mercoledì 30 ottobre 2013

Ambiente . Rifiuti materiali di demolizione.

Ambiente . Rifiuti  materiali di demolizione.

I materiali inerti di composizione eterogenea (nella specie, un miscuglio di cotto, cemento e calcestruzzo), sottoposti a procedimento di macinatura e non destinati ad attività di recupero, non sono assoggettati alla disciplina delle materie prime secondarie, ma costituiscono veri e propri rifiuti. Cassazione penale, sez. III, 16/05/2012, n. 25206.
Ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 184, comma 3, lett. b), - sono rifiuti speciali "i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione .
Il fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale rientra nella definizione dei materiale proveniente da demolizioni e ricostruzioni, incluso nel novero dei rifiuti speciali non pericolosi" (vedi Cass., Sez. 3, 12.1.2011, n. 16705, Manetta).
n relazione ai residui delle attività di demolizioni edili e del loro reimpiego, la giurisprudenza  ha ritenuto possibile il loro riutilizzo, nello stesso od in diverso ciclo produttivo, solo quale attività di recupero (così Cass., Sez. 3: 9.7.2004, n. 30127, Piacentino;
Con le sentenze 9.10.2006, n. 33882, Barbati; 12 la giurisprudenza  ha rilevato che il materiale proveniente da demolizioni non può qualificarsi "materia prima secondaria", ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 181, commi 6 e 13;
Con la sentenza 7.4.2008, n. 14323, Coppa, la giurisprudenza  ha affermato il principio secondo il quale i materiali di risulta da demolizione di edifici e scavi di cantiere possono essere qualificati "sottoprodotti", ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. n), soltanto a condizione che:
- il loro utilizzo sia certo e avvenga direttamente ad opera dell'azienda che li produce;
- gli stessi materiali non vengano sottoposti a trasformazioni preliminari;
- l'utilizzazione non comporti condizioni peggiorative per l'ambiente o la salute;
Con la sentenza 29.4.2011, n. 16727, Spinello, la giurisprudenza  ha ribadito che i materiali provenienti da demolizioni rientrano nel novero dei rifiuti in quanto oggettivamente destinati all'abbandono; il recupero è condizionato a precisi adempimenti, in mancanza dei quali detti materiali vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi. L'eventuale assoggettamento di detti materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina ordinaria implica la dimostrazione, da parte di chi io invoca, della sussistenza di tutti presupposti previsti dalla legge.
Nella vicenda in esame i residui oggetto di contestazione non possono essere considerati "materia prima secondaria" secondo la disciplina progressivamente vigente a decorrere dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006.
Nel caso che ci occupa la previsione normativa in oggetto non è applicabile, poichè gli eterogenei materiali rinvenuti (laterizi, pezzi di mattonelle e di asfalto), dei quali era in corso un'attività di macinatura non costituivano il risultato di una operazione di recupero giunta al suo completamento, come richiesto dal comma 12, originario art. 181.
Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ha modificato l'art. 181 (il cui testo è stato sostituito, da ultimo, dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 7) e nell'art. 181-bis aveva fissato requisiti e condizioni che dovevano sussistere perchè un materiale potesse essere considerato non un rifiuto ma una materia prima secondaria.
Alla stregua di quella normativa:
- doveva trattarsi di materie e sostanze prodotte da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;
- dovevano essere individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si potessero produrre;
- dovevano essere individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producevano, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse;
- dovevano essere precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e te altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto;
- le materie e sostanze dovevano avere un effettivo valore economico di scambio sul mercato.
La sussistenza delle condizioni indicate doveva essere contestuale e, in mancanza anche di una sola di esse, il residuo rimaneva soggetto alle disposizioni sui rifiuti (vedi Cass., Sez. 3, 19.12.2008, n. 47085).
L'art. 181-bis è stato poi abrogato dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 39, comma 3, che ha rinnovato ed innovato la disposizione dell'art. 184-quater, restando superata la definizione di materia prima secondaria a fronte di una chiara fissazione delle condizioni che, ove sussistenti, fanno cessare, per un materiale sottoposto ad attività di recupero, la qualità di rifiuto.
Presupposti essenziali sono da individuarsi, in ogni caso:
- nella sottoposizione del rifiuto ad un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo;
- nella sussistenza di un mercato e di una domanda del materiale recuperato (con conseguente attribuzione di un valore economico) e nella riammissione dello stesso in un ciclo produttivo tipico;
- nella rispondenza del materiale recuperato a requisiti tecnici e standard specifici;
- nella insussistenza di impatti negativi sull'ambiente e sulla salute umana.
Anche In relazione al regime dianzi delineato non risulta dimostrata la intervenuta effettuazione - nella vicenda che ci occupa - di alcuna attività di recupero (condotta nel rispetto di quanto previsto dai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 162 e 17 novembre 2005, n. 269) da parte di un soggetto autorizzato a compiere le relative operazioni. Cassazione penale, sez. III, 16/05/2012, n. 25206.


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