Ambiente. V.I.A. Illegittimità.
L'art.
30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, dispone che "Nell'ambito
dell'intero territorio dei comuni interessati dal Parco del Delta del Po ....:
a) gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere alimentati a
gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto
ambientale".
La
disposizione regionale citata, dettata in considerazione della specificità del
territorio preso in considerazione e con un'evidente finalità quindi di
protezione ambientale, nell'esercizio anche della competenza legislativa
regionale in materia di "produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia" (art. 117 co. 3, Cost.), senza certo prescrivere in via
esclusiva l'alimentazione a gas metano degli impianti di produzione di energia
elettrica realizzabili, esprime una sicura opzione legislativa di preferibilità
per gli impianti per l'appunto alimentati a gas metano, ammettendo una
differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate "fonti
alternative di pari o minore impatto ambientale".
Perché
quindi -in applicazione della citata disposizione adottata dal legislatore
della Regione Veneto- possa essere espressa una valutazione positiva di
compatibilità ambientale di un impianto di produzione di energia elettrica
diversamente alimentato è necessaria una quanto mai accurata istruttoria volta
a comparare sul piano tecnico ed in concreto l'impatto ambientale
potenzialmente correlato al funzionamento della centrale proposta con quello
sempre potenzialmente derivante dall'esercizio di impianti che, a parità di
energia prodotta, siano tuttavia alimentati a gas metano: adeguata valutazione
comparativa di cui l'amministrazione preposta alla formulazione del parere di
compatibilità ambientale è quindi tenuta a dare compiutamente atto nella parte
motiva, responsabilmente prendendo in considerazione -nel condurre sul piano
tecnico il raffronto- ciascuno dei fattori che assumono rilievo nel determinare
l'impatto ambientale di una centrale elettrica, salvo successivamente a
procedere ad una valutazione di tipo complessivo.
La
valutazione delle alternative di progetto, già rientrante tra i compiti propri
dell'amministrazione in generale deputata ad esprimersi in merito alla
compatibilità ambientale, assume quindi connotati di particolare stringenza per
effetto della specifica disciplina legislativa regionale richiamata.
Il
Consiglio di Stato n. 3107 del 23 maggio 2011, riformando la sentenza di primo
grado, ha sancito l'illegittimità del
decreto di VIA n. 873/2009.
Sostanzialmente,
secondo il Consiglio di Stato, le Amministrazioni pubbliche competenti nella
procedura in esame (in primis, la Commissione statale VIA-VAS, sulla base dei
cui lavori è stato adottato il decreto ministeriale) non hanno svolto
adeguatamente il proprio compito nel valutare motivatamente le alternative al
progetto di riconversione a carbone proposto.
La
necessità che il proponente descriva sommariamente «le principali alternative
prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della
scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale» e che l'autorità competente
informi il pubblico, «tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del
pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la
decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione
del pubblico», è prevista a livello comunitario per tutti i progetti sottoposti
a valutazione di impatto ambientale (articoli 5, comma 3 e 9, comma 1 della
direttiva 85/337/CE).
Secondo
il Consiglio di Stato la valutazione comparativa delle alternative, nel caso
delle centrali elettriche da realizzare nei Comuni del Parco, assumerebbe
«connotati di particolare stringenza», in forza dell'articolo 30 della legge
regionale 36/1997, poiché lo stesso richiede che «gli impianti di produzione di
energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti
alternative di pari o minore impatto ambientale ».
Nel
caso di specie, invece, «non può sostenersi che sia stata svolta la dovuta
comparazione analitica e motivata tra l'impatto ambientale potenzialmente
proprio della centrale a carbone che si intende realizzare e quello correlato
alla realizzazione e al funzionamento di centrale a gas metanoa». Il Tribunale
ha quindi rilevato come nel corso del procedimento fossero «state anzi espresse
perplessità in merito allo stesso studio di impatto ambientale presentato da
ENEL proprio per quel attiene al “confronto tra la riconversione a carbone e le
altre soluzioni alternative”». Tali perplessità, che emergerebbero sia nel
parere n. 244 del 30 giugno 2009 reso dalla Commissione regionale VIA, sia
nella nota n. 82234 del 29 giugno 2009 resa da ARPAV, Dipartimento di Rovigo,
riguarderebbero proprio la metodologia seguita nel porre a confronto le
emissioni potenzialmente correlate alle due tipologie di impianti .
Quanto
infine all'articolo 5 bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (introdotto
in sede di conversione con la legge 9 aprile 2009, n. 33), ad avviso del
Consiglio di Stato esso dev'essere interpretato restrittivamente, nel senso che
esso può trovare applicazione nei confronti delle sole leggi statali e
regionali che prevedano limiti di localizzazione territoriale, ossia un divieto
di localizzazione tale da determinare l'impossibilità dell'insediamento
dell'impianto energetico e da non permettere una localizzazione alternativa
(Corte Costituzionale, sentenza 22 luglio 2010, n. 278) .
Così
interpretato, la deroga dell'articolo 5 bis del D.L. 5/2009 non potrebbe
trovare operatività nei confronti dell'articolo 30 della legge regionale Veneto
36/1997, il quale «lungi dal precludere la localizzazione e l'insediamento di
impianti di produzione di energia elettrica, si limita ad esprimere — in
considerazione delle esigenze di protezione che la specifità del territorio
considerato evidentemente pone — una opzione del legislatore regionale di
preferibilità per gli impianti alimentati a gas metano, ammettendo una
differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate “fonti
alternative” di pari o minore impatto ambientale» .
L'art.
30 l. reg. Veneto 8 settembre 1997 n. 36, nella formulazione successiva alla
novella di cui alla l. reg. 22 febbraio 1999 n. 7, non prevede più l'obbligo
dell'alimentazione a gas metano o con altre fonti alternative non inquinanti,
limitandosi a prescrivere che nell'ambito dell'intero territorio dei comuni
interessati dal Parco del Delta del Po "gli impianti di produzione di
energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti
alternative di pari o minore impatto ambientale.
La
valutazione di "pari o minore impatto ambientale" dell'impianto a
carbone proposto rispetto all'impianto alimentato a gas deve essere svolta
dall'Amministrazione in modo analitico, tenendo senz'altro anche conto
dell'attitudine inquinante che le centrali a confronto presentano sotto i
diversi aspetti che vengono in rilievo.
Ebbene,
l'apprezzamento comparativo in questione non può non essere condotto in modo
ancor più rigoroso allorché nel corso del procedimento amministrativo, ed in
particolare nella sua fase finale, emergano, come registratosi nel caso di
specie, perplessità espresse da organi tecnici dell'Amministrazione (il che è
mancato nel caso di specie). Consiglio
di Stato, sez. VI, 23/05/2011, n. 3107.
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