venerdì 25 ottobre 2013

Diritto Amministrativo. Risarcimento. Omessa tutela.

Diritto Amministrativo. Risarcimento. Omessa tutela.


L'omessa introduzione o coltivazione da parte dell'istante degli strumenti giuridici apprestati dall'ordinamento per evitare od attenuare i prospettati danni conseguenti all'attività della pubblica amministrazione è un dato valutabile, nel complessivo comportamento delle parti, ai fini della risarcibilità dei danni medesimi. Nicola Centofanti e Paolo Centofanti, Formulario del diritto amministrativo, 2013, 170.
L'art. 30 comma 3 c.p.a., pur non evocando in modo esplicito il disposto dell'art. 1227 comma 2 c.c., porta a considerare che l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, elemento di cui tenere conto alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza; e, dunque, è sancita la regola secondo cui la tenuta da parte del danneggiato di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro di diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa, recide, in tutto o in parte, il nesso causale che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili.
Nella fattispecie la tutela cautelare chiesta dalla società ricorrente in tutti i ricorsi non è stata coltivata, avendo la ricorrente medesima espressamente rinunciato nella Camera di Consiglio.
L'A.P. n. 3 del 23/3/2011, ha avuto modo di affermare che l'omessa introduzione o coltivazione da parte dell'istante degli strumenti giuridici apprestati dall'ordinamento per evitare od attenuare i prospettati danni conseguenti all'attività della P.A. è un dato valutabile, nel complessivo comportamento delle parti, ai fini della risarcibilità dei danni medesimi. (Cons. di Stato - Sez. V - 31/10/2012 n. 5556).
È stato osservato che l'art. 30 comma 3 del c.p.a. dispone che "il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti", e che tale norma, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell'art. 1227 comma 2 c.c., porta a considerare che l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, elemento di cui tenere conto alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza; e, dunque, è sancita la regola secondo cui la tenuta da parte del danneggiato di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro di diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa, recide, in tutto o in parte, il nesso causale che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili ( Cass. Civ., sez. III, 12.3. 2010, n. 6045).
Ne deriva, pertanto, la rilevanza, sul versante causale, dell'omessa attivazione di tutti i rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno come fatto che preclude la risarcibilità di pregiudizi che sarebbero stati presumibilmente evitati e della necessità di valutare anche l'omissione di ogni comportamento esigibile in quanto non eccedente la soglia del sacrificio significativo sopportabile dal danneggiato da una condotta illecita alla stregua del canone di buona fede di cui all'art. 1175 c.c.
Nel caso in esame, in definitiva, l'omessa coltivazione dell'introdotta tutela cautelare è senza dubbio comportamento di parte che conduce ex se alla recisione della risarcibilità del danno, osservandosi pure che, nella fattispecie, la domanda cautelare, specialmente se ribadita con precipuo riferimento alla reiterata e ripetitiva attività del Comune (e non rinunciata), avrebbe potuto dare stura a pronuncia correttiva del Tribunale di natura cautelare ovvero di merito con sentenza breve a norma dell'art. 60 del c.p.a.; e rileva, a quest'ultimo riguardo, per sola giunta, che in fattispecie del tutto omologa a quella in esame questo Tribunale si è pronunciato con la sentenza breve n. 1345/2011, intendendosi con ciò indicare la condotta non proprio coerente al parametro di diligenza ed ai principi di cooperazione e buona fede tenuta da parte ricorrente. T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 28/03/2013, n. 735.

La disciplina dell'art. 30 comma 3 c.p.a. che collega la tutela risarcitoria a quella impugnatoria, è ricognitiva di un principio generale già presente nell'ordinamento anche prima dell'entrata in vigore del c.p.a., trovandosi esplicitato nell'art. 1227 comma 2 c.c.; conseguentemente, risulta applicabile anche alle domande risarcitorie proposte prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, costituendo espressione - sul piano teleologico - di un principio di non contraddizione, desumibile dalla normativa riguardante la rilevanza della decorrenza dei termini previsti dalla legge per attivare i previsti rimedi di tutela. T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 14/03/2013, n. 225.

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