La tesi giuridica
fondamentale della ricorrente è quella per cui non può ritenersi responsabile
dell'inquinamento sul fondo di sua proprietà, sicché nessun obbligo di bonifica
o di adozione di altri interventi di ripristino ambientale può esserle
legittimamente addossato.
L'obbligo di bonifica
dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile
dell'inquinamento stesso, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore
del terreno inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della
bonifica, con esclusione quindi di ogni ipotesi di responsabilità oggettiva o
propter rem. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 09/04/2013, n. 883.
L’assetto normativo sul
dovere di bonifica è stato confermato dal vigente D.Lgs. 152/2006 (che ha
abrogato il D.Lgs. 22/1997): l'obbligo di bonifica è posto pertanto in capo al
responsabile dell'inquinamento.
Le Autorità
amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (cfr. gli artt. 242 e
244 D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento
o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare
interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza (cfr.
l'art. 245, comma 1° dello stesso decreto legislativo); nel caso di mancata
individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere
di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (cfr. l'art.
250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un
privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica
e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo
stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del
terreno, secondo il modello civilistico dell'obbligazione propter rem o
"ambulatoria" (cfr. l'art. 253).
La figura del
"responsabile dell'inquinamento" assume quindi carattere centrale nel
sistema e rappresenta, anche per la dottrina, l'attuazione del principio
comunitario "chi inquina paga". sentenza Corte di Giustizia, Grande
Sezione, del 24 giugno 2008.
La sentenza della Corte
CE, 7.9.2004 aveva puntualmente affermato che <<dalle disposizioni citate
nei tre punti precedenti risulta che la Direttiva 75/442 distingue la materiale
realizzazione delle operazioni di recupero o smaltimento - che essa pone a
carico di ogni "detentore di rifiuti", indipendentemente da chi sia
il produttore o il possessore degli stessi - dall'assunzione dell'onere
finanziario relativo alle suddette operazioni, che la medesima direttiva
accolla, in conformità del principio "chi inquina paga", ai soggetti
che sono all'origine dei rifiuti, a prescindere se costoro siano detentori o
precedenti detentori dei rifiuti oppure fabbricanti del prodotto che ha
generato i rifiuti>> (punto 58).
Anche la giurisprudenza
amministrativa successiva all'entrata in vigore del D.Lgs. 152/2006 ha
confermato il pregresso indirizzo interpretativo.
TAR Sardegna, sez. I,
16.12.2011, n. 1239, ha affermato che non sussiste in capo al proprietario di
un'area inquinata non responsabile dell'inquinamento l'obbligo di porre in
essere interventi di messa in sicurezza d'emergenza, ma solo la facoltà di
eseguirli per mantenere l'area interessata libera dall'onere reale che incombe
sull'area "de qua" ai sensi dell'art. 253 d.lg. n. 152 del
2006>>;
TAR Lombardia, Milano,
sez. IV, 15.3.2013, n. 703: <<sono "illegittimi gli ordini di
smaltimento di rifiuti abbandonati in un fondo che siano indiscriminatamente
rivolti al proprietario o detentore del fondo stesso in ragione della sua sola
qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione (...) dell'imputabilità
soggettiva della condotta" >>;
TAR Puglia, Lecce, Sez.
I, ord. 1.12.2010 n. 935, che ha dichiarato l'illegittimità di un'ordinanza con
la quale è stata ingiunta al proprietario di una cava la bonifica del sito per
l'inquinamento della falda sottostante, nel caso in cui non sia possibile
desumere una situazione di sicura imputabilità dell'inquinamento al
proprietario della cava.
Nessun commento:
Posta un commento