella
fattispecie, la domanda cautelare, specialmente se ribadita con precipuo
riferimento alla reiterata e ripetitiva attività del Comune (e non rinunciata),
avrebbe potuto dare stura a pronuncia correttiva del Tribunale di natura
cautelare ovvero di merito con sentenza breve a norma dell'art. 60 del c.p.a.;
e rileva, a quest'ultimo riguardo, per sola giunta, che in fattispecie del
tutto omologa a quella in esame questo Tribunale si è pronunciato con la
sentenza breve n. 1345/2011, intendendosi con ciò indicare la condotta non
proprio coerente al parametro di diligenza ed ai principi di cooperazione e
buona fede tenuta da parte ricorrente. T.A.R. Campania Salerno, sez. II,
28/03/2013, n. 735.
La
disciplina dell'art. 30 comma 3 c.p.a. che collega la tutela risarcitoria a
quella impugnatoria, è ricognitiva di un principio generale già presente
nell'ordinamento anche prima dell'entrata in vigore del c.p.a., trovandosi
esplicitato nell'art. 1227 comma 2 c.c.; conseguentemente, risulta applicabile
anche alle domande risarcitorie proposte prima dell'entrata in vigore del
codice del processo amministrativo, costituendo espressione - sul piano
teleologico - di un principio di non contraddizione, desumibile dalla normativa
riguardante la rilevanza della decorrenza dei termini previsti dalla legge per
attivare i previsti rimedi di tutela. T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II,
14/03/2013, n. 225.
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